«Come la luce dell'alba»: le mani sulla Napoli del 1973 nel romanzo corale di Pio Russo Krauss

Il testo, edito da La Valle del Tempo, racconta un anno di sfide e impegno comunitario, ecclesiale, educativo e sociale di un giovane prete agostiniano

Fotogramma dal film Le mani sulla città di Francesco Rosi
Fotogramma dal film Le mani sulla città di Francesco Rosi
di Donatella Trotta
Martedì 16 Maggio 2023, 15:55
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Napoli, 1973. In una città segnata dalla stagione post-epidemia di colera, deturpata dalle nefaste conseguenze di speculazioni edilizie senza scrupoli perpetrate da tentacolari e avide “mani sulla città” (e sul suo verde) da parte di camorristi e corrotti, e ferita a morte da pesanti diseguaglianze sociali acuite dalla piaga dell’analfabetismo, si dipana l’”avventura di un povero cristiano” contemporaneo: con il suo bagaglio di fede autentica e dubbi radicali, di impegno ecclesiale declinato concretamente nel sociale e di apertura postconciliare ad un laicato che non si sottrae alla chiamata a vivere un vangelo “sine glossa”, ovvero radicale nella profezia (e nella pedagogia militante di stampo donmilaniano, ma non solo) al fianco di preti, frati, giovani volontari ed emarginati.

È lui il protagonista del corposo romanzo di Pio Russo Krauss Come la luce dell’alba, appena uscito per le edizioni La Valle del Tempo (pp. 300, euro 18): la presentazione domani, mercoledì 17 maggio alle ore 17 nella Sala Silvia Ruotolo della Municipalità 5, in Via Morghen 84 (2° piano). Con l'autore, e con Titti Pepi che leggerà stralci dal libro, interverranno lo storico Silvio De Majo, docente di Storia Contemporanea e Storia Economica alla Federico II; il pediatra Paolo Siani, coordinatore del Tavolo Infanzia e Adolescenza del Comune di Napoli, della Fondazione Giancarlo Siani e l’agronomo Antonio Di Gennaro, esperto di pianificazione ambientale.

Padre Sergio, il protagonista del libro, è un giovane prete napoletano trentunenne, di buona famiglia e buona cultura, cresciuto tra Chiaia e Posillipo con una eccellente formazione filosofico-teologica e una precoce vocazione al sacerdozio maturata, dieci anni prima, nell’Ordine dei Padri Agostiniani. Dal 1972, vive in convento a Pianura, nella diocesi di Pozzuoli, in comunità con altri confratelli più grandi di lui che gestiscono la parrocchia del Divino Amore. Ed è qui, tra i baraccati di Masseria Grande, che tra l’ottobre del 1973 e il maggio del 1974 (anni segnati dall’Austerity, da lotte sindacali e dalla campagna per il referendum sul divorzio) si snoda l’avvincente trama di un romanzo di impronta fortemente corale, anzi comunitaria, intessuto di dialoghi serrati (anche in dialetto partenopeo) e costellato di interrogativi esistenziali: ad accompagnare le complesse vicende – pubbliche e private, soggettive e collettive, di lotta, di amicizie e di amori – di un territorio descritto con accurato rigore, non esente da un intenso pathos che percorre molte delle pagine del testo. Volume denso di risonanze, che si apre con un giallo (la morte per impiccagione di un parrocchiamo, dal simbolico nome di Mario Pagano) e si chiude con una scelta di obbedienza (alla propria vocazione profonda) nella libertà: quella di chi antepone la purezza della coscienza alle lusinghe (e minacce) del potere, al servizio di un amore senza misura che interpella così ogni lettore, credente e non credente, sul senso profondo del proprio stare al mondo.

E sul libero arbitrio di chi prende consapevolmente la vita nelle proprie mani, senza facili deleghe.

Come la luce dell’alba è un romanzo che si direbbe necessario: intrinsecamente teologico-filosofico, esplicitamente ambientalista e autenticamente cristiano. Ovvero, incline ad una laicissima “verticalità” capace di connettere cielo e terra, trascendenza e immanenza, domande ultime e penultime (di cui c’è particolare bisogno) in vicende che al di là di una sedicente fiction molto hanno a che vedere con il generoso impegno civile e culturale realmente profuso, con passione (spirituale, educativa, sindacale, politica) da molti giovani in anni non lontani e qui ricostruito, con sapienza narrat(t)iva e in parte velatamente autobiografica, dall’autore: che offre così alle nuove generazioni un’occasione preziosa di conoscenza (e, perché no, di ispirazione) di una storia recente, altrimenti destinata all’insignificanza dell’oblio. Napoletano, classe 1953, medico della sanità pubblica, noto e stimato militante ambientalista, pacifista e nonviolento già autore di numerosi testi di educazione ambientale e alla salute, Russo Krauss mette insomma a frutto in questa sua nuova opera, di respiro diverso da quello saggistico o informativo, la sua poliedrica esperienza di professionista nelle istituzioni e uomo dal cuore pensante e creativo (nella musica, nella scrittura, nella medicina preventiva e di comunità, nelle comunità cristiane di base).

Un impegno che viene da lontano, e continua a declinarsi nel presente: attivista sin da ragazzo in ambito sociale, culturale ed ecclesiale anche come “maestro” e animatore di un doposcuola donmilaniano (dal 1970 al ’78 a Cupa Vecchia), a lungo presidente dello storico Centro Culturale Giovanile di Via Caldieri, tra i fondatori dell'Associazione Campana per la Pace (1982) e attuale presidente dell’Associazione Marco Mascagna (fondata nel 1991 in memoria di un giovane pediatra impegnato sui temi dell’ambiente, della pace, del Terzo Mondo e dell’educazione per continuarne l’operato), Russo Krauss infatti collabora attualmente anche con il Centro di Coordinamento dei Servizi per i Senza Fissa Dimora “Salvatore Buglione”. Al quale – non a caso, a conferma della coerenza esistenziale incarnata dalla testimonianza dell’autore – saranno devoluti i fondi raccolti dalla vendita del romanzo. Un modo creativo (come i concerti al Grenoble per sostenere, da trent’anni, l’asilo Sector Primero di San Salvador) per affrontare emergenze sociali. Vecchie e nuove.

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