Salvatore Esposito scrittore di romanzi: «Io, un po' investigatore e un po' sciamano»

Salvatore Esposito scrittore di romanzi: «Io, un po' investigatore e un po' sciamano»
di Generoso Picone
Giovedì 17 Giugno 2021, 13:00
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«Quando certi personaggi non hai la possibilità di farli vivere allora te li devi inventare», dice Salvatore Esposito: lo straordinario interprete del Genny Savastano di «Gomorra», la maschera del duro camorrista e spietato che lo ha reso celeberrimo in tutto il mondo, il trentacinquenne attore di Mugnano di Napoli tende quasi a minimizzare il lavoro che ha svolto nel tratteggiare il suo Christian Costa. Cioè la figura dell'investigatore esperto in delitti internazionali, il profiler consultato da Interpol, Fbi, Scotland Yard e polizia italiana, il misterioso ricercatore delle verità nascoste con capacità pressoché extranaturali, al centro del suo esordio nella scrittura narrativa: Lo Sciamano (Sperling & Kupfer, pagine 362, euro 17,90).

«Era uno di quei lunghi viaggi in aereo durante i quali non puoi fare altro che fantasticare nel buio della cabina», racconta: «Allora è apparso nella mia testa Christian, con il suo impermeabile e i suoi tic.

Stavo andando a Chicago dove nel 2019 avrei lavorato nella quarta serie Fargo, tratta dal film dei fratelli Cohen: dopo il set, con la temperatura a meno 30 gradi, chiuso in casa a pensare e ripensare, mi sono messo a scrivere. Prima lo avevo fatto per sceneggiature o testi teatrali. Così è nato il romanzo». Lo sciamano racconta una storia di orribili delitti rituali e di intrighi internazionali, di streghe che paiono rispuntare dal passato più lontano e di investigatori navigati e vissuti che inseguono la verità. Una vicenda oscura e complessa che si articola dalla Lapponia svedese a Casoria, da Napoli a Ostia, dai salotti raffinati della città borghese alle stanze dimenticate degli orfanotrofi di periferia, da Roma a Benevento per disegnare un territorio al confine con il fantastico o, quantomeno, con il non comprensibile.

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Esposito, «Lo Sciamano» decisamente non è il risultato estemporaneo di chi si trova con tanto tempo libero a disposizione e una suggestione che rumina in testa. È costruito su immagini già cinematografiche e riferimenti colti, opera di un autore che con consapevolezza mostra di maneggiare i suoi materiali.
«Beh, certamente dietro c'è tanto studio su una materia che da sempre mi appassiona: le credenze popolari, i racconti che vengono dal mio territorio, i riti e le tradizioni antiche che raccontano tutto ciò che non è razionalmente spiegabile. Provo fascino per il mondo del sovrannaturale e dell'esoterico, sapere che il Sannio è la terra delle streghe mi ha spinto ad addentrarmi nello spazio e nel tempo per collocarvi la trama di un thriller e il profilo di un personaggio che spero poter continuare ad accompagnare nelle sue avventure».

Christian Costa, il profiler denominato per chiara fama investigativa «lo Sciamano», è abitato da una doppiezza che è una delle chiavi interpretative della storia: il doppio significato, per esempio, della parola «Sophia» intesa come saggezza ma anche nel senso dell'eone di Satana.
«È vero. Il titolo originario del romanzo sarebbe dovuto essere Il limbo: intendevo indicare con questo termine la linea sottile che divide il bene dal male, il vero dal falso, il reale dal fantastico. Ognuno di noi, in fondo, abita un limbo e già in Gomorra ciò emergeva con forza. Si tratta di una linea che attraversa la storia e pure il personaggio di Christian: ha gli occhi di colori diversi, sembra possedere in sé le energie dello ying e dello yang, del bene e del male che coesistono tumultuosamente».

In copertina c'è un uomo la cui immagine è rispecchiata nell'acqua con i contorni della figura di un bambino. È Christian?
«Sì, è lui. Fa i conti con la sua infanzia, con la sua origine, con la sua identità. Il suo sguardo è animato da questa tensione rabbiosa. Io ho avuto modo di conoscerla direttamente: mio padre venne adottato da piccolo e non posso dimenticare l'inquietudine delle domande senza risposte che in silenzio hanno attraversato la sua esistenza, Perché mi hanno abbandonato? Chi sono io?. Sono gli interrogativi che ho trasferito a Christian».

Allo scavo verticale nelle profondità della sua vita corrisponde una ricerca orizzontale in mezza Europa alla scoperta degli assassini.
«E che cosa si vede se si congiunge una linea orizzontale a un'altra verticale?»

Una T, una croce a Tau.
«Ecco».

La doppiezza è anche nel mondo circostante. Lei fa riferimento al peso che organizzazioni come la massoneria hanno nella società.
«Volevo raccontare come esistono poteri che agiscono nell'ombra, alle nostre spalle, tanto da determinare il corso che la vita pubblica e la politica assumono. Questo non semplicemente in Italia, ma purtroppo nel mondo».

Che cosa è, una lezione che le viene da «Gomorra»? Lei ha appena annunciato la fine della serie.
«Dopo 8 anni e 5 edizioni, è stato duro lasciare. Un'esperienza eccezionale che mi fa fatto crescere e apprezzare nel mondo. Non finirò mai di essere grato a chi mi ha permesso essere il Genny Savastano di Gomorra. Ma viene il tempo di svestire alcuni panni per indossarne altri».

Quali?
«Sto ultimando le riprese di L'ultima cena di Davide Minnella, con Greta Scarano. Interpreto ancora un camorrista ma con l'animo buono. Vede? Non si è mai ciò che appare». 

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