La Fiera dei balocchi all'Archivio di Stato di Napoli: in mostra i giocattoli antichi

La più antica è la bambolina William & Mary che ha quasi trecento anni: è del 1740

La Fiera dei balocchi al l'Archivio di Stato di Napoli
La Fiera dei balocchi al​l'Archivio di Stato di Napoli
di Giovanni Chianelli
Giovedì 8 Dicembre 2022, 10:00 - Ultimo agg. 15:22
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«Quale è la differenza tra questi e i vostri giochi?», chiede una docente ai suoi studenti delle elementari. «Sono in legno», dicono alcuni bambini. «E sono dipinti a mano», aggiunge un'altra. Sono loro i primi visitatori della «Fiera dei balocchi», una mostra del giocattolo antico che l'Archivio di Stato (via del Grande Archivio) ospita fino al 30 gennaio tra la sala Filangieri, la sala Casanova e i chiostri limitrofi. Burattini, bambole, caleidoscopi e sonagli, soldatini e trottole, italiani e stranieri, soprattutto francesi, datati in prevalenza dalla fine del 700 agli anni 40 del ventesimo secolo.

1500 pezzi circa che provengono dalla collezione di Vincenzo Capuano (che in tutto ne ha oltre 5.000), insegnante per professione e «giocattologo» per passione.

A 60 anni ha messo insieme una delle più importanti raccolte d'Italia. «Colleziono giocattoli da quando ero bambino» racconta lui, e mostra il pezzo «numero uno» del suo tesoro, che è tra i pochi a essere stato realizzato negli anni 60 ed è per questo già in plastica, il pupazzo di un poliziotto. «Nella storia dei giocattoli c'è la storia di una civiltà. Raccontano l'evoluzione dei costumi, dei materiali, le dinamiche sociali e i passaggi di epoche. In qualche caso furono usate dalla propaganda» spiega, mentre indica una teca con bambolotti vestiti da balilla, una automobilina con un mini-Furher che fa il saluto romano, un pupazzo in fez e persino un Pinocchio, per buona pace di Collodi, vestito da miliziano fascista. Ma, nascosto, c'è un segnale che Capuano definisce «resistente»: «Se si gira il burattino c'è la scritta Povero Pinocchio, i giochi potevano essere vettori di dissenso». 

 

Divisi per aree tematiche e non per cronologia, troviamo giochi in legno, latta, bambole, burattini, automi, riproduzioni di personaggi famosi, giochi da tavolo. Qualche pezzo in mostra ha avuto fortuna, come le grandi marionette usate da Benigni in «La vita è bella», altri hanno origine nobiliare, tra cui un baule della famiglia D'avalos, altri oggi sarebbero politicamente scorretti: un'imbarcazione che trasporta schiavi neri, dell'800, e una bambola con la sigaretta in bocca, del secolo scorso. 

I primati: la più antica è la bambolina William & Mary che ha quasi trecento anni, è del 1740, la più osé una Bild Lilli in elastolin, antenata della bambola sexy per adulti, il più strano un necessaire per il piccolo culturista made in Belgio. A vincere, per valore economico, è una damina brevettata da Marie Leontine Rohmer a metà 800, in Francia. Non mancano i giocattoli veraci: gli «strummoli», antiche cartelle della tombola decorate a mano, una marionetta di Pulcinella ottocentesca e una di Totò.

«Probabilmente si tratta del campo dell'evoluzione antropologica in cui si è più passati dallo spazio fisico a quello virtuale, perciò è importante studiare la parabola dei giochi nella nostra civiltà», dice Michele Rak, saggista, intervenendo al convegno introduttivo della mostra con la direttrice dell'Archivio, Candida Carrino. E conclude: «I giocattoli dicono molto sull'immaginario che le società costruiscono per i bambini, anche se poi quando sono nelle loro mani vengono usati secondo altri desideri». 

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