“Pazzaria” di Cacciuttulo, in scena al Teatro Immacolata una Passione in dialetto napoletano

Da venerdì a domenica la commedia musicale tragicomica con la compagnia I cavoli a merenda

“Pazzaria” di Cacciuttulo, in scena al Teatro Immacolata una Passione in dialetto napoletano
di Donatella Trotta
Giovedì 23 Marzo 2023, 20:00
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Quali sono i confini tra (presunta) normalità e (sedicente) follia? E a chi appartiene, a pieno titolo, l’etichetta di “pazzo”? In tempi di accentuato disagio di civiltà l’interrogativo si ripropone con particolare forza, echeggiato da alcuni versi laicamente spirituali e ancora attuali di Emily Dickinson: Molta follia è saggezza divina –/ per chi è in grado di capire –/ Molta saggezza – pura follia –/ Ma è la maggioranza/ in questo, in tutto, che prevale –/ Conformati: sarai sano di mente –/ Obietta: sarai pazzo da legare –/ immediatamente pericoloso e presto incatenato.

Sembra prendere le mosse proprio da quest’annosa contrapposizione − che rinvia evidentemente a una pluralità di temi “eticamente sensibili”, tra i quali il contrasto tra potere e pensiero divergente, legalità e giustizia, diritti e Diritto, “ethos” e “nomos”, ossia valori etico-morali e regole giuridico-politiche − lo spettacolo «Pazzaria», che la compagnia teatrale “I Cavoli a merenda” mette in scena da venerdì 24 marzo a domenica 26 marzo, presso il Teatro Immacolata a Napoli (via Francesco Giuseppe Nuvolo 9, ad. Piazza Immacolata: venerdì e sabato alle ore 20,30, domenica alle 17,30), con la regia di Marianna Ambrosino e l’interpretazione, accanto alla stessa regista, di un variegato quanto appassionato cast parteno-flegreo intergenerazionale: Michela Corcione, Marina De Franchis, Aaron Insenga, Davide Lancia, Carlo Priore, Graziella Scotto di Vettimo (soprano), Nicola Scotto Di Vettimo, Rosaria Tarallo e Maria Rosaria Testa.

Il lavoro è una commedia musicale “tragicomica” in due atti e in vernacolo napoletano il cui testo e musiche sono stati composti da Vincenzo Cacciuttolo, eclettico psichiatra (dirigente medico dell’Asl Napoli 2 Nord), psicoterapeuta, pianista, compositore, regista teatrale e artista originario di Procida, da sempre impegnato nel sociale, nella cultura e nell’educazione dei più giovani, purtroppo prematuramente scomparso il 22 maggio del 2022: pochi mesi dopo aver completato la rielaborazione integrale e definitiva di questo lavoro (con un ampliamento del Prologo e un rifacimento dell’intero apparato musicale, arricchito di nuove canzoni e nuovi interpreti) la cui prima stesura, e felice debutto teatrale, risale al 2008.

L’autore, che ha lasciato un immenso vuoto nelle comunità di Procida, Ischia e Napoli dove il suo impegno si è prodigato per decenni con generosa creatività ed entusiastica passione, non ha fatto dunque in tempo a vedere realizzata la nuova e definitiva messinscena come desiderava e che, domani, avrà pertanto il sapore di un omaggio postumo e insieme di un testamento spirituale.

Perché «Pazzaria» − titolo eloquente e non solo per l’esplicito richiamo alla professione ufficiale del versatile, talentuoso drammaturgo-artista della vita − racconta, nell’imminenza della Pasqua cristiana, una peculiare, laicissima e umana, troppo umana Passione di Cristo, in una inedita versione in dialetto partenopeo che prende spunto dai Sacri Misteri medievali e mette in scena in poco più di un’ora la “commedia umana” che si consuma, in una notte e un giorno, con una varietà di registri che screziano il tono grottesco di molte situazioni rappresentate con improvvise sfumature di comico e pennellate di tragico, inframezzate da intermezzi musicali di gusto ibridato medieval-popolare e mediterraneo (con la consulenza di Sandro Massa) riverberato anche dalle scenografie, curate artigianalmente, su progetto grafico e bozzetto delle scene di Aldo Latteri, da quell’Associazione Isola dei Misteri che a Procida in tanti anni ha collaborato con Cacciuttolo.

La “pazzaria” che accomuna in fondo tutti i personaggi, senza distinzioni come Sorella Morte nella Livella di Totò, è infatti un filo rosso che lega rudi soldati inconsapevoli, come ci narrano i Vangeli, di ciò che fanno: donne pettegole capaci di “inciuciare” con superficialità su tutto, e ancora Maria di Magdala che pur redenta da Cristo è destabilizzata dal suo conflitto interiore tra amor sacro e amor profano, mentre Maria di Nazareth, folle di dolore, fatica ad accettare la morte del Figlio e persino la Morte, spogliata letteralmente dei suoi panni, rivela umane fragilità e debolezze. L’unico matto davvero patentato, il “Mattazzone” che da solo contro tutti vorrebbe salvare il Redentore dall’infamia della Croce, è di fatto il più simile a Gesù stesso: profeta talmente folle da cambiare la Storia con l’estremo sacrificio di sé – per amore, solo per amore − per salvare l’umanità. Per questo, dall’assunto del Prologo fino allo struggente inno al sole che chiude lo spettacolo − quasi una preghiera laica perché la follia dell’amore riesca davvero a cambiare il mondo − l’invito è a ripensare i confini tra normalità e pazzaria.

Se è infatti più facile rifugiarsi nella comodità che incasella creature in apparenza stravaganti, o difformi dalle regole, anticonformiste e controcorrente, con la loro visionarietà in direzione ostinata e contraria alle masse, è anche vero che in esse possono annidarsi santi, rivoluzionari, poeti e profeti. I quali persino dietro una maschera (come quella di Pulcinella, “il filosofo che fu chiamato pazzo” con la sua ostinazione infantile di chiedersi sempre il perché delle cose, a trovarne il senso), o nei panni del bambino innocente che nella celebre fiaba di Andersen I vestiti dell’imperatore è il solo a gridare che il re è nudo, (s)velano le ipocrisie di ogni potere con la luce della verità. Forse anche per questo, come recita la saggezza popolare, «A pazze e piccerille Dio l’aiuta».

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