Valeria Bruni Tedeschi: «Se aiuta a ridurre i gap la discriminazione degli uomini è giusta»

Valeria Bruni Tedeschi: «Se aiuta a ridurre i gap la discriminazione degli uomini è giusta»
Valeria Bruni Tedeschi: «Se aiuta a ridurre i gap la discriminazione degli uomini è giusta»
di Gloria Satta
Domenica 13 Dicembre 2020, 08:59 - Ultimo agg. 09:37
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«Anne Hidalgo multata perché ha nominato troppe donne nei posti-chiave del Comune? Mi pare assurdo. E io sono dalla parte della sindaca», reagisce a caldo Valeria Bruni Tedeschi. L'attrice e regista, 56 anni, due figli, italiana di nascita ma naturalizzata francese e residente a Parigi fin dall'infanzia, non è soltanto una voce autorevole del cinema europeo: da cittadina e da artista, è impegnata da sempre nelle battaglie contro ogni tipo di diseguaglianza sociale, culturale, politica, di genere.


Non crede che Hidalgo abbia applicato una discriminazione positiva che penalizza gli uomini?
«Assolutamente no.

Sono convinta che la sindaca abbia nominato delle donne ai vertici del Comune perché queste se lo meritavano: in base alle competenze erano le persone giuste per i rispettivi ruoli».


Ma gli uomini si sono lamentati perché questa scelta ha finito per danneggiare loro, ridotti a una minoranza.
«Mi fanno semplicemente ridere, questa protesta è ridicola».

Perché pensa che, in materia di parità, le donne abbiano troppi arretrati da colmare?
«È così. C'è ancora tanto lavoro da fare per cambiare la mentalità retrograda della società. Gli squilibri da correggere sono infiniti e per superarli c'è bisogno di atti significativi, magari decisi d'autorità e a volte un po' forzati. Ma necessari, come aiutare un bambino a nascere con il forcipe».


E la discriminazione a favore delle donne è una misura necessaria?
«Fermo restando che per me Hidalgo non ha agito per svantaggiare i maschi ma per garantire l'efficienza del proprio ufficio, ho ragionato sul problema della discriminazione positiva e sono arrivata a una conclusione: per superare la disparità, in questo periodo storico è inevitabile favorire le donne».


Approva dunque le quote rosa?
«Certo. Vanno applicate in tutti i settori della nostra vita per garantire alle donne le stesse opportunità degli uomini, ma sono anche convinta che si tratti di un espediente a termine».

E in che momento le quote rosa potranno essere abolite?
«Solo quando la società si sarà evoluta e la mentalità sarà finalmente cambiata. Ci vorrà ancora del tempo, è un problema di cultura e di educazione. E non riguarda soltanto le donne».


Chi altro?
«Mi riferisco all'intera società che oggi ospita discriminazioni e pregiudizi. È la conseguenza degli errori della storia che ha sempre bistrattato le minoranze. E questi errori vanno raddrizzati. Verrà il giorno in cui verrà considerato normale farsi operare da un chirurgo donna ma anche da un chirurgo nero. E allora non ci sarà più bisogno che la parità venga imposta. Ma quel giorno è ancora lontano, siamo ancora culturalmente maleducati».

In quali settori c'è più bisogno, secondo lei, di imporre l'eguaglianza?
«Non solo nella medicina, ma un po' in tutti gli ambiti del lavoro. Perfino nella cucina: le donne hanno sempre fatto da mangiare, ma guarda caso gli chef stellati sono tutti maschi».

Il cinema è un ambiente discriminatorio?
«Quando ho iniziato io, una trentina d'anni fa, le registe erano pochissime e io stessa, al primo film, sono stata guardata con un certo sospetto. Ma oggi, almeno in Francia, le cose sono molto cambiate e dietro la cinepresa non c'è più differenza tra uomini e donne. Eppure si fa ancora fatica ad affidare il ruolo di protagonista ad un'attrice nera. Dobbiamo combattere per smantellare anche questa discriminazione se vogliamo il vero cambiamento».

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