Allarme lavoro: Cig in scadenza
per 189mila lavoratori italiani

Allarme lavoro: Cig in scadenza per 189mila lavoratori italiani
di Nando Santonastaso
Martedì 25 Settembre 2018, 12:38 - Ultimo agg. 16:15
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In un anno, in base ai dati di agosto dell'Inps, le ore autorizzate di Cassa integrazione guadagni, ordinaria e straordinaria, sono diminuite di un altro 35% rispetto al 2017, confermando una tendenza in atto ormai da tempo. Eppure, per circa 140mila lavoratori metalmeccanici la cigs resta l'unica fonte di reddito dopo avere pagato sulla propria pelle la crisi delle loro aziende, con chiusura o ristrutturazione, e più in generale una difficile congiuntura economica. Il guaio è che stanno arrivando al traguardo i 36 mesi previsti dal jobs act per la proroga di questo ammortizzatore sociale, scaduti i quali (per molti lo stop è diventato operativo già ieri) non ci sono che due alternative: i licenziamenti collettivi, nell'ipotesi peggiore, o la proroga di altri 12 mesi della Cassa integrazione con decreto del ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico. Ed è ovviamente questo l'obiettivo al quale puntano i sindacati delle tute blu che già ieri hanno mobilitato un centinaio di lavoratori davanti alla sede del Mise per un presidio di protesta in attesa del tavolo che il ministro Di Maio ha previsto per oggi pomeriggio con i segretari generali delle sigle. Secondo un calcolo dei sindacati, occorrerebbero non meno di 3 miliardi di euro per garantire alla totalità dei lavoratori altri 12 mesi di sopravvivenza, considerate le maggiori uscite legate al sostegno al reddito e ai contributi figurativi e le minori entrate da lavoro (contributi e imposte).

 

BOMBA SOCIALE
Reperirli non sarà facile in tempi di manovra già di per sé così complicata ma la bomba sociale che rischia di esplodere non è affatto trascurabile anche sul piano politico. «Il governo dice il segretario regionale della Uil Campania Giovanni Sgambati - ha fatto bene a occuparsi con l'ultimo decreto dei lavoratori delle aziende che hanno delocalizzato e che erano rimasti fuori dalla Cig ma appare sempre più inevitabile che la stessa misura venga estesa anche ai tantissimi che rischiano di trovarsi a rischio di licenziamento. Noi avevamo messo in guardia il governo Renzi sulla possibilità che gli strumenti conservativi varati con il Jobs act non avrebbero preparato il ritorno degli operai al lavoro pur essendo comprensibile la finalità dei provvedimenti: purtroppo avevamo ragione ma adesso il nuovo governo deve affrontare la questione con la massima urgenza».
Dei 189mila lavoratori complessivamente interessati a questo problema, 140mila sono come detto metalmeccanici. Di essi, quasi 80mia hanno la Cassa straordinaria in scadenza. La metà è concentrata nelle regioni del Nord e lavorava in comparti che vanno dalla siderurgia agli elettrodomestici, dall'elettronica civile all'automotive, alle telecomunicazioni, in pratica tutti i settori strategici dell'industria nazonale. Ma anche al Sud nonostante la minore diffusione di imprese industriali, la situazione non è affatto rosea. Si contano circa 12mila cassintegrati metalmeccanici in Campania, 14mila in Puglia, 8.200 in Basilicata a riprova del fatto che sono molti i tavoli meridionali tra i 144 attualmente all'esame del ministero dello Sviluppo economico. Per restare in Campania ci sono i lavoratori della Whirlpool rimasti esclusi dall'accordo per il rilancio degli ex impianti Indesit dell'area aversana, quelli di Fma del gruppo Fiat (ma potrebbero aggiungersi ad essi anche i cassintegrati dello stabilimento Fca di Pomigliano), e ancora quelli dell'Alcatel del polo di Salerno.

Ma l'elenco è lungo e comprende, secondo una stima attendibile, almeno 28 piccole e medie aziende metalmeccaniche, per non parlare dei circa mille lavoratori che sono rimasti a piedi per effetto della cessazione dell'attività delle loro aziende, per i quali l'emergenza è già da tempo una durissima realtà con cui fare i conti: «Nella nostra regione sottolinea Doriana Buonavita, segretaria regionale della Csl ci sono almeno 200mila lavoratori ormai scoperti da ogni forma di sostegno economico e con scarse politiche adeguate. Siamo sempre più convinti che il concetto di ammortizzatore sociale dovrebbe essere provvisorio e non sostitutivo del reddito da lavoro ma occorre una svolta culturale: più formazione, ad esempio, per recuperare i lavoratori espulsi più anziani a nuove competenze di lavoro, in un sistema di regole da ridefinire con le imprese».
 
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