Covid Italia, il virus non risparmia le assunzioni: -43% in cinque mesi

Covid Italia, il virus non risparmia le assunzioni: -43% in cinque mesi
di Rita Annunziata
Venerdì 28 Agosto 2020, 15:00 - Ultimo agg. 29 Agosto, 09:19
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L’ora dei conti non smette di scoccare, neanche per il mercato del lavoro. Secondo l’ultimo osservatorio sul precariato dell’Inps, nei primi cinque mesi dell’anno lo choc pandemico le misure di contenimento dei contagi e il conseguente crollo della produzione e dei consumi hanno generato una decisa contrazione delle assunzioni. I nuovi contratti attivati dai datori di lavoro hanno sfiorato gli 1,8 milioni, in calo del -43% rispetto allo stesso periodo del 2019, trainati in particolare dal picco negativo del mese di aprile (-83%) e da un segnale di miglioramento nel mese di maggio (-57%). L’ingessatura del mercato ha coinvolto tutte le tipologie contrattuali, precisa l’Istituto, ma soprattutto i contratti di lavoro a termine. Parallelamente, si contano 1.972.000 cessazioni, in calo rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. In particolare, tra i mesi di marzo e maggio, la contrazione ha riguardato soprattutto i contratti a tempo indeterminato (-47%), grazie al divieto di licenziamento per ragioni economiche introdotto dal decreto Cura Italia. 

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Intanto, mentre le stime dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico parlano di un tonfo del prodotto interno lordo del -12,4% nel secondo trimestre (contro il -5,4% tra gennaio e marzo), sembrerebbero arrivare alcuni segnali positivi dall’industria. Secondo l’Istituto nazionale di statistica, nel mese di giugno il fatturato e gli ordinativi sono cresciuti rispettivamente del 13,4% e del 23,4% rispetto al mese precedente, anche se su base tendenziale si registrano cali rispettivamente del 16,4% e dell'11,8%. Se si considera il comparto manifatturiero, il semaforo verde brilla solo per il farmaceutico, in crescita del 7,2%, mentre sul fronte opposto si posizionano i mezzi di trasporto (-33,2%) e le raffinerie di petrolio (-41,1%).
 


Ma a che punto siamo della ripresa? «Credo che il dato di giugno relativo all’industria, come immagino saranno anche quelli di luglio e di agosto, rappresenti un rimbalzo fisiologico – spiega Stefano Caselli, prorettore per gli affari internazionali dell’Università Bocconi – È normale che, riavviando i motori, si registrino dati con il segno più, ma è solo un primo segnale di ottimismo. La partita è molto più lunga, bisognerà vedere se nei prossimi mesi e nel 2021 questi livelli si consolideranno». 

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Sul tema delle assunzioni, aggiunge Caselli, la situazione risulta essere più complessa. Il calo registrato nei primi cinque mesi dell’anno, spiega, non sarebbe legato unicamente al lockdown. «Dobbiamo ricordarci che nel mese di gennaio, quando almeno in Italia e in Europa non si parlava ancora di covid-19, il nostro sistema economico non era totalmente in salute. A inizio anno, pensare a una crescita del Pil con un modesto segno più ci sembrava già un grande risultato». Secondo Caselli, dunque, affinché si possa parlare di una ripresa del mercato del lavoro non è sufficiente un mero rimbalzo come nel caso del fatturato. «Ritornare ad assumere significa non soltanto superare la pandemia, ma correggere l’economia italiana nel suo complesso, con i suoi vecchi problemi», spiega l’esperto.
Poi conclude: «Bisogna ragionare, tra le altre cose, su una ristrutturazione delle imprese».

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