Banche, ora si indaga su Montepaschi. E Bankitalia mette la Consob nel mirino

Banche, ora si indaga su Montepaschi. E Bankitalia mette la Consob nel mirino
di Andrea Bassi e Alberto Gentili
Sabato 11 Novembre 2017, 09:50 - Ultimo agg. 11:38
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La Commissione d'inchiesta volta pagina. Basta con le banche venete. Adesso tocca a Mps. Già si discute l'ipotesi che vengano convocati anche gli ex vertici Alessandro Profumo e Giuseppe Mussari. Una banca, quella senese, la cui crisi, per dimensione e intrecci fra Stato e politica, è seconda solo a quella del Banco Ambrosiano.

Su Mario Draghi, tirato in ballo da alcune interpretazioni delle carte della Commissione d'inchiesta, intanto, Bankitalia non si espone. A via Nazionale bastano le prese di posizione dei vertici del Pd. Quello su cui, invece, gli uomini di Ignazio Visco continuano ad insistere, è sui rapporti con Consob. Fonti vicine a via Nazionale fanno trapelare che il metodo di calcolo del prezzo delle azioni della Pop Vicenza nel 2008 era di dominio pubblico. Ne parlavano i giornali e c'era un esposto Adusbef.

La Consob, insomma, avrebbe dovuto conoscere quelle informazioni: l'ammissione che i documenti non sono stati trasmessi. La giustificazione è che l'invio delle carte non era obbligatorio. Mancava un protocollo che regolasse la collaborazione Consob. Nel 2008, rilevano le fonti, l'ordinamento conferiva a via Nazionale i poteri su organizzazione e controllo interno della banca che vennero quindi usati per risolvere i problemi di natura organizzativa e procedurale emersi dall'ispezione del 2008. Questa aveva contestato, nel meccanismo di determinazione del prezzo e soprattutto l'assenza del parere di un esperto indipendente. Banktalia quindi iniziò un pressing e fece partire una seconda ispezione ad aprile 2009. Dopo un ulteriore scambio, l'istituto si adeguò nel 2011.
 
Lo scontro dentro e fuori la commissione d'inchiesta sulle banche va dunque avanti. E preoccupa il capo dello Stato. Al Quirinale le bocche sono cucite. Il silenzio del Colle lascia intuire che Sergio Mattarella teme cada nel vuoto il suo auspicio per un fine di legislatura ordinato e per una campagna elettorale senza toni esasperati.

Tanto più che lo scontro rischia di colpire Draghi ora che la Commissione sta per aprire il dossier sull'acquisizione di Antonveneta da parte di Mps ai tempi in cui il presidente della Bce era governatore. Tant'è, che l'ufficio di presidenza dell'organismo d'inchiesta sta valutando se ci sono le condizioni giuridiche per chiamare Draghi in audizione: il presidente della Bce non può essere obbligato a deporre.

Dal Pd, come detto, arrivano comunque segnali rassicuranti. Matteo Renzi manda avanti Ettore Rosato a dire: «L'obiettivo non è Draghi. Il presidente della Bce ha fatto un ottimo lavoro, trascinarlo in questa discussione è strumentale». Secondo il Nazareno a tentare di coinvolgere l'ex governatore sarebbe «proprio Bankitalia»: «Chi non vuole fare andare avanti la Commissione cita Draghi per evitare che si prosegua», afferma Rosato.

Ciò detto, Renzi continua la sua crociata. Ed è convinto che «finalmente stia emergendo con evidenza» il fatto che dietro le crisi bancarie non c'era il suo governo, «ma le responsabilità dei tecnici e della vigilanza». E vale il discorso di sempre: «Chi ha sbagliato paghi. Noi abbiamo salvato i correntisti e non i banchieri». Tra vedere e non vedere, il segretario dem si è però fatto promotore di un emendamento alla legge di bilancio per istituire un fondo di garanzia a «tutela dei risparmiatori delle banche venete». Lo ha annunciato il capogruppo Pd in commissione Bilancio al Senato, Giorgio Santini (Pd), riferendo il contenuto di una serie di emendamenti presentati al Ddl bilancio da diversi gruppi a Palazzo Madama, con la stessa finalità, ovvero l'istituzione del fondo che dovrebbe essere alimentato attraverso il meccanismo di collocamento degli npl». E consente a coloro che hanno subito danni di ottenere un recupero, parziale, dei fondi persi.