Napoli non è più capitale, di lì a poco sarà sventrata per far posto a edifici e strade in grado di permettere condizioni di vita più civili. Com'era la città allora, alla fine dell'Ottocento, lo descrissero con le parole Matilde Serao e con le immagini un padre e un figlio, Pasquale e Achille Esposito, che avevano lo studio a Chiaia e tra il 1880 e il 1910 sono stati i fotografi napoletani più noti, non solo in città. Sul loro lavoro il museo di San Martino ha inaugurato il 17 dicembre la mostra «Napoli fin de siècle. Fotografia artistica Pasquale e Achille Esposito», a cura di Giovanni Fanelli e Fabio Speranza e che resterà aperta fino a fine marzo. I due curatori hanno anche firmato il volume illustrato Napoli fin de siècle (Pagliai, pagine 226, euro 38) che raccoglie gran parte della produzione degli Esposito, che conta 1200 stampe, 700 in formato grande e 500 in formato piccolo, per la stragrande maggioranza con ambientazione napoletana, utilizzate come immagini per cartoline o per i giornali illustrati.
Nelle loro fotografie compaiono donne mentre ballano la tarantella, mangiatori di spaghetti con le mani, spidocchiatrici, lazzari che si misurano nell'antico duello della zompata, giocatori di morra, scugnizzi mentre dormono, fumano, giocano a carte con gli adulti con tanto di bottiglia di vino e sigaretta in bocca.
«Sono immagini che precorrono i fotoreportage di documentazione sociale e il neorealismo italiano di Rossellini e De Sica» scrivono i curatori. Il lavoro degli Esposito è quello «dei più abili e versatili interpreti della stagione della diffusione dell'istantanea nella storia della fotografia. Non a caso ciò avviene a Napoli, città la cui cultura ha espresso da sempre una radicata vocazione all'istantaneità. Quella degli Esposito non è anodina registrazione bensì momento di partecipazione poetica, pathos capace di momenti di grazia», il che è reso possibile grazie alle migliori prestazioni delle nuove fotocamere e a prodotti in grado di assicurare più sensibilità alla luce nello sviluppo delle immagini e migliori prestazioni nel bloccare il movimento, con tempi di scatto rapidi anche sotto la frazione di secondo.
Benché i due fotografi a volte abbiano ceduto alle richieste del mercato sempre alla ricerca del pittoresco napoletano, come nel caso della cartolina «Napoli dolce far niente» che ebbe un grande successo in Germania, pubblicata nel 1900 da Stengel & Co di Dresda e Berlino, «emerge evidente nelle loro fotografie un afflato sentimentale, una maggiore vicinanza ai soggetti ritratti e un'immediatezza nella resa dei temi rispetto all'approccio più distaccato di altri fotografi professionisti, soprattutto dei non napoletani».