Anas-Fs, piano da 24 miliardi:
​ora il colosso fa rotta sul Sud

Anas-Fs, piano da 24 miliardi: ora il colosso fa rotta sul Sud
di Nando Santonastaso
Domenica 31 Dicembre 2017, 09:24 - Ultimo agg. 19:41
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Potrebbe guadagnarci soprattutto il Mezzogiorno dalla nascita del colosso delle infrastrutture Fs-Anas. Perché è proprio al Sud che l'ormai ex Azienda nazionale autonoma per le strade, come recita il vecchio acronimo, dovrà spendere la maggior parte dei 24 miliardi del piano triennale 2017-2020 previsto dal Contratto di programma, approvato dal Cipe nell'agosto scorso. Sono risorse destinate a opere da troppo tempo in attesa di interventi decisivi a partire dalla sicurezza, come la ristrutturazione della statale 106 Ionica per la quale il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, Graziano Delrio, aveva già deciso di rivedere la progettazione nell'ambito di una project review complessiva della viabilità nazionale. Ma sullo stesso grado di priorità ci sono anche le strade siciliane, altra vecchia e irrisolta emergenza del trasporto italiano, tra assi autostradali incompleti e problemi di manutenzione enormi.

Dice Ennio Cascetta, braccio destro del ministro Delrio in materia di infrastrutture (è a capo della struttura tecnica di missione del dicastero) e già assessore regionale ai trasporti in Campania: «L'Anas inserita in un gruppo come Fs che si è strutturato in modo moderno e assai competitivo può liberarsi dai vincoli che aveva come società pubblica, sottoposta cioè a una serie di paletti anche burocratici previsti da questo status, e sviluppare all'interno di una holding come quella delle Ferrovie un percorso di flessibilità indispensabile ad appaltare e completare le opere in tempi decisamente più brevi». La memoria corre alla Salerno-Reggio Calabria, l'autostrada del Mediterraneo che l'Anas è riuscita a completare dopo quasi 30 anni e solo grazie alla violenta accelerazione decisa dal governo due anni fa. Quanto si sarebbe risparmiato non solo sul piano temporale ma anche delle polemiche politiche, dei ricorsi al Tar e degli strascichi giudiziari se a gestire l'operazione fosse stata la nuova società appena costituita e in attesa del via libera dell'Antitrust?
 
I numeri dicono che Fs dispone oggi di un know how che Anas non ha, ha bandito gare attraverso Rfi per 4 miliardi di euro nel 2017 e prevede di raddoppiare l'importo nel 2018, e dispone soprattutto di sistemi di controllo interni (vedi alla vice appalti e dintorni) che sembrano funzionare decisamente meglio come dimostrano le tante inchieste della magistratura sulle infrastrutture stradali e sulla loro gestione. Anche da questo punto di vista, insomma, i vantaggi per Anas appaiono robusti: poter contare sulla concretezza e l'affidabilità di Fs in materia di appalti, gare e procedure porrebbe fine ad un sistema di ritardi e di contenziosi che ha frenato persino gli interventi di manutenzione (l'Anas vi destina all'anno appena un miliardo). E che, inoltre, avrebbe rischiato di compromettere la stessa attuazione del Piano triennale: spendere 24 miliardi in queste condizioni sarebbe stato oggettivamente complicato per non dire forse impossibile.

Ma la fusione potrebbe riaprire a tutto tondo anche il discorso sul Ponte dello Stretto, come già aveva lasciato intendere l'ex premier Matteo Renzi che del supercolosso Fs-Anas era stato il primo artefice. Con la fusione le garanzie sul piano progettuale oltre che su quello strettamente tecnico-realizzativo appaiono sicuramente superiori, come lo stesso Cascetta conferma: «Il vecchio progetto è ormai superato e oltre tutto prevedeva competenze diverse tra Anas e Ferrovie perché l'opera comprendeva ovviamente anche l'attraversamento ferroviario. Con il nuovo soggetto appena costituito si può avviare un nuovo iter progettuale, mettendo in campo tutte le competenze acquisite anche sul piano tecnologico da Fs, e attivare novità procedurali come il dibattito pubblico, appositamente previsto dal Codice degli Appalti, che permetterebbe a tutte le comunità interessate di esprimersi senza un clima di inutile litigiosità». L'obiettivo di un progetto integrato affidato ad un'unica stazione appaltante è ovviamente stimolante (tempi, risorse, gare non più senza tempi incerti e lungaggini di ogni tipo) ma ovviamente dipende da una precisa e altrettanto trasparente volontà politica.

E' in ogni caso la dimostrazione dell'effetto potenziale che la fusione può garantire al Sud e all'Anas in particolare che già controlla il 60% del sistema stradale del Mezzogiorno. «Se l'Azienda migliora le sue prestazioni dice ancora Cascetta il ricasco per tutto il Mezzogiorno è automatico. Il Nord dispone di un maggior numero di autostrade e quindi è nelle regioni meridionali che c'è un maggiore bisogno di interventi e ovviamente non solo sul piano manutentivo». Ma nella fusione si può leggere anche un cambiamento epocale di rulli e funzioni: l'utilizzo ad esempio dei cantonieri nel controllo delle linee ferroviarie o l'applicazione alle autostrade dei criteri e delle metodologie che Fs impiega sulle proprie reti per renderle sicure e funzionali. «Pochi sanno dice Cascetta che solo per monitorare e manutenere i viadotti considerati a rischio l'Azienda è costretta a spendere due miliardi di euro all'anno. Una spesa peraltro diventata ancor più urente alla luce degli ultimi episodi di ponti crollati o con problemi seri di staticità. Anche sotto questo versante la nuova aggregazione societaria darà risposte migliori, più tempestive e con un uso di risorse più razionale, sia pure sempre nel rispetto delle norme di legge».

Economie di scala, direbbero gli economisti. Ma con Fs-Anas è nato anche un soggetto di livello internazionale capace di competere su tutti i mercati con maggiori possibilità di successo in gare e progettazioni. «L'ingegneria italiana all'estero osserva Cascetta - è ancora molto apprezzata, specie per i risultati ottenuti attraverso le opere dell'alta velocità. Un mega-gruppo di questo genere aumenta la sua competitività con i colossi stranieri e può ottenere commesse importanti con ricadute significative per l'occupazione». Oltre tutto, una società unica per strade e linee ferroviarie è quasi un unicum: in Europa ce n'è una simile ma in Svezia che non è sicuramente uno dei Paesi al vertice dello sviluppo mondiale ma che è stato lungimirante nell'integrazione dei due sistemi di trasporto. «Anche nel settore delle infrastrutture c'è ormai sempre più una competizione tra giganti e l'Italia con Fs-Anas ha molte carte da giocare», conferma Cascetta.
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