Scarpelli, le passioni di Furio al festival dei libri come... libertà

Scarpelli, le passioni di Furio al festival dei libri come... libertà
di Donatella Trotta
Venerdì 15 Marzo 2019, 15:28
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«Libri Come…» libertà. È una parola chiave impegnativa, quella scelta dalla decima edizione della festa del libro e della lettura in corso a Roma nell’Auditorium del Parco della Musica, da ieri fino a domenica. «Cosa significa oggi libertà, tra i confini solidi degli stati e quelli fluidi della rete? Libertà di ricerca e libertà di insegnamento sono sotto pressione: nella sua stanza, davanti alla pagina bianca, come si comporta l’intellettuale, chi tesse storie e racconta idee?». A chiederselo è Marino Sinibaldi, curatore con Michele de Mieri e Rosa Polacco della rassegna una produzione Fondazione Musica per Roma: «Sono domande fondamentali – prosegue Sinibaldi -. Anche solo porsele è un modo per combattere la violenza, l’assuefazione, la distrazione, ossia le forze che oggi sembrano stringere da vicino la libertà, fino a minacciarla nella sue più profonde radici. Significa affrontare un paesaggio culturale e politico complicato: dopo che per decenni l’area della libertà pareva allargarsi, tornano minacce, sospensioni, emergenze. Regimi formalmente, apparentemente democratici non riconoscono alcune libertà fondamentali, come quella di espressione, o la separazione dei poteri riempiendo le galere di giornalisti e scrittori»...

Non è allora un caso che questa parola chiave, “libertà”, ben si attagli alla figura e all’opera di Furio Scarpelli (1919-2010) che domenica 17 marzo, alle ore 15, sarà celebrato in un incontro tra cinema e fumetti sul suo romanzo/film disegnato “di tormenti d’amore” (e non solo), dal titolo Passioni, pubblicato postumo da Gallucci in una magnifica edizione curata da Paolo Eleuteri Serpieri, Filiberto Scarpelli e Giacomo Scarpelli (il quale sarà presente con  Ricky Tognazzi, Walter Veltroni e Paolo Virzì, coordinati da Leopoldo Fabiani). E non soltanto perché questa avvincente graphic novel scritta e illustrata dal grande sceneggiatore (in coppia con Age, ossia Agenore Incrocci) della migliore commedia all’italiana è ambientata nella Roma fascista degli anni ’30; ma anche e soprattutto perché lo spirito libero, anticonvenzionale ed eclettico di Furio Scarpelli, che è stato anche narratore di gran calibro, scrittore, giornalista, scenografo, artista, disegnatore satirico e illustratore figlio d’arte (il padre Filiberto, napoletano, classe 1870, fondatore del giornale umoristico “Il Travaso delle idee”, fu fino alla morte nel 1933 celebre giornalista, disegnatore satirico, umorista e artista d’avanguardia), continua a provocare argutamente, con lo stesso lieve sorriso amaro e la spietata ironia corrosiva dell’autore, nelle pagine di questo «manuale di recitazione eccessiva in forma di fumetto romantico»: come egli stesso ebbe scherzosamente a definirlo, mentre cercava un titolo adatto alla sua ultima fatica creativa, lungamente concepita e realizzata con certosina pazienza e tenacia (Passioni, certo, ma poi anche Tormenti, Delirio, Fiaccole di vita…).

Il libro a fumetti, che racconta la storia di un triangolo amoroso tra Lolli - diciannovenne fattorina della biancheria lavata e stirata nella bottega della madre - l’avvocato Rinaldo Maria Bonci Pavonazzi e il terzo incomodo Mario, studente squattrinato e pugile a tempo perso, è una originale, modernissima e visionaria prova di virtuosismo che pervade del resto l'intera opera di Furio Scarpelli, nella sua genealogia di padre in figlio: un virtuosismo intriso di amore e meticolosa cura artigianale del dettaglio nelle illustrazioni con tecniche diverse, ma anche di puntigliosa attenzione filologica al parlato, con tutte le sue sfumature; una maestria declinata nel gusto del paradosso e nell’abilità manipolatrice, provocatoria e irriverente della lingua, con continui giochi di parole; una cifra stilistica inconfondibile, impastata di un umorismo sottile che conferisce leggerezza e profondità a un intreccio complesso ma coerente e ricco di sorprese, modulate anche in dialoghi serrati e vivaci.

