«A scuola mi ha salvato la matita»: Maurizio Zenga parla della sua esperienza a NapoliCittàLibro

L'architetto campano ha raccolto in un volume e quasi 40 anni di ironiche vignette

Maurizio Zenga parla della sua esperienza a NapoliCittàLibro
Maurizio Zenga parla della sua esperienza a NapoliCittàLibro
di Donatella Trotta
Martedì 11 Aprile 2023, 12:57 - Ultimo agg. 12 Aprile, 10:05
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Un ex “indiano metropolitano” visionario, creativo e ironico. Un uomo a più dimensioni, portatore sano del “virus” rivoluzionario di ideali che in lui sopravvivono ancora oggi, in epoca di passioni tristi, postmodenità fluida e (accentuato) disagio di civiltà.

E soprattutto, un docente appassionato di Educazione Artistica con l’amore per il disegno (e non solo) che grazie al suo talento e alla sua formazione di brillante architetto ha saputo sublimare con fine intelligenza emotiva, attraverso la concisione del suo efficace tratto di vignettista, il complesso mondo della scuola: in un libro-summa che ne trasfigura un quarantennio di vizi e virtù, frustrazioni ed entusiasmi raffigurati in una esilarante commedia umana a colori disegnata, commentata e declinata per argomenti, tra luci e ombre. Con il sorriso amaro del disincanto. Ma anche con la poesia di un amore inestinguibile, nutrimento di un impegno civile intessuto di caustico senso critico.

Lui è Maurizio Zenga, classe 1954, architetto, grafico/illustratore e designer campano della diaspora (in Veneto) che dal 1983 al 2019, anno in cui è andato in quiescenza ma senza mai smettere di progettare, disegnare e creare, ha dedicato la sua vita all’insegnamento nel profondo Nord, attraversando svariate riforme della pubblica (d)istruzione con conseguenti strascichi sulla psiche dei docenti e sulla formazione dei ragazzi. E il libro in cui racconta dall’interno, in modo originalissimo (più istruttivo ed efficace di tanti saggi), la sua esperienza è Mi ha salvato la matita  (Rogiosi editore, pp. 200, € 18), con l’eloquente sottotitolo: Appunti e vignette di un sopravvissuto alle riforme della scuola. Se ne parlerà giovedì 13 aprile alla Stazione Marittima, nel salone del libro e dell’editoria NapoliCittàLibro (ore 17, Sala Ulisse) con la partecipazione, accanto all’autore, di Eduardo Mignone. Un incontro particolarmente necessario, di questi tempi: perché evitando qualunque (facile) cliché o tentazione antologica − di aneddoti strappa-risate, ad esempio, o florilegio da collezionisti superficiali di strafalcioni a danno degli incolti, per il sollazzo dei soli sedicenti colti − Zenga non si limita a pubblicare, per temi (utilmente indicizzati anche dalla eccellente veste grafica del libro), una selezione minima ma indicativa delle migliaia e migliaia di vignette da lui prodotte nel corso di quasi un quarantennio vissuto tra centinaia di allievi, colleghi, amici continua fonte di ispirazione per la sua fantasia sbrigliata; ma scrive, anche, sapidi, rigorosi e puntuali commenti sui meccanismi (spesso perversi) del microcosmo scolastico nel sistema-Italia che, riguardando fatti e persone reali, rappresentano nel contempo un osservatorio prezioso sull’evoluzione/involuzione di un mondo che dalle aule diventa specchio della società in cui viviamo.

Ce n’è per tutti: alunni di ogni sorta, corpo docente di ogni genere, dirigenti e segreteria, sindacalisti, figure obiettivo e funzioni strumentali, conviventi in uno “spazio scuola” dove si consumano libri e progetti, veementi consigli di classe, collegi docenti e rapporti conflittuali con genitori di ogni risma, tra overdosi paradossali di certificazioni di alunni con “bisogni educativi speciali”, manzanza di sostegno (anche economico) ai loro docenti di sostegno, strategie di sopravvivenza per aggirare insensati lacci burocratici, selve selvagge di acronimi-aria-fritta e patetiche prove di autonomia, zoppicanti risorse tecnologiche e improbabili commissioni, lezioni in classe e prove di intercultura e prove (disastrose) d’esame, accanto a problematiche valutazioni, con conseguenti burn-out di docenti che sognano trasferimenti e agogano vacanze, coltivano aspettative (in vari sensi) e aspirano alla pensione come meta sfuggente peggio d’un capitone a Natale, o irraggiungibile come l’eterna giovinezza.

