Con Antonia Arslan un viaggio nella civiltà armena con la settimana di eventi del terzo Dessaran Festival, in corso a Padova

Con Antonia Arslan un viaggio nella civiltà armena con la settimana di eventi del terzo Dessaran Festival, in corso a Padova
di Donatella Trotta
Martedì 27 Novembre 2018, 20:58
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Una settimana di eventi. Nel segno dello sconfinamento di generi, linguaggi, arti. Una rassegna di incontri, concerti, spettacoli e appuntamenti per ricordare di quanta ricchezza culturale, sapienza umana e capacità di resilienza sia portatore il popolo armeno, anche nella diaspora, dopo l’atroce genocidio (a lungo dimenticato, rimosso, persino negato) perpetrato dall’impero ottomano tra il 1915 e il 1917. La rappresentazione delle diverse forme di questa antica e vitale civiltà è al centro del Dessaran Festival, la settimana della cultura armena che per la sua terza edizione, dopo lìenorme successo delle precedenti, è in corso a Padova: dove, dal 26 novembre fino al 2 dicembre, in sedi diverse della città, protagonisti del panorama artistico e intellettuale italiano e internazionale svelano i molteplici intrecci di una civiltà millenaria in un avvincente viaggio ai confini tra musica, teatro, letteratura, calligrafia, cinema ed enogastronomia.

«Dessaran, in armeno, significa “l’orizzonte, il confine di ciò che vedi”: l’intento della rassegna è appunto quello di esplorare tanti orizzonti diversi, ma anche nessun orizzonte definito ed escludente, in uno scambio fruttuoso e allegro di saperi, cognizioni, suggestioni antiche e moderne», spiega la scrittrice Antonia Arslan, Direttrice Artistica della manifestazione da lei ideata e organizzata con l’Associazione Nairi Onlus, in collaborazione con l’Assessorato alla cultura del Comune di Padova guidato da Andrea Colasio. Non a caso, ad aprire il Festival un intenso spettacolo teatrale, «Una bestia sulla luna», messo in scena in tutto il mondo, vincitore di cinque premi Molière in Francia e tratto da un testo di Richard Kalinoski che ci parla di esilio e rifugiati, il cui futuro, tutto da costruire, affonda le radici nel profondo dolore del passato. Protagonista magistrale, con la regia di Andrea Chiodi, Elisabetta Pozzi (con Fulvio Pepe, Alberto Mancioppi e Luigi Bignone), a suo agio nelle vesti di Seta, donna armena sposata per procura da Aram Tomasian che, sopravvissuto come Seta al genocidio in cui è stata sterminata tutta la sua famiglia, approda nel Milwaukee del 1921 dove vuole disperatamente ricostruirsi una vita e avere una discendenza in America. Ne nascerà una storia d’amore difficile, in bilico tra conflitti e silenzi, tradizione e voglia di cambiamento, dolore del passato e speranze per il futuro.

Tra gli appuntamenti del fitto calendario del Festival (info e prenotazioni: tel. 342/1486878 - dessaran@nairionlus.org) da segnalare il confronto sulle congiunzioni fra Armeni ed Ebrei in Oriente, dal titolo «Tra sottomissione e resistenze», guidato da Antonia Arslan a partire dai libri di Vittorio Robiati Bendaud La stella e la mezzaluna e di Siobhan Nash-Marshall I peccati dei padri, entrambi usciti nella collana “frammenti di un discorso mediorientale”, diretta dalla Arslan per Guerini e Associati. Il 28 novembre alle ore 21, nell’Auditorium del Centro Altinate San Gaetano, nuovo imperdibile appuntamento con Arslan, scrittrice padovana di origini armene, a lungo docente di Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Padova, che, dopo aver ritrovato le proprie radici traducendo Il canto del pane e Mari di Grano di Daniel Varujan, ha pubblicato bestseller amatissimi, tra i quali La masseria delle allodole (trasposto in film dai fratelli Taviani), La strada di Smirne, Il rumore delle perle di legno e Lettera a una ragazza in Turchia  (in uscita il suo ultimo libro, La bellezza sia con te): la scrittrice dialogherà con lo scrittore e docente di lettere e di ecologia letteraria Matteo Righetto, in un incontro («Da Ismene a Jole: viaggi che durano una vita») sul filo dell’intreccio tra suoni, visioni, immagini e parole scandito dalle musiche dal vivo di Maurizio Camardi (sassofoni, flauti etnici, duduk) e Ilaria Fantin (arciliuto), in collaborazione con la Scuola di Musica Gershwin, e da dolci degustazioni: al centro del dialogo, un itinerario tra le frontiere dell'Impero Ottomano e quelle tra l’Italia e l’Austria, in cui le protagoniste mostrano la loro determinazione e il loro coraggio imparando a chinare la testa e poi a risollevarsi piano piano.

In programma, anche concerti di canti dall’Armenia (il 29 novembre), con un repertorio pensato appositamente per il Festival con opere di Khachaturian, Fauré, Baghdasaryan, Komitas, David Bek, Tigranian, Stepanian, Emin e di Kristina Arakelyan, compositrice e pianista che accompagna per l’occasione il mezzosoprano Anais Rebecca Heghoyan; incontri di degustazione con la foodblogger Anna Maria Pellegrino (il 30 novembre); un evento speciale dedicato all’arte della calligrafia armena (il primo dicembre) con Ruben Malayan, calligrafo e artista visuale, in collaborazione con Norayr KasperIn della Norayr Kasper Cinema INC, che delineerà la tradizione di una pratica nella sua evoluzione dai segni alfabetici disegnati a mano, dagli inizi del V secolo, fino ai libri di calligrafia dei padrei Mechitaristi a Venezia e a Vienna. Infine, il 2 dicembre, chiusura del Festival con la proiezione del film «Hotel Gagarin» di Simone Spada: commedia che racconta la storia di cinque italiani squattrinati e in cerca di successo che vengono convinti da un sedicente produttore a girare un film in Armenia. Ma i loro sogni vengono purtroppo infranti; e tuttavia, malgrado tutto, la troupe trova il modo di trasformare l’esperienza spiacevole in un’occasione indimenticabile che farà loro ritrovare la spensieratezza e la felicità perdute. Un bel messaggio anche per il nostro presente…
 
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