Un’opera senile, insomma, estremamente “giovane”, perché innovativa, visionaria e coerente con l’incessante ricerca estetica portata avanti da Furio Scarpelli fino a poco prima di spegnersi, 91enne, il 28 aprile 2010: come dimostrò anche la mostra/omaggio «Le passioni di Furio» che realizzammo nel foyer del Teatro Bellini a Napoli, per il suo novantesimo compleanno il 16 dicembre del 2009, selezionando con amici e sodali ed esponendo per un mese a Napoli (e poi a Roma) un patrimonio sorprendente di bozzetti originali, ritratti, quadri, tempere, acquerelli, stampati d’epoca della produzione giornalistico-satirica giovanile (da il Balilla, Cantachiaro, Soffia so’, il Marcaurelio, il Tifone, etc.), titoli di testa per film dell'amato Totò e disegni in gran parte inediti, proiettando a loop un video-intervista realizzato nella sua casa-studio romana e incontrando infine pubblicamente il grande artista, in dialogo con il figlio sceneggiatore, Giacomo, in una irripetibile conversazione prenatalizia che conferì un sapore diverso, in quei giorni, anche alla proiezione del film animato Opopomòz di Enzo D’Alò, tratto dall’omonimo e geniale racconto per bambini di Furio Scarpelli (autore anche, con il figlio Giacomo, di un’altrettanto geniale riscrittura illustrata dell’Isola del Tesoro di Stevenson pubblicata da Gallucci con il titolo Estella e Jim nella meravigliosa Isola del Tesoro, che facemmo insignire dello storico premio di letteratura per ragazzi Cento).

Basterebbero, in questa sede, solo questi sommari cenni a segnalare - doverosamente - il bell’evento culturale di domenica a Roma e a connotarne il valore e l’interesse persino educativo, nel segno vitale delle “passioni di Furio” di cui si sente tanto il bisogno, in questa epoca di passioni tristi. Ma se libertà è anche consapevolezza (e rispetto) del senso della memoria, a chi ha avuto il privilegio (e il dono) di incontrare lungamente, per la realizzazione della mostra napoletana e del video, il Maestro quasi novantenne - nella sua casa-studio a Roma, colma di ricordi e segni del suo inesauribile percorso creativo - sia concessa un’ultima considerazione. Che è poi un messaggio non irrilevante, lasciatoci in consegna da un autore poliedrico e riservato, colto e raffinato, intriso di letture di classici ma mai pedante che ha sempre coltivato, con sorridente leggerezza priva di ostentazioni, la propria irrinunciabile vocazione profonda all’arte del raccontare: per immagini e parole. Sulla carta o al cinema. «Ho cercato di divertirmi stando in disparte - mi confidò lo scrittore commentando il suo impegno e prefigurando l'era della vacua fenomenologia del selfie-. Oggi è più difficile: se l’ego non è trionfante, non esplode, è infelice. Noi invece ci siamo dedicati agli altri dimenticando  noi stessi, abbiamo assaporato la felicità di dedicarsi agli altri dimenticando se stessi. Non è moralismo, ma una cosa concreta». Già. Considerazione che fa il paio (tra le tantissime che si potrebbero selezionare da quell’incontro sul valore della narr/azione) con una lettera che l’artista scrisse a Galli Della Loggia motivando le proprie dimissioni da consigliere della Biennale, su cui c’è di che meditare: «…si tratta – spiegava Scarpelli - di ansie e furori narcisistici attorno a poltrone, seggiole e sgabelli che danno l’idea che vengono coinvolti tutti insieme, potere, contropotere, anticontropotere e controantipotere. Tutte queste cose, per una imperdonabile abitudine che ci viene dal mestiere, tanti come me sono abituati a considerarle con ironia, specie quando capita di raffrontarle con gli eventi davvero drammatici che sovrastano il nostro Paese. Ritengo che per risolvere certi gravi problemi della cultura sia necessaria, oltre al garbo, anche una certa leggerezza, che è una delle facce della saggezza e dell’etica». Già.
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