“La laurea in legge era la suprema ambizione della sua vita, il suo sogno” scrive Leonardo Sciascia in Una storia semplice. Il rapporto tra il grande scrittore siciliano e la legge è cruciale, nella sua attività di romanziere: praticamente ogni opera è illuminata da riflessioni sulla giustizia, sui limiti dell’ordinamento giuridico e sulla relazione tra uomo e diritto.
Perciò è naturale che oggi siano degli uomini di legge a tornare sulle intuizioni dell’intellettuale di Racalmuto: giovedì 17 novembre, alle 10 nel dipartimento di Lettere e Beni culturali dell’università “Luigi Vanvitelli”, a Santa Maria Capua Vetere, viene presentato “Diritto Verità Giustizia. Omaggio a Leonardo Sciascia” (Cacucci editore), curato dai magistrati Luigi Cavallaro e Roberto Giovanni Conti. Il volume si avvale di contributi d’autore di giudici e ordinari di diritto: Natalino Irti con “Il giorno della civetta e il destino della legge”, “Tra diritto pubblico e diritto penale: approssimazioni a Il Consiglio d’Egitto” di Massimo Donini, “Il tenace concetto per tenere alta la dignità dell’uomo. Su Morte dell’inquisitore” di Davide Galliani, “Luoghi, ragione giuridica, sentimento e impegno didattico: la società siciliana di A ciascuno il suo” di Mario Serio, “Giustizia e individuo da Kafka a Il contesto” di Giovanni Mammone, “Diritto e letteratura in Todo modo” di Nicolò Lipari, “Il sopravvento della superstizione sulla verità e sulla giustizia: La strega e il capitano” di Gabriella Luccioli, “Il diritto tra legge e giudizio: Porte aperte” di Ernesto Lupo e “La giustizia come letteratura” di Paolo Squillacioti.
Il libro si conclude con uno scritto dello stesso Sciascia, concesso dalla famiglia: “La dolorosa necessità del giudicare” apparso sulla rivista “Il giudice” nel 1986. Scrive l’autore de Il giorno della civetta: “Per quanto possa apparire paradossale, la scelta della professione di giudicare dovrebbe avere radice nella repugnanza a giudicare”.
Ed è proprio qui, scrivono, “che hanno incontrato la figura di Leonardo Sciascia e il suo inquieto confrontarsi con gli schemi di percezione propri del romanzo giallo: anch’esso nato all’insegna della fiducia nelle capacità di discernimento e rivelazione della ragione e nell’opera sciasciana ridotto invece ad espediente formale per raccontare di una società in cui la verità e la giustizia paiono diventate impossibili”.