Violenza donne, la presidente di BeFree: «Le leggi non bastano, i tribunali spesso sottovalutano i casi»

Violenza donne, la presidente di BeFree: «Le leggi non bastano, i tribunali spesso sottovalutano i casi»
Venerdì 26 Novembre 2021, 11:20 - Ultimo agg. 21 Febbraio, 09:07
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Le leggi per contrastare la violenza contro le donne non mancano,  dalla ratifica della Convenzione di Istanbul al Codice Rosso, e alla recente Legge 134/2021 di ottobre 2021 che introduce nuove misure di immediata applicabilità. Perché  gli effetti delle norme stentano a manifestarsi? Questo l'interrogativo al centro dell'incontro  virtuale organizzato da LAW, Leadership Alliance for Women, il gruppo di lavoro dello studio legale internazionale DLA Piper che si occupa di superare il gende gap.

 Il webinar “Contro la violenza di genere: a che punto siamo?” ha visto la partecipazione di Carmen Chierchia, partner e promotrice di Law, di Francesco Lalli, legal director dello studio, della senatrice Donatella Conzatti, della commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, e di Oria Gargano, presidente di BeFree, Cooperativa sociale contro tratta, violenze, discriminazioni.

Come ricordato anche dalla senatrice Conzatti, in Italia 1 donna ogni 3 giorni viene uccisa e si stima che 6 milioni di donne abbiano subito almeno un episodio di violenza, sia essa fisica, psicologica o economica nel corso della propria vita. «Le norme sono migliorabili ma – almeno quelle penali - colgono solo una parte del fenomeno, quello punitivo - sostiene la senatrice -  per una tutela più profonda e completa occorre lavorare di più sulla prevenzione, sostenendo programmi di educazione che incidano sulla società e rimuovano all’origine le storture che pregiudicano le donne, causano gli squilibri di genere e quindi la violenza».

Nell’ambito della prevenzione rientrano anche le recenti iniziative della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio sulla formazione e sulla rieducazione degli uomini che hanno agito violenza, per permettere loro di partecipare a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero dei condannati».

Costretta a portare il velo: «Non è cultura, è un violento»

Oria Gargano, presidente di BeFree ha ricordato, infatti, che la prevenzione da sola non basta: occorre intervenire sulla protezione delle donne vittime di violenza. Molte delle donne vittime di maltrattamenti non denunciano il proprio aggressore perché non si sentono protette adeguatamente e perché hanno il timore che la protezione loro dovuta diventi addirittura pregiudizievole (temendo, per esempio l’allontanamento dei figli o il dover affrontare gravi conseguenze economiche, perché spesso l’uomo maltrattante è l’unico portatore di reddito del nucleo familiare). Per migliorare gli strumenti di protezione è cruciale la formazione e la specializzazione di tutti gli operatori che professionalmente sono chiamati a gestire casi di violenza: dagli operatori socio-sanitari alle forze dell’ordine, dagli psicologi ai legali e magistrati. Infatti, anche il sistema giudiziario deve predisporre misure correttive dell’assetto attuale: oltre alla specializzazione dei suoi operatori, è necessario migliorare il coordinamento tra processi penali a carico del maltrattante e processi civili, che spesso sono connessi a cause di separazione e affidamento dei figli ma anche promuovendo corsi di specializzazione per magistrati e avvocati. «La violenza di genere è un fenomeno sistemico, trasversale, specifico, culturalmente radicato, un fenomeno endemico sul quale occorre intervenire su tutti gli ambiti e i livelli del vivere», ha dichiarato Oria Gargano, Presidente di BeFree, che nel suo intervento durante il webinar ha evidenziato, attraverso la sua testimonianza, le difficoltà riscontrate dai centri antiviolenza in tutta Italia, soprattutto nell’operatività, insistendo sulla necessità di azioni coordinate e condivise da parte di istituzioni e di altri enti attivi nel contrasto alla violenza di genere.

«Si tratta di una violazione dei diritti umani - continua la Gargano - e l’impegno comune deve essere in primo luogo quello di eliminare gli elementi culturali che, direttamente e indirettamente, producono un’asimmetria di genere. Su questo la Convenzione di Istanbul è chiara e insistente. Per tale ragione, nel comprendere profondamente il fenomeno occorre considerare che le norme, seppur esistenti, almeno nel nostro Paese, non possono mai essere sufficienti a risolvere il problema, perché anche nei tribunali vi è spesso una sottovalutazione, grave e tutta culturale, degli episodi. Serve insistere, educare, uscire dalla dimensione privata, se davvero vogliamo in modo radicale sconfiggere una piaga che non ha classe sociale, colore, geografia».

Cosa ci aspetta per il prossimo futuro? La senatrice Conzatti ha ricordato che il Presidente del Consiglio Draghi ha inserito la promozione della parità di genere tra le priorità della legislatura e che l’impegno delle istituzioni su questo argomento continua anche nella prossima Legge di Bilancio, che rende strutturale il piano strategico di finanziamento per il contrasto alla violenza sulle donne, stanzia 5 milioni per la comunicazione nazionale sulla parità di genere, non demandando alle singole regioni, e assegna 5 milioni per la formazione degli operatori. «Lo Studio legale DLA Piper e LAW - Leadership Alliance for Women, il suo gruppo di lavoro che promuove la parità di genere, ha fortemente voluto questo webinar per affrontare una domanda che tutti noi ci poniamo ogni volta che leggiamo di un femminicidio: cosa non funziona nel nostro sistema normativo? Perché gli strumenti normativi non riescono ad arginare il fenomeno? Le norme da sole non bastano: occorre un vero e proprio cambiamento culturale e tutti noi siamo chiamati a stimolarlo e parteciparvi attivamente», ha concluso Carmen Chierchia. 

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