Sos per le parole in disuso

Sos per le parole in disuso
di Raffaele Aragona
Martedì 15 Ottobre 2019, 08:29
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L'ultima edizione del dizionario Zanichelli, lo Zingarelli 2020, rivela tra l'altro un interessante particolare mostrando quanto sia ampia l'influenza che le lingue locali hanno nella formazione di quella italiana. Altrettanto interessante è scoprire che al napoletano, nel confronto con i milanesismi, i lombardismi in genere e i sicilianismi, spetta un numero sempre maggiore d'ingressi. Se ne ritrovano tanti inseriti (quasi un centinaio) negli ultimi decenni: ammuina, annurca, arrapare, cazziata, femminiello, fetecchia, fenesta, friariello, impapocchiare, inciucio, inghippo, inguacchio, mappatella, maruzza, mazziare, muschillo, pacchero, pummarola, sartù, scapece, scetavaiasse, schiovere, sgarrupato, sperlunga, tammurriata, tiella, vaiassa, tanto per citarne qualcuno.

 

Son trascorsi ormai più di dieci anni da quando, durante alcuni giorni di vacanza, a Lorenzo Enriques, magna pars della casa editrice, venne in mente di ricercare parole del dizionario che rischiavano di scomparire perché poco usate; e in quella prima disamina (c'era anche chi scrive) si trascorsero ore divertenti elencando centinaia di quei vocaboli che non meritavano l'oblìo. Poi la cosa passò in redazione: l'idea prese corpo e l'elenco si andò arricchendo, e così ancora avvenne di anno in anno superando, nella recente edizione, la soglia di tremila.
Viene in mente uno dei tanti personaggi cui Georges Perec dà vita nel suo romanzo La vita istruzioni per l'uso: Cinoc esercita uno strano mestiere, fa l'«ammazzaparole»: lavora all'aggiornamento dei dizionari Larousse. Altri redattori sono sempre impegnati nella scelta di neologismi e significati nuovi mentre Cinoc, per far loro posto, deve eliminare parole e significati caduti in disuso, passati di moda. Andando in pensione, però, egli pensa bene di dedicarsi a un'attività diversa, quasi opposta: comincia ad annotare le parole rare e, a poco a poco, prende corpo il suo progetto di compilare un dizionario di parole quasi dimenticate, ma che continuano a «parlargli».
Sono tante le parole che scompaiono, lentamente, scalzate dai termini del nuovo linguaggio, per lo più arido e senza molto fascino; nei dizionari esse sono precedute da un simboletto di croce che denuncia il loro uso antiquato. Una decimazione che esige, però, di essere controllata e non sono rare le iniziative che si «ribellano» al pericolo di veder scomparire alcuni lemmi, anche perché certi vocaboli non hanno mai termine: non muoiono mai, poiché c'è sempre una situazione, una zona, una fascia sociale nella quale continuano ad aver vita. Sono parole il cui uso diviene sempre meno frequente perché soppiantate da altre più comuni, di significato pressoché eguale e certamente meno espressive (in realtà, poi, gli autentici sinonimi non esistono!). Sono vocaboli come «fragranza», «garrulo», «sapido», «fulgore» e la differenza certamente c'è con i corrispondenti «profumo», «chiacchierone», «saporito», «luminosità». La novità, nello Zingarelli, è manifestata facendo precedere i lemmi scelti da un altro simboletto, non triste come la croce, ma decisamente allegro: un fiorellino (peccato che non sia proprio un nontiscordadimé).
Sono parole da salvare dal lento oblìo derivabile dalla sempre minore familiarità con lo scritto, con la lettura: con il rischio che ne deriva di perdere il contatto con un lessico che per dignità semantica e spessore intellettuale supera il parlato quotidiano proveniente dalla strada o dai grandi mezzi di comunicazione audiovisiva. Sono parole da salvare poiché fanno parte di un lessico tutt'altro che morto o confinato soltanto nei classici che si leggono (o si leggevano) a scuola: basta aprire un giornale per imbattersi in vocaboli ed espressioni che nessun cinquantenne diplomato definirebbe «difficili», ma che un diciottenne scolarizzato di oggi potrebbe non capire. Il «salvataggio» non è motivato da pura nostalgia per un passato nel quale erano di casa vocaboli belli, ma rappresenta una sorta di silenziosa difesa contro il rischio di perderne il contatto. Se le nuove parole che vanno diffondendosi individuano caratteristiche interessanti del nostro tempo, è pur vero che le parole «da salvare» aiutano a non dimenticare un bagaglio di lemmi dotati di capacità evocativa di gran peso e che sarebbe spiacevole dimenticare: costituiscono una sorta di baluardo a difesa di quanto il parlato e lo scritto di oggi minacciano sempre di più. Anche per questo, oltre che per comprensibili ragioni commerciali, la Zanichelli sta girando l'Italia con un megadizionario intorno a cui interrogare le persone sulle «parole da salvare» sulle tremila a rischio di estinzione.
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