Impietosi ma affettuosamente lucidi e concreti, i calembour (visivi e verbali) di Zenga affrontano con sano umorismo ogni ostacolo, contraddizione e trappola del sistema istruzione italico, affondano con eleganza la lama dell’ironia nel corpo malato della Burocrazia, dribblano le “relazioni pericolose” tra insegnanti, alunni, famiglie e senza alcuna retorica approdano a riflessioni che ci interpellano tutti, come comunità educanti corresponsabili, che piaccia o no, di una società autenticamente educante, ma altamente a rischio deriva.

E se un precedente illustre di Maurizio Zenga, ovvero Francesco Tonucci, psicopedagogista del Cnr, scrittore e docente che ha firmato numerosi libri con lo pseudonimo d'arte di Frato, ci ha donato indimenticabili e ormai classiche vignette “con occhi di bambino” sull’infanzia, l’educazione e la formazione dei docenti, per rendere espliciti i pensieri nascosti, censurati e inespressi dei più piccoli, dando così con le sue immagini stilizzate la parola a bambini che rimangono ancora oggi invisibili, Maurizio Zenga affina invece lo sguardo sullo stesso orizzonte, ma dall’interno di un corpo docente messo a dura prova dalla politica, nella sua vocazione/missione formativa che nel libro Mi ha salvato la matita tra doppi sensi, giochi di parole, segni e disegni ritrova così la sua voce schietta, e una visibilità a tratti grottesca ma vera: con un realismo non esente da pennellate di malcelata tenerezza. Come quella con cui Zenga ha accolto la sua ormai inevitabile pensione lasciando un “Messaggio in bottiglia” (titolo del suo video animato realizzato per salutare colleghi, alunni, genitori, ancora visibile su You Tube) che è anche un toccante messaggio d’amore per la scuola tutta, per la vita tout court e per l’amore della sua vita, Patrizia: che nella vignetta-dedica in apertura del libro non a caso guarda, dietro un sole immerso nella linea di un orizzonte marino, l’Autore naufrago il quale, su un canotto di salvataggio a forma di cuore, rema verso quell’orizzonte.

Ma la seconda zattera di salvataggio, oltre alle vignette e all’amore omnipervasivo, è per Zenga anche la Costituzione, che chiude non a caso in modo significativo il suo libro nel solco della lezione di Piero Calamandrei sulla scuola. Il naufrago della vignetta di Zenga, sulla zattera-Costituzione, tende infatti nella sua precarietà le braccia e le mani per sollevare sulla stessa zattera un altro uomo, di colore, che sta per annegare. Chi salva, e chi è salvato? si chiede l’Autore dopo aver commentato brevemente gli articoli 30, 33 e 34 della Costituzione italiana («È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli»; «L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento»; «La scuola è aperta a tutti»). E perciò l’educazione come pratica di libertà contro qualunque stereotipo, vessazione o pregiudizio è il filo rosso che accomuna queste pagine agrodolci. Pagine che tutti, docenti e non docenti, dovrebbero leggere, guardare e meditare. Per capire in che direzione sta andando il futuro di ciascuno. Consapevoli, con Hannah Arendt (in Tra passato e futuro), che «L’educazione è il momento che decide se noi amiamo abbastanza il mondo da assumercene la responsabilità e salvarlo così dalla rovina, che è inevitabile senza il rinnovamento, senza l’arrivo di esseri nuovi, di giovani. Nell’educazione si decide anche se noi amiamo tanto i nostri figli da non estrometterli dal nostro mondo lasciandoli in balìa di se stessi, tanto da non strappargli di mano la loro occasione d’intraprendere qualcosa di nuovo, qualcosa d’imprevedibile per noi; e prepararli invece al compito di rinnovare un mondo che sarà comune a tutti».

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