Violenza, case appena confiscate alla criminalità ospiteranno le vittime: a Roma progetto pilota

Violenza donne, case appena confiscate alla criminalità ospiteranno le vittime: a Roma progetto pilota
Violenza donne, case appena confiscate alla criminalità ospiteranno le vittime: a Roma progetto pilota
di Maria Lombardi
Mercoledì 22 Gennaio 2020, 14:25 - Ultimo agg. 2 Marzo, 02:18
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Cinque immobili confiscati alla criminalità organizzata a Roma ospiterannno donne vittime di violenza o sopravvissute alla tratta. Si tratta di un progetto innovativo, il primo di questo genere in Italia e diventarà un modello: il tribunale affida i beni sottratti - in questo caso all'associazione Differenza Donna - quando ancora la confisca non è definitiva e non c'è la sentenza di terzo grado. «Questo consente di evitare che nell'attessa dell'ultimo grado di giudizio gli immobili siano occupati, vandalizzati e vadano in rovina, il che poi richiede alti costi per la ristrutturazione e il riutilizzo», spiega Elisa Ercoli, presidente di "Differenza Donna". «Il tribunale di Roma ci ha assegnato cinque immobili confiscati e questo renderà più fluido il percorso di uscita dalla violenza per molte donne». 

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In una delle case confiscate, in via Tacito, sarà ospitata la sede centrale di "Differenza donna". «Lì faremo la prima accoglienza telefonica, sono circa 150 le donne ogni mese ci chiedono aiuto - continua Elisa Ercoli - e ospiteremo il primo osservatorio sulla violenza alle donne con disabilità».

L'immobile di Ostia, in via della Santabarbara, diventerà la prima casa rifugio per donne che escono dai codici rosa, ossia tutte quelle che si sono presentate al pronto soccorso dopo le violenze subite e non possono tornare a casa. «Saranno ospitate per circa quindici giorni, il rientro a casa le esporrebbe, come ci segnalano le forze di polizia, ad un alto rischio».

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Quella di via Giolitti sarà «la casa di semiautonomia, dove le donne hanno il tempo di consolidare i progetti di fuoriuscita dalla violenza». In via Pompeo Magno sarò lo spazio dei bambini e delle bambine, dove «rafforzare il rapporto madre-figli e dare il tempo alle vittime di elaborare l'esperienza traumatica». In una villa di Fregene saranno accolte le donne sopravvissute alla tratta. Ikea ha donato i mobili per arredare le case.

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«Siamo riusciti a realizzare un'idea visionaria», commenta Guglielmo Muntoni, ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Roma. «In questo modo le assegnazioni dei beni confiscati alle associazione che possono utilizzarle per il bene pubblico diventano più efficienti e con minori costi. Gli immobili confiscati possono essere affittati o affidati per uso pubblico. Il Codice antimafia prevede che siano dati in comodato gratuito, se non vengono utilizzati subito però c'è il rischio che siano occupati e deteriorati». 

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«Una fuga in avanti di cui vado orgogliosa», aggiunge Paola Di Nicola, giudice del tribunale penale di Roma.  «Associare la mafia alla quale si sottraggono i beni con la violenza sulle donne ha un grande valore simbolico. La mafia e la violenza sulle donne hanno le stesse connotazioni: sono pervasive, impongono un sistema  che annulla la libertà, sono omertose, considerano la violenza naturale». 

Paola Paduano, capo del dipartimento Pari opportunità annuncia che si sta lavorando a un «progetto di microcredito di libertà», prestiti per le donne che escono da situazioni di violenza e vogliono ricostruirsi un'altra vita. 

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