Terrae Motus, gran ritorno
della mostra alla Reggia

Terrae Motus, gran ritorno della mostra alla Reggia
di Alessandra Pacelli
Sabato 21 Novembre 2020, 09:41 - Ultimo agg. 23 Novembre, 13:57
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Una data drammatica, quella del sisma del 23 novembre 1980, e una catarsi attraverso l'arte, concretizzata nella collezione «Terrae Motus». Le due cose sono legate inscindibilmente perché la catastrofe fu occasione di un'operazione culturale straordinaria, messa in atto dal gallerista napoletano Lucio Amelio che chiamò a raccolta i più grandi artisti dell'epoca a dare il loro contributo in forza creativa. Nacque così una delle più straordinarie raccolte di arte contemporanea che ora, nel quarantennale del terremoto in Irpinia, viene finalmente e nuovamente valorizzata in un riallestimento alla Reggia di Caserta, cui è legata per volere del suo ideatore.

«Terrae Motus è il sogno visionario di un grande uomo che ispirava, sosteneva e dava vita all'arte - afferma Tiziana Maffei, direttrice generale della Reggia di Caserta -. C'è una stretta analogia tra lui e Carlo di Borbone, il re che riuscì a guardare lontano per la nascita della capitale di un regno. La collocazione delle opere di questa preziosa collezione negli Appartamenti Reali, lungo il percorso museale del Palazzo, è l'inizio di un processo di valorizzazione che ci porterà entro l'anno a restituire con forza il messaggio di Lucio Amelio. Un dialogo costante tra passato, presente e futuro per ricostruire una relazione imperitura con l'arte internazionale».

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La ricorrenza del quarantennale del terremoto, direttrice Maffei, è un'occasione perfetta per rilanciare «Terrae Motus»?
«Certo la data andava colta, ma per me è stata un'operazione naturale: i tempi sono stati giusti affinché io maturassi una conoscenza e una familiarità con le opere».


Il giorno stesso del suo insediamento lei già manifestò l'intenzione di dare maggior valore a questa collezione che la Reggia custodisce.
«Si è vero, perché si tratta di una collezione particolare non solo per Napoli ma per la storia dell'arte italiana».


Per questo nuovo allestimento, lei punta proprio sul dialogo tra antico e contemporaneo?
«Nel passato Terrae Motus era dislocata nelle retrostanze mentre ora le opere saranno posizionate proprio negli appartamenti reali. Al di là della grandiosa architettura di Vanvitelli, ci sono gli arredi storici e i dipinti: tutto entrerà a far parte di questo dialogo».


Non teme che alcune opere possano venir schiacciate in sale così classiche e già così piene di storia?
«No, non credo ci saranno problemi di sopraffazione. Il mio intento è che vengano viste dal grande pubblico nel percorso tradizionale della Reggia: mi interessa uno studio percettivo per capire come il visitatore reagisce».


Il percorso si aprirà con «Terremoto in Palazzo» di Beuys e si chiuderà con «Fate presto» che Warhol realizzò con la prima pagina di «Il Mattino»?
«Sì, e ci saranno anche i lavori di Richard Long (sala del Trono), Julian Opie (Biblioteca Palatina), Paolini (stanze del Settecento), Ontani (nuovo corridoio), Rauschenberg (sala delle Allegorie), nè potevano mancare i napoletani Longobardi (sala Filippo V), Paladino (sala delle Battaglie), Pisani...

Ma Fate presto è quella forse più contemporanea rispetto anche alla criticità di questi tempi di pandemia».


Il percorso però include per ora solo 21 opere, e per di più è visibile solo on line... Un allestimento in progress?
«Mi auguro che la situazione sanitaria migliori e che il 4 dicembre la Reggia di Caserta possa realmente riaprire al pubblico; poi nell'arco di tutto 2021 spero sia possibile esporre tutte le 72 opere. La Reggia sta vivendo una fase particolare di grandi cambiamenti con nuovi spazi che offrono inedite potenzialità: sentiamo di avere una responsabilità verso il territorio e Terrae Motus è un tassello importante».


A questo progetto la Maffei ha chiamato a collaborare anche Angela Tecce, storica dell'arte già dirigente Mibact e curatrice di mostre di rilievo internazionale, che questa mattina sarà con lei su Radiotre Rai alle 10,50 per parlare proprio di «Terrae Motus», anticipando anche una settimana di iniziative sul web che giorno dopo giorno sveleranno i dettagli della collezione ora in mostra.


Tecce, qual è l'aspetto più straordinario di questa collezione?
«È una raccolta che veramente fa il punto sullo stato dell'arte degli anni 80 nel mondo. Lucio evitò di utilizzare solo gli artisti della sua scuderia, che pure includeva mostri sacri dell'arte internazionale, si spogliò anche del suo gusto personale pur di scegliere gli artisti per la loro qualità».


E poi tutti chiamati a esprimersi su un unico tema.
«E ognuno rispose secondo la propria specificità, ma guardando al nostro territorio e offrendo il loro punto di vista su una tragedia che era tutta nostra».


Perché la scelta di lasciare la collezione alla Reggia di Caserta?
«Purtroppo Napoli non offrì una sede altrettanto regale. Lucio non riuscì a trovare a Napoli un luogo che fosse al livello anche delle grandi esposizioni che portarono Terrae Motus fino al Grand Palais di Parigi nel 1987».


Cosa resta oggi di tutto questo?
«Opere sempre molto potenti. I capisaldi possono essere indicati in Warhol e Beuys, l'America e l'Europa come due estremi, due culture messe a confronto: il Pop e la serialità da una parte, e dall'altra Beuys che agisce sul sisma, con quella performance di lui sotto al tavolo che registrava il terremoto. Da una parte la forza dell'immagine, dall'altra l'emozione dell'uomo».

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