Il sogno della traversata: dal romanzo per ragazzi di D'Adamo alla campagna «Tutte le vite valgono»

Il sogno della traversata: dal romanzo per ragazzi di D'Adamo alla campagna «Tutte le vite valgono»
di Donatella Trotta
Sabato 24 Aprile 2021, 17:22
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Respingimenti. Naufragi. Annegamenti. Vite (dis)perse. Dalle rotte balcaniche al Mare Nostrum, continua la tragedia dei migranti. E le cronache registrano, puntuali, conte di morti e dispersi nel Mediterraneo, mentre storie invisibili di violazioni di diritti umani si consumano alle frontiere degli Stati nell’indifferenza collettiva: accentuata, in molti casi, dall’emergenza sanitaria della pandemia in atto. Ma non tutti tappano occhi, orecchie, bocca su quanto accade: «Tutte le vite valgono: #rottabalcanica #norespingimenti», recita ad esempio l’Appello nazionale che attraverso la maratona di un digiuno a staffetta, promossa ralla Rete DASI (Diritti Accoglienza Solidarietà Internazionale) del Friuli Venezia Giulia, intende puntare i riflettori dell’opinione pubblica sulla situazione che coinvolge oltre 10mila migranti, in cammino lungo la Rotta balcanica, bloccati forzatamente in Bosnia in condizioni disumane, con informali e costanti respingimenti anche ai confini di Croazia e Slovenia, con azioni repressive delle forze di polizia. La maratona del digiuno è iniziata domenica 17 gennaio, con l’adesione di centinaia di attivisti e attiviste di movimenti e associazioni della società civile di tutta Italia, che si stanno alternando in una modalità di protesta tipica della tradizione nonviolenta; e culminerà domenica 25 aprile, Festa della Liberazione, con una iniziativa pubblica di respiro nazionale che rilancerà le richieste dell’Appello al quale ha aderito anche l’UCSI (Unione Cattolica Stampa Italiana) del Friuli Venezia Giulia, lanciando, con un’immagine ad hoc postata ogni ora, una mezza maratona Twitter, dalle ore 9 alle 21 del 25 aprile, a chiusura della campagna che rilancia alcuni articoli della Costituzione italiana, «a garanzia – spiegano i promotori dell’Appello - dei diritti fondamentali delle persone: come il diritto d’asilo a profughi ridotti in condizioni di marginalità, disumanità, dimenticanza nel cuore dell’Europa».

Tutte le vite valgono. Ma alcune sono più fragili di altre: soprattutto se si è bambini, o anziani. Lo sa bene Francesco D’Adamo, scrittore di acuta sensibilità sociale e impegno civile, che ha scelto di scrivere romanzi per ragazzi (best seller tradotti in tutto il mondo, come il toccante romanzo-verità La storia di Iqbal, diventato anche film animato) proprio per parlare al cuore dei più giovani — quelli che lui chiama “adulti, provvisoriamente di 13-14 anni” — che è maggiormente ricettivo di quello, spesso indurito, dei grandi. E arriva allora a toccare il cuore di tutti il nuovo romanzo di D’Adamo — primo suo libro pubblicato con l’editrice Il Castoro — uscito da poco con l’eloquente titolo La traversata (pp. 153, € 14). Protagonisti, un vecchio e il mare. E un bambino migrante, Omar: di cui l’anziano pescatore siciliano, di nome Ezechiele, ritrova lo zainetto, finito sugli scogli del suo borgo, Scuglizzi, in una notte di tempesta che ha fatto naufragare un barcone di profughi. Non tutti messi in salvo. Ma il piccolo Omar è tra quelli che, probabilmente, ce l’hanno fatta a scampare la morte. E a fuggire. Per il vecchio Ezechiele quello zainetto, con il suo contenuto, diventa un’ossessione: entra nel suo mondo solitario di vedovo della sua amata Caterina, padre di Vincenzo, emigrato in Svizzera, e nonno del vispo Tonino, inseparabile dal suo buffo cane, Spaghetti; si insinua nel suo vissuto quotidiano di routinaria tranquillità con la normalità di un altro mondo di affetti al di là del mare: dove una madre angosciata magari non saprà mai se suo figlio è morto, o è invece riuscito ad approdare una vita migliore della sua. Il pensiero fisso, costante, dominante fa maturare allora a Ezechiele la decisione di intraprendere anche lui la traversata: ma in direzione ostinatamente contraria.

