Con «la guerra di Becky» Ferrara racconta la Shoah ai più piccoli, e Interlinea promuove un mese di incontri d'autore

Con «la guerra di Becky» Ferrara racconta la Shoah ai più piccoli, e Interlinea promuove un mese di incontri d'autore
di Donatella Trotta
Sabato 9 Gennaio 2021, 07:26
5 Minuti di Lettura

Ci sono vicende dimenticate (o rimosse) che, a tirarle fuori dal buco nero dell’oblio, insegnano a capire meglio il mondo. E se a rispolverarle, vivificandole con intelligenza emotiva, sono autori di fine e sapiente talento che sanno parlare non soltanto agli adulti ma anche e soprattutto al cuore, alla mente e all’anima dei bambini, allora possono diventare frammenti esemplari di una memoria collettiva di cui c’è sempre più bisogno: in tempi di spaesamento mondiale e appiattimento superficiale sull’attimo fuggente. È il caso della storia vera di Rebecca Behar, detta Becky, piccola ebrea italiana di origini turche che a Meina, sul lago Maggiore, fu testimone oculare di una tragedia poco nota: il primo eccidio di ebrei in Italia perpetrato, tra il 13 settembre e il 10 ottobre 1943 in nove località della provincia di Novara e del Verbano Cusio Ossola, da un gruppo di soldati nazisti, poco dopo l’armistizio dell’8 settembre.

A raccontarla ora ai più piccoli, con asciuttezza, è il poliedrico, infaticabile e amatissimo autore e illustratore per ragazzi Antonio Ferrara, con il libro La guerra di Becky. L’Olocausto del lago Maggiore (Interlinea, nella collana per ragazzi Le rane, pp. 80, euro 10), che in 28 brevi (quasi lapidari) capitoli – corredati di efficaci tavole a colori con l’inconfondibile tratto dell’autore – restituisce le emozioni, le paure, le crudeltà, il dolore, la solidarietà, i soprusi, i sentimenti e la speranza vissuti da una ragazzina dalle lunghe trecce nere, sopravvissuta alla strage in cui morirono almeno 57 persone di diverse famiglie, compresi alcuni bambini: fino ad arrivare a testimoniare nel 1968 ad uno dei processi che, tra gli anni ’50 e ’60, condannarono i responsabili della strage, ancorché coperti dai Paesi di origine (in un caso, con il rifiuto dell’Austria di concedere l’estradizione al responsabile della strage, impedendone l’arresto  e l’ergastolo in Italia; in altri con la prescrizione dei reati e la cancellazione, da parte della Corte Suprema di Berlino, della sentenza di conclamata colpevolezza di altri cinque nazisti condannati).

Ma queste notizie, anch’esse molto in sintesi, si ritrovano solo alla fine del libro, che riporta anche una foto in bianco e nero di Becky tredicenne (nata l’8 gennaio 1929 in Belgio e dall’età di 5 anni trasferitasi con la famiglia a Milano, dove è morta nel 2009 non senza aver testimoniato nelle scuole italiane la sua esperienza ripercorsa anche in un racconto autobiografico, Il Diario di Becky Behar, raccolto nella pubblicazione La strage dimenticata, Interlinea 2003). Perché la scelta di Ferrara – il racconto in prima persona di Becky, io narrante –, è essenzialmente narrativa: ma non esente, a tratti, da momenti di poesia, che è una delle anime dell’autore, premio Andersen, artista a più dimensioni originario di Portici ma residente da anni a Novara, con una lunga esperienza di educatore in una comunità alloggio per minori.

Con la sua peculiare sensibilità, Ferrara riesce così a ricostruire a misura di più piccoli uno dei tanti, e in questo caso misconosciuti, tasselli dell’orrore nel mosaico della banalità del male visto in faccia con occhi di ragazzina, stemperando così la crudezza della storia con la delicata ingenuità di uno sguardo costretto a crescere in fretta per le circostanze.

Una scelta non solo narrativa, ma di memoria militante: in linea peraltro con la coerenza progettuale e la precisa identità culturale di Interlinea, casa editrice novarese (per adulti e bambini) che per la Giornata della Memoria della Shoah è andata, quest’anno, oltre le nuove pubblicazioni (con La guerra di Becky, anche l’antologia di voci narrative sull’Olocausto Nel buco nero di Auschwitz, a cura del filologo, critico letterario e storico della letteratura Giovanni Tesio, già autore di Nell’abisso del lager. Voci poetiche sulla Shoah) e le ristampe aggiornate di suoi best seller in catalogo sul tema (come Il violino di Auschwitz, della scrittrice per ragazzi Anna Lavatelli con le illustrazioni di Cinzia Ghigliano, o L’allenatore ad Auschwitz. Árpàd Weisz: dai campi di calcio italiani al lager, di Giovanni Cerutti): organizzando incontri con gli autori (in presenza e on line) per adulti e bambini, accanto a corsi di aggiornamento e webinar accreditati per insegnanti con studiosi, scrittori e autori, dei quali è possibile avere i libri di cui si parla a domicilio, per offrire spunti di riflessione su come (continuare a) raccontare la Shoah anche ai più giovani.

Fitto il calendario degli appuntamenti: si parte con i corsi di aggiornamento per docenti, il 16 gennaio (con Giovanni Cerutti che parlerà, alle ore 10, di «Sport e Shoah: storie vere per avvicinare i giovani al tema»); il 19 e il 23 gennaio sarà la volta di Giovanni Tesio, che interverrà sulla poesia e sulla narrativa della Shoah «per capire»; mentre di come trovare le parole per dire la Shoah ai bambini si occuperanno Anna Lavatelli il 23 gennaio e Antonio Ferrara il 25. Quattro gli incontri aperti al pubblico: il 26 gennaio, con Giovanni Tesio, su «Gli scrittori e la Shoah: voci e temi»; il 29 gennaio con Antonio Ferrara sulla “guerra di Becky”; il 30 gennaio con Giovanni Cerutti sul suo libro su sport e Shoah e il 6 febbraio con Anna Lavatelli. Non mancheranno gli incontri per le scuole, in programma dal 19 gennaio con gli stessi autori, fino alla conclusione con Antonio Ferrara, Anna Lavatelli ed Elena Mastretta su come raccontare la Shoah nella scuola primaria. Perché ai bambini anche piccoli si può e si deve raccontare tutto, ma con le giuste mediazioni. Le iscrizioni sono già aperte sul sito www.interlinea.com. Per info e aggiornamenti sul programma: tel. 0321 1992282, email: edizioni@interlinea.com.   

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