Assunzioni, ecco il piano del governo:
sgravi solo agli under 29 del Sud

Assunzioni, ecco il piano del governo: sgravi solo agli under 29 del Sud
di Nando Santonastaso
Sabato 3 Settembre 2016, 08:40 - Ultimo agg. 4 Settembre, 00:46
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I dati Istat accelerano i tempi delle decisioni. Crescita frenata o appena in salita, conta in fondo poco. Quello che vale è la scelta del governo per investire sui giovani in termini di nuovi contratti di lavoro dal momento che il nodo occupazione è sempre lì, ad ammonire tutti che crescita e sviluppo passano innanzitutto da qui e dal Mezzogiorno, che alla crisi ha pagato un prezzo enorme: circa mezzo milione di posti di lavorio in meno in sette anni e un tasso di disoccupazione giovanile che supera anche il 40%. Nella manovra di ottobre, alla quale i tecnici del ministero dell'Economia e Palazzo Chigi stanno lavorando a tutto spiano, si rafforza l'idea che debba «comunque» entrare la proroga della decontribuzione per i nuovi assunti, visti i buoni risultati ottenuti quando lo sgravio era pieno (8mila euro). E che il provvedimento non debba essere «per forza» a valenza nazionale, com'è stato finora, ma specifico per gli under 29 che abitano nelle regioni meridionali.

Sul tavolo del governo, secondo le ultime indiscrezioni, ci sarebbero al momento su questo fronte tre possibili opzioni. Vediamole nel dettaglio. Con la prima si resterebbe nell'alveo dell'orientamento annunciato nei messi passati: ovvero uno sgravio al 40% per la durata di un anno valido per tutto il 2017 e comunque su base nazionale, senza corsie preferenziali per il Meridione. La seconda prevede un prolungamento dell'incentivo al 20% sempre per la durata di 12 mesi. La terza opzione è quella invece che riguarda il Mezzogiorno e sulla quale le probabilità di applicazione crescono con il passare delle ore: ovvero, sgravi robusti, ma concentrati su under 29 del Sud per un periodo comunque non superiore a un anno. Che le risorse siano tutte del governo o anche delle Regioni direttamente coinvolte, come avviene già per la Campania, è un profilo da valutare: ma la seconda ipotesi appare la più credibile.

Gli stessi dati Istat hanno evidenziato un aggravarsi della situazione occupazionale per i giovani: il tasso di disoccupazione è salito a luglio al 39,2 per cento. La proroga della decontribuzione non esclude a priori un intervento sulla detassazione dei salari di produttività, che, secondo i tecnici del governo, sarebbe uno stimolo non trascurabile per spingere la crescita. L'idea allo studio, a Palazzo Chigi, è passare dagli attuali 2mila euro (2.500 in caso di coinvolgimento paritetico nell'organizzazione del lavoro) a 3-4mila euro di bonus, coinvolgendo anche quadri e una fetta della dirigenza non apicale, con l'allargamento del limite di reddito per beneficiare della cedolare secca, da 50mila euro, oggi in vigore, a 70-80mila euro lordi annui.

Di sicuro Lo scenario dell'occupazione (non solo giovanile) resta in chiaroscuro. Il governo difende a spada tratta il jobs act e ricorda che «i rapporti di lavoro a tempo indeterminato instaurati attraverso le agevolazioni contributive nel corso del 2015 sono stati 1.547.934, con un impatto proporzionalmente maggiore sul lavoro femminile (64,3% di assunzioni agevolate sul totale delle assunzioni e trasformazioni contro il 60,2% per gli uomini) e sui giovani (68,7 % contro una media generale del 61,8%)». Per quanto riguarda le cessazioni dei rapporti di lavoro nel 2015 è emersa «una tendenza alla riduzione dei licenziamenti promossi dal datore di lavoro, mentre più sostenuta è apparsa la dinamica delle dimissioni rese dai lavoratori. In particolare, i licenziamenti passano tra il 2014 e il 2015 da 714.955 a 652.525, mentre le dimissioni volontarie crescono da 804.099 a 915.578». Lo si legge nel primo monitoraggio sui contratti dopo il Jobs act, pubblicato dal ministero del Lavoro.

Ma l'Inps ricorda che le assunzioni nei primi cinque mesi del 2016 sono in frenata. Tra gennaio e maggio informa l'Osservatorio dell'Istituto sul precariato quelle riferite ai soli datori di lavoro privati, sono state 2.076.000, con una riduzione di 263.000 unità rispetto al corrispondente periodo del 2015 (-11,2%). Il rallentamento ha coinvolto essenzialmente i contratti a tempo indeterminato: «Il calo interpreta l'Inps è da ricondurre al forte incremento delle assunzioni a tempo indeterminato registrato nel 2015, anno in cui dette assunzioni potevano beneficiare dell'abbattimento integrale dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro per un periodo di tre anni». Analoghe considerazioni possono essere sviluppate in relazione alla contrazione del flusso di trasformazioni a tempo indeterminato (-37%).
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