Art Gate, la mostra di Paolo La Motta all'aeroporto di Napoli Capodichino

«Il luogo più napoletano che c'è ma da cui il mare, elemento iconico della città, non si vede»

Paolo La Motta all'aeroporto di Napoli
Paolo La Motta all'aeroporto di Napoli
di Giovanni Chianelli
Martedì 16 Maggio 2023, 10:00
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A Capodichino, mentre si aspetta l'imbarco, i passeggeri avranno la sensazione di stare su una marina. Seconda puntata di Art Gate, la rassegna di piccole esposizioni che il museo di Capodimonte organizza all'aereoporto internazionale di Napoli: dopo le tele di Salvatore Emblema, stavolta turisti e viaggiatori possono affacciarsi, da oggi al 19 novembre, sulle opere di Paolo La Motta che ha chiamato «Il mare bagna Napoli» i 12 dipinti destinati al gate C20. Citare il capolavoro di Anna Maria Ortese è un modo per introdurre alcuni dei quadri che hanno come soggetto le imbarcazioni e i giovani in costume, ma è anche una dichiarazione poetica dell'artista nato 52 anni fa alla Sanità, «il luogo più napoletano che c'è ma da cui il mare, elemento iconico della città, non si vede. E ho pensato di ricrearlo nei miei lavori». Eppure il suo è un mare poco partenopeo: «Lo specchio d'acqua è grigio, le figure che abitano le barchette sono giovani intenti a raggiungere un personale traguardo, quanto mai indistinto». E così il paesaggio più classico nella lettura di La Motta è al servizio di un programma anti oleografico: «Riguardare il mare è rivisitare Napoli, invitare a uno sguardo altro su questa terra».

Uno dei quadri ora esposto a Capodichino è già famoso: «Si intitola Palazzo Sanfelice ed è comparso nel film di Ozpetek Napoli velata; ho un grande legame col cinema che cerco di trasmettere nell'estetica dei quadri. Uno dei miei più cari amici è il regista Pietro Marcell». Le altre opere in mostra rispondono a ispirazione varie: «Ombra e cane», «Anfratto» e «Primo sole», che richiamano Potthast, Vettriano e Hopper, fanno dire a Sylvain Bellenger, direttore di Capodimonte, che «una delle particolarità più evidenti di La Motta è il suo essere fuori da ogni sistema dell'arte contemporanea», mentre Isabella Valente, storica dell'arte alla Federico II, sottolinea: «Le diverse partiture di ciascuna delle composizioni non sono nate per stare insieme, ma trovano nella loro combinazione la propria unità». 

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