Pastori ammalati, guaritori e ciarlatani: nelle sale del Lazzaretto dell'ex Ospedale della Pace un insolito "presepe scientifico"

In mostra fino a dopo l'Epifania in via Tribunali

Il presepe nel Lazzaretto
Il presepe nel Lazzaretto
di Donatella Trotta
Lunedì 26 Dicembre 2022, 22:55
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La grande fortuna del presepe napoletano - rispetto a quello originario di san Francesco, che rappresenta la Natività divina - è legata al fatto che intrecciando terra e cielo, eterno e presente, simbolo e realtà diventa, ogni anno, una rappresentazione che rispecchia soprattutto l’umanità. Con tutte le sue fragilità, imperfezioni e vulnerabilità. Per questo, come ci ricordano tra gli altri Marino Niola ed Elisabetta Moro nel loro libro sull’argomento, edito da Il Mulino, il presepe napoletano è amato da credenti e non credenti, conquistando l’immaginario globale: perché «la versione partenopea della nascita di Gesù è un teatro della devozione dove si fondono e si confondono sacro e profano». E dove la Storia riesce allora a incarnarsi nelle molteplici storie cui si aggiungono, ogni anno, personaggi dell’attualità.

Sembra prendere le mosse da queste premesse un singolare e originale “presepe scientifico” in mostra, dal 14 dicembre fino a dopo l’Epifania, nella sala del Lazzaretto dell’ex Ospedale della Pace in via dei Tribunali 227 a Napoli, con l’eloquente titolo: «Incurabili pastori e guaritori ciarlatani». Ambientato in una corsia dell’antico sito storico − destinato per vocazione ad accogliere in passato malati infettivi di epidemie e pandemie − il presepe espone infatti cento pastori realisticamente affetti da svariate patologie, affiancati da medici, speziali e cerusici in costumi settecenteschi e situati, tra minuterie ad hoc, in scene di ordinaria assistenza dell’epoca, come si poteva vedere allora per le strade della città. Tra i tanti pastori di collezione privata − alcuni antichi, altri creati da artigiani-artisti contemporanei come i fratelli Scuotto de La Scarabattola, Marco Ferrigno, D’Auria e Ulderico Pinfildi, tutti di eccellente fattura nella scia della lezione di Giuseppe Sammartino −, un paziente dolorante in attesa di cure da parte del cavadenti, un malato con ascite visibilmente ubriaco, e ancora un sifilitico, un cieco, accanto a creature deformi, storpie, diabetiche o colpite da lebbra, peste, colera, ulcere, gozzi e cisti sotto il cuoio capelluto.

Non mancano neonati abbandonati nella Ruota degli Esposti e accolti nella Real Casa dell’Annunziata, che è stata la prima istituzione in Europa a prevenire, nel XIV secolo, l’infanticidio, o feriti da armi da taglio; né mancano scene cruente come una trapanazione cranica o l’amputazione di una gamba da parte di chirurghi on the road, mentre uno spazio specifico, con tanto di alambicchi anfore e scaffalature lignee zeppe di volumi è dedicato a monaci alchimisti e monaci speziali. In arrivo, a gennaio, pure un’ambulanza borbonica che raccoglie feriti garibaldini.

Sullo sfondo, in alto, la Sacra Famiglia contempla questa brulicante e pittoresca umanità dolente che nella mostra, promossa dal Museo delle Arti Sanitarie e Storia della Medicina di Napoli con il contributo della Regione Campania nell’ambito del Piano per la Promozione culturale 2022, accentua non a caso la rappresentazione della malattia e della cura: «Nel pieno rispetto dello spirito del presepe napoletano − spiega Gennaro Rispoli, medico chirurgo e direttore scientifico del Museo delle Arti Sanitarie − che nel suo “secolo d’oro” tendeva a rappresentare tutto ciò che si vedeva per strada, dunque anche le deformità dell’umanità. La mostra diventa perciò non soltanto un omaggio a tutti i malati del mondo, agli operatori sanitari e alle istituzioni che da sempre assicurano la cura della salute, ma soprattutto una preziosa occasione di narrazione della storia della medicina, che perciò si affianca all’esposizione “Pianeta Pandemia. Storie di epidemie e vaccini”: entrambe, parte del progetto di un Museo per la Salute che la compianta Mia Filippone, vicesindaco di Napoli prematuramente scomparsa, caldeggiava vivamente», conclude Rispoli.

Entrambe le mostre sono visitabili nei giorni martedì, venerdì, sabato e domenica dalle ore 9.30 alle 13.30. Una prospettiva insolita e attualissima, che arricchisce l’offerta culturale a tema presepiale che durante le festività natalizie da sempre fiorisce in città: basti solo pensare, per citare alcuni esempi significativi, alla duplice esposizione al MANN (Museo Archeologico Nazionale di Napoli) del «Presepe Cortese», curato da Fabrizia Fiore in un suggestivo allestimento multimediale realizzato da Marco Capasso in tre sale limitrofe alla Meridiana (fino al 31 gennaio 2023), e al presepe «Un Re, una Capitale, un Presepe. Tra illuminismo arcadia e archeologia», allestito dall’Associazione presepistica napoletana presieduta da Adriana Bezzi, direttore artistico Maurizio Nicolella (fino al 14 febbraio nella Sala della Villa dei Papiri), per riprendere lo storytelling presepiale dei primi scavi a Ercolano e Pompei durante il regno di Carlo di Borbone scelti tra pitture, bronzi e sculture delle collezioni del Mann e raccontare così il riflesso che le riscoperte hanno avuto sui presepi allestiti a corte e nelle case della nobiltà napoletana dalla seconda metà del XVIII secolo.

Oggetto d’arte, di culto e di forte risonanza simbolica nelle famiglie, non soltanto partenopee (come dimostrano due libri ormai classici contemporanei sull’argomento, il racconto poetico natalizio Uma estrela/Una stella di Manuel Alegre, edito da Sinnos e Cieli di carta di Maria Orsini Natale, pubblicato da Avagliano) il presepe continua insomma a riservare sorprese, anche nella sua inedita variante “scientifica”. Che può aiutare ad approfondire, laicamente, il nesso olistico tra corpo e anima, visibile e invisibile, psiche come materia inestesa e materia come psiche estesa, per dirla alla Marie-Louise von Franz. Ricordando magari, come l’ex Ospedale della pace riecheggia nella monumentalità delle sue sale del Lazzaretto, che − come intuì Gorgia − «La potenza della parola nei riguardi delle cose dell’anima sta nello stesso rapporto della potenza dei farmaci nei riguardi delle cose del corpo». E che si può curare anche con l’educazione delle giovani generazioni: come il racconto del presepe per un Museo didattico della Salute può aiutare a fare.

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