Per riportare lo zainetto sulle coste dell’Africa a quella madre così lontana, così vicina, rassicurandola che il suo bambino è vivo.

Una lucida follia, l’avventura dell’anziano pescatore dal nome biblico, imbarcato nella notte sulla sua barca Esmeralda, vecchia e malandata come lui, che D’Adamo trasfigura in fiaba moderna, in pagine a tratti poetiche ed evocativi espedienti fantastici in chiave di realismo magico, di forte e suggestivo impatto emotivo: con il racconto dei piccoli gesti, apparentemente inutili, di una solidarietà minima che restituisce senso massimo all’umanità. E non c’è la cronaca cruda, nel romanzo del vecchio, del mare e dell’invisibile bambino migrante, ma soltanto la sua eco: che offre una traccia per risonanze interiori più ampie. In La traversata Ezechiele non è Achab in lotta con la balena bianca, ma richiama, semmai, lo spirito del pescatore tunisino incarcerato per aver salvato migranti in difficoltà al largo di Lampedusa; e potrebbe allora dire, in suo nome, “chiamatemi Chameseddine”, anziché “Ismaele” come in Moby Dick. Perché il mostro che il vecchio e coraggioso Ezechiele combatte è l’anestesia emotiva dei suoi simili, che giudicano pazzesca la sua impresa, insensato lo sforzo, inutile il sogno. E invece. Fosse pure l’ultima cosa che fa nella sua vita, Ezechiele intraprende il viaggio, scopre un’Isola che non c’è, combatte con le sue paure e affronta colpi di scena tra sogno e realtà, con un esito che non riveleremo qui.

Ma del racconto, asciutto e a tratti struggente, restano alla fine, nel lettore, molte domande. Aperte. Un po’ come nel provocatorio Immagina di essere in guerra (Feltrinelli) di Janne Teller, che capovolgeva il punto di vista sulla diaspora dei migranti: in quel caso, nel librino impaginato come un passaporto, occidentali in fuga verso il Medio Oriente, a raccontare in prospettiva inversa le odissee di donne, uomini e bambini bianchi esuli dalla violenza, dalla miseria e dalla fame, in cerca di terre promesse. La traversata del vecchio Ezechiele pone così ai giovani lettori (e non solo) un primo quesito cruciale, echeggiato dallo zainetto di Omar — icona di infanzie migranti — riempito di oggetti per lui fondamentali: se tu dovessi partire all’improvviso, per un lungo viaggio verso l’ignoto, cosa porteresti con te? Cosa ritieni sia davvero essenziale, cosa ha per te tanto valore da non riuscire a separartene mai? E si intitola allora proprio #GliOggettiEssenziali il progetto online, in costruzione  sul sito de Il Castoro, nato come proposta di riflessione per ragazzi ma anche adulti (insegnanti, librai, educatori, bibliotecari…), generata dal romanzo di D’Adamo per tracciare una sorta di “mappatura affettiva” nazionale degli oggetti essenziali di chiunque (grande o piccolo che sia) voglia dare il proprio personale contributo all’iniziativa. Partecipare è semplice: basta condividere una foto, un video, una riflessione sui social utilizzando l’hashtag #glioggettiessenziali, oppure inviare i materiali alla casa editrice Il Castoro (email: ufficiostampa@editriceilcastoro.it) indicando nome, luogo in cui si vive, età. Lo zainetto, contenitore simbolico e strategico per questo gioco-censimento che induce a guardare le cose in modo diverso, può essere quello che si usa tutti i giorni, o se ne può anche creare uno ad hoc. L’importante è scegliere ciò che conta: prima di “partire” per il viaggio che insegna a vivere.

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