Festival dell'Opera Buffa napoletana: il ritorno di Mastro Giorgio tra Reggia di Portici e Sala Assoli

Festival dell'Opera Buffa napoletana: il ritorno di Mastro Giorgio tra Reggia di Portici e Sala Assoli
di Donatella Trotta
Sabato 30 Ottobre 2021, 15:19 - Ultimo agg. 2 Novembre, 19:21
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«Il maestro di Cappella» di Domenico Cimarosa, «L’uccellatrice» di Niccolò Jommelli, l’operina-omaggio a Giovanni Paisiello «Mastrogiorgio» e due concerti: «A Serpina penserete» (Young Pergolesi), e «La musica del sole», melodie tradizionali e versi popolari che rimandano a Vinci, Pergolesi, Leo, Paisiello e Cimarosa. Sono le tappe di un piccolo ma avvincente viaggio nelle atmosfere dell’antica civiltà non soltanto musicale partenopea, al centro del Festival dell’Opera Buffa napoletana, iniziato giovedì scorso nella Reggia di Portici, che proseguirà fino al 3 novembre tra lo storico sito reale (Piano Nobile) e il teatro Sala Assoli a Napoli (come prologo della stagione di Casa del Contemporaneo), con la direzione artistica del suo ideatore, il musicista Massimiliano Sacchi.

La rassegna ― sostenuta dal MIC (Ministero Italiano della Cultura) e organizzata da Giano Bifronte, info e prenotazioni: whatsapp 328 4533469; prenotazionigiano@gmail.com — è una proposta, per il pubblico contemporaneo, di significativi “assaggi” della commedia per musica napoletana (una tradizione di altissima e godibile qualità, oggi purtroppo misconosciuta ai non addetti ai lavori) con l’intento di farla conoscere e (ri)scoprire, con tutte le sue valenze non soltanto storico-musicali ma sociali, artistiche, culturali e di costume: specchio di un periodo storico — quello sei-settecentesco — in cui Napoli è stata una grande capitale europea della cultura con Londra, Vienna e Parigi. Non a caso, spiega Sacchi, il Festival in corso «è rivolto a tutti, curiosi ed esperti. La leggerezza e una verve comica frizzante e senza cedimenti, innestata su pagine di musica preziose, rende gli intermezzi buffi napoletani, con la loro brillante vis ironico-grottesca, assai stuzzicanti ancora oggi, anche per la sensibilità e i gusti del pubblico attuale»: che in queste pagine rivive la temperie che animava le vivaci stanze della scena partenopea. Dove, a partire da La serva padrona di Pergolesi, ma anche con l’operista del teatro musicale Paisiello, non a caso ricercatissimo in tutta Europa, venne rivoluzionato il dramma in musica, sia per i temi trattati, sia per la duttile vocazione drammatica, modernissima, del suo linguaggio musicale.

Se ne può avere un’idea, ad esempio, con l’operina «Mastrogiorgio», quasi una fiaba allegorica in musica che ha debuttato il 28 ottobre nella Sala del Baciamano al Piano Nobile della Reggia di Portici (con repliche stasera alle 20, nello stesso sito reale, e martedì 2 novembre alle ore 21 in Sala Assoli a Napoli). Ambientato nell’Ospedale degli Incurabili e basato su un testo originale di felice mistilinguismo scritto a quattro mani da Rosario Sparno (che ne è anche il sapiente drammaturgo e regista) con il poeta Francesco Forlani, autore del libretto, il lavoro — musicato da Massimiliano Sacchi e Giulio Fazio ― non è soltanto un gradevole ed esplicito omaggio a Paisiello, ma anche un (attualissimo) invito a rileggere le molteplici declinazioni della “follia” grazie alla efficace interpretazione, in scena, del castigamatti o Mastigophoròs o “portatore di frusta” Mastro Giorgio (l’attore Massimiliano Foà), con la serva Teresa (il soprano Chiara Di Girolamo) e i tre “pazzarielli”: Nina pazza per amore (il mezzosoprano M. Cristina D’Alessandro), Don Chisciotte della Mancia (il tenore Domenico Nappi) e Socrate Immaginario (il basso Luca De Lorenzo).

Attori e cantanti di talento accompagnati da musicisti live (Sacchi stesso al clarinetto e alla direzione dell’ensemble; Serena Schioppa, flauto; Sergio Carnevale, violino; Ilaria Carbone, violino; Tsvetanka Asatryan, viola; Giovanni Sanarico, violoncello; Fulvio Gombos, contrabbasso, Giulio Fazio, pianoforte) che — valorizzati nei propri ruoli dai costumi di notevole raffinatezza firmati da Giuseppe Avallone e dalle risonanze e suggestioni del sito reale di Portici, di grande impatto emotivo ― hanno ridato vita ad una significativa operina, presentata una prima volta con gli stessi interpreti come studio/progetto sperimentale nel febbraio 2020 in Sala Assoli (nell’àmbito dei Quartieri di Vita del Campania Teatro Festival) e liberamente ispirata da fatti storici: ovvero, i metodi coercitivi per il trattamento delle malattie mentali e dei nervi del medico del Seicento Giorgio Cattaneo, alias la figura popolare del “Mastro Giorgio”, che operava a suon di scudisciate dei pazienti e di immersioni nel “pozzo dei pazzi” agli Incurabili a Napoli.  

Ma la sintesi, in «Mastrogiorgio», di tre fortunate commedie per musica di Paisiello («La Nina pazza per amore», «Il Socrate Immaginario» e «Don Chisciotte», appunto) si avvale anche dell’ispirazione iniziale di un misconosciuto testo medico francese del 1748, il Trattato sugli effetti della musica sul corpo umano di J.L. Roger: consultato da Sacchi mentre studiava la figura di Giulio De Ficis, musicista allievo di Francesco Durante presso il Conservatorio San Pietro a Majella, a servizio anche come Maestro di Cappella agli Incurabili proprio con lo scopo di usare la musica per curare i malati di nervi. Di qui il senso anche didattico dell’opera, ben al di là della ricerca musicilogica, della brillante drammaturgia e del mero intrattenimento del pubblico: interpellato dal contrasto, nella messinscena, della forza liberante della musica con la cinica aridità del “castigamatti” protagonista dell’operina, in cui, sottolinea il regista Rosario Sparno, «come in un campo di lotta l’amore viene a rivendicare la follia che arde le sue braci».

E l’alchimia del teatro, allora, si compie: con il filtro magico e trasformante dei sentimenti, l’energia taumaturgica della musica e il gusto ludico dell’ironia: arma potente dell’intelligenza emotiva e del pensiero poetante contro la violenza e le brutture, di qualunque segno. Perché la bellezza, come la musica, può davvero guarire dai mali del cuore, della mente e dell’anima. Un messaggio particolarmente attuale, in tempi di pandemia, che sarebbe bene rilanciare soprattutto per i più giovani, anche con ulteriori repliche in siti significativi della città, come lo stesso complesso monumentale degl’Incurabili, sfondo della storia narrata.

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