Mezzaqui, al Madre gli sguardi incrociati di arte e poesia

Quarto appuntamento del ciclo di dialoghi "Costruire comunità" curato da Monica Coretti

Ciclo di incontri al Madre
Ciclo di incontri al Madre
di Donatella Trotta
Mercoledì 22 Febbraio 2023, 22:50
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Incroci di sguardi. Per tessere trame e orditi di comunità attraverso l’arte:  linguaggio radicale dell’anima. Potente come la poesia, e la musica. Percorsi di creat(t)ività che disegnano nuove mappe est/etiche, riflesse da “soggettività nomadi” capaci di porsi in dialogo con il creato e le sue creature, in costante ascolto di segni restituiti come manufatti (e mentefatti) originali. Unici. Entra nel vivo al Madre (il museo d’arte contemporanea in via Settembrini 79, a Napoli) il ciclo di incontri «Costruire comunità. Dialoghi con personaggi del mondo dell’arte», ideato e curato da Monica Coretti, scrittrice, promotrice culturale e aziendalista con una laurea in cinese e inglese e un Master in Business Administration allo Stoà/Mit messi a disposizione di un impegno civile declinato in diverse realtà museali, e non solo. «Obiettivo degli incontri – spiega Coretti – è dare voce a personaggi del mondo dell’arte contemporanea che hanno contribuito con la propria vita, quindi con la propria opera d’arte, alla costruzione della visione del bene comune. E raccontando il loro impegno nell’arte come cammino di vita e come strumento per costruire comunità, si cerca così di sfatare tanti luoghi comuni e di guardare le cose con uno sguardo altro».

Ne sa qualcosa Sabrina Mezzaqui, eclettica artista emiliana ospite, domani (giovedì 23 aprile, ingresso libero) alle ore 18, del quarto appuntamento della rassegna, in un incontro dal non casuale titolo «Lo sguardo incrociato».

Originaria di Marzabotto, cittadina che non solo è sito archeologico etrusco (il cui impianto è quello meglio conservato in Europa), ma anche luogo della strage del Monte Sole compiuto nel 1944 dai nazisti, Mezzaqui sembra aver assorbito da questo peculiare humus una forte ispirazione per le sue opere materiche, intrise parimenti della delicatezza della poesia e dell’energia di un potente gesto politico: perché dalla sua terra segnata, in tutti i sensi, dalla Storia e da un robusto spirito civico − riverberato da una educazione collettiva improntata alla corresponsabilità consapevole, alla tutela della memoria, della pace e dei diritti umani − attinge linfa creativa vitale, per veicolare messaggi di trasformazione non violenta dei conflitti. Anche attraverso la scelta e l’uso di eterogenei strumenti e supporti artistici: foto, video accanto a ricami, disegni, sculture realizzati componendo creazioni fatte di semplici oggetti e materiali concreti di uso quotidiano, come i libri, la carta, lo scotch, la colla, e poi perline, ago, filo.  

Assemblage e creazioni che l’hanno portata a esporre in spazi pubblici e no profit in Italia (tra i quali la Galleria d'Arte Moderna di Bologna, Castel sant’Elmo di Napoli, il Museo Civico d’Arte-Palazzo dei Musei di Modena, la Galleria Nazionale-Palazzo della Pilotta di Parma, il Palazzo delle Papesse di Siena, la Fondazione Rovati di Milano) e all’estero (PS1 di New York, Bengal Art Lounge di Dhaka, Istituto Italiano di Cultura–MOCA di Buenos Aires, Istituto Italiano di Cultura di Stoccolma). Ma anche a collaborare con realtà prestigiose come la galleria Massimo Minini e la Galleria Continua. Non solo. Mezzaqui ha anche curato, con Roberto Piloni (romano, classe 1966, da anni impegnato in un’analisi delle strutture essenziali dello spazio pittorico, orientato nella sua ricerca verso una progettualità che considera sempre più importante il rapporto tra lo spazio e l’opera installata) il laboratorio «Preferirei di no», organizzato all’Accademia di Belle Arti di Roma, dove Piloni insegna; e, con la Libera Università di San Gimignano, ha curato anche il laboratorio seminariale sulle Enneiadi di Plotino.

Il dialogo a Napoli di Mezzaqui con Coretti, accompagnato da immagini, sarà preceduto da un breve video (Impressione, video di Piier) dove le parole poetiche di Mariangela Gualtieri ispirate dalle opere dell’artista emiliana faranno da sfondo alle immagini delle opere stesse. Dopo i precedenti incontri con Anna Ferrino, imprenditrice, collezionista, past president di Fondazione Arte CRT sul tema «Arte espressione di impegno civile»; con l’artista iraniano Pejman Tadayon, che tra musica, prosiezioni e dialoghi ha raccontato il suo «Iran: le mille e un’arte» e il terzo appuntamento con  Micol Forti, curatrice della Collezione di Arte Moderna e Contemporanea dei Musei Vaticani, in un incontro dal titolo «Il filo di Arianna», il quarto appuntamento del ciclo proietta insomma in una dimensione che intreccia poesia e arte. E la poetica di Mezzaqui viene così sintetizzata, alla vigilia dell’incontro, dalla curatrice: «lavora con lentezza e pazienza lasciando spazio allo scorrere del tempo. Nella ripetizione dei gesti, vi è un’analogia tra la sua pratica artistica, i lavori femminili tradizionali e una forma di meditazione religiosa. In realtà, come afferma Mezzaqui stessa, il suo lavoro è fatto da molte persone “sia visibili (scrittori, poeti...), sia invisibili, tutte le persone con cui collaboro alla realizzazione delle opere». Così, aggiunge Angela Tecce, direttrice del Madre, i tavoli ed i laboratori di lavoro di Sabrina Mezzaqui sembrano proprio «ricostruire un’idea di comunità a partire appunto dalla condivisione di un lavoro umile e ripetitivo, condotto da individui che attraverso l’ascolto di sé stessi sanno aprirsi all’ascolto e alla condivisione con l’altro, e attraverso l’altro ridare forma al mondo. La costruzione di un senso è affidata al procedimento stesso del dedicare tempo ad un’attività che se è vero che è ideata dall’artista si sostanzia restituendo valore al “fare” di un gruppo. Mezzaqui non vuole sfidare il destino globale dell’arte contemporanea, e quindi dello smarrimento del suo significato “politico”, ma se ne fa carico per ridare qualità etica ed estetica a ciò che, per troppa familiarità, sembra essersi perduto nel tumulto del quotidiano». E partendo dall’idea che «tutte le opere d’arte sono sempre comunitarie», l’artista, con ferma gentilezza, riesce così a creare legami stretti e profondi tra persone, artisti di linguaggi diversi, istituzioni, aiutandoci a capire cosa sia essere – davvero - comunità. In una società disgregata.

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