Aerospazio in ginocchio, Lettieri (Atitech): «È l'ora degli aiuti di Stato, si segua l'esempio francese»

Aerospazio in ginocchio, Lettieri (Atitech): «È l'ora degli aiuti di Stato, si segua l'esempio francese»
di Valerio Iuliano
Mercoledì 9 Settembre 2020, 13:00 - Ultimo agg. 13:03
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«L'aerospazio non ha mai avuto la considerazione che merita. Non c'è mai stata la giusta attenzione al comparto da parte dei governi nazionali». Il patron di Atitech Gianni Lettieri ha le idee chiare sulla crisi dell'aerospazio - con conseguenze rilevanti in Campania - e sulle contromisure da adottare. «Nel comparto ci sono competenze, ci sono aziende efficienti con buoni prodotti, maestranze addestrate e soprattutto ci sono le Università. Eppure non siamo mai riusciti a fare quello che hanno fatto in Francia con Toulouse, un territorio che vive di aerospazio, con importanti investimenti da parte dello Stato. Qui da noi la Regione sta creando i presupposti per valorizzare il settore. Ma non basta. Ci vuole maggiore consapevolezza da parte del governo nazionale e servono interventi strutturali. E a questo si aggiunge anche un altro problema».
 


Quale?
«Leonardo non è più il faro del settore. È venuto meno il ruolo che ha sempre avuto di accompagnamento e stimolo alla crescita dell'indotto in Campania ed è anche per questo che molte aziende sono andate in crisi. Durante la mia presidenza di Confindustria Napoli, avevamo incontri periodici con l'indotto dell'aerospazio e con i dirigenti Finmeccanica. Agli incontri partecipavano i vertici di Leonardo. Mi riferisco a Giorgio Zappa, a Giuseppe Giordo e allo stesso Guarguaglini. Quello spirito oggi si è perso».

Tra gli addetti ai lavori c'è chi paventa una ripresa del settore solo nel 2024. Lei è d'accordo o si tratta di una previsione troppo catastrofica?
«Purtroppo non prevedo tempi brevi. Avremo parecchie crisi e un po' di mortalità di aziende. Per le date della ripresa azzarderei il 2022 o il 2023. Ma bisogna muoversi, non perdere un attimo di tempo e partire con progettualità e investimenti».

Il calo in Campania è frutto della pandemia o ci sono anche altri elementi?
«Mancanza di rete, mancanza di una visione generale. In Campania, pur producendo tutto, dalla fusoliera all'avionica, non è mai decollato un velivolo finito, ma sempre pezzi da assemblare altrove, vedi ATR. Parliamo di aerei di grandi dimensioni, ovviamente. Si era arrivati quasi al punto di partire con il nuovo Turboprop. E poi con il cambio del management Finmeccanica è svanito il progetto».

Che cosa può fare il governo per aiutare il settore?
«Gli aiuti sono stati concentrati sulle compagnie aeree, in particolare su Alitalia. E per il resto non si vede nulla, né per l'indotto delle compagnie nè per la filiera dell'aerospazio né per gli aeroporti. Un errore colossale se si considera il numero di addetti. È giusto l'aiuto alle compagnie ma bisognava fare altrettanti sforzi per il settore industriale. Gli aiuti di Stato ci possono stare in un momento particolare come questo, anzi sono dovuti. Altri Paesi lo stanno facendo, a partire dalla Francia, per non parlare degli Stati Uniti».

Le risorse del Recovery Fund potrebbero tornare utili per l'aerospazio?
«Tutto si può fare se c'è la volontà e la capacità. Certo bisogna discuterne con l'Europa. Ma peggio della crisi sarebbe non approfittare della crisi stessa. L'Italia può usare la crisi per risolvere i problemi del Paese e di interi settori. È un'ottima idea lo sgravio contributivo decennale al Sud ma bisogna attuarlo subito. Altrimenti sarà troppo tardi. In altri momenti l'Europa non lo avrebbe consentito».

Qual è la situazione della sua azienda?
«Atitech è prettamente collegata al comparto delle compagnie aeree.
Ci stiamo difendendo a livello produttivo ma lavoriamo a ritmi ridotti. Ed è un peccato, perché nei primi due mesi del 2020 l'azienda era al +31%, per i ricavi rispetto allo stesso periodo del 2019. Il fatto paradossale è che ci troviamo a subire la crisi delle compagnie mondiali, e di Alitalia, e in più siamo obbligati dai decreti a ricorrere alla Cig straordinaria, e non a quella per Covid. Quindi anticipiamo tutti i mesi la Cig ai lavoratori e l'Inps ce la paga dopo un anno. E inoltre paghiamo l'integrazione del fondo trasporto aereo e dobbiamo subire un costo per contributi all'Inps del 15%».

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