Eni, a processo Descalzi e Scaroni per la presunta maxi tangente in Nigeria

Eni, a processo Descalzi e Scaroni per la presunta maxi tangente in Nigeria
Mercoledì 20 Dicembre 2017, 12:30 - Ultimo agg. 21 Dicembre, 10:54
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Il gup di Milano, Giuseppina Barbara, ha rinviato a giudizio tutti i 15 imputanti, tra cui Claudio Descalzi e Paolo Scaroni e le società Eni e Shell, per il caso della presunta maxi tangente versata dai due gruppi a pubblici ufficiali e politici nigeriani per lo sfruttamento del giacimento petrolifero Opl 245. Il processo si aprirà il prossimo 5 marzo davanti alla decima sessione penale del tribunale.

Il giudice Barbara ha così accolto la richiesta di rinvio a giudizio formulata del neo procuratore aggiunto Fabio De Pasquale e dal pm Sergio Spadaro, titolari delle indagini sulla presunta maxi tangente di 1 un miliardo e 92 milioni di dollari versata per l'acquisizione, nel 2011, del giacimento petrolifero.

Quindi, oltre a Descalzi e Scaroni, Eni e Shell, sono stati mandati a processo per corruzione internazionale, anche tre manager del 'Cane a sei zampè, tra cui l'allora capo della divisione Esplorazioni, Roberto Casula, e l'ex dirigente
nell'area del Sahara Vincenzo Armanna. E poi tre persone ritenute intermediarie tra cui Luigi Bisignani e Gianfranco
Falcioni, uomo d'affari e ai tempi vice console onorario in Nigeria, quattro manager della compagnia petrolifera olandese, tra i quali Malcolm Brinded e anche l'ex ministro nigeriano Dan Etete.

Secondo i pm, come ricostruito negli atti, sarebbe stato l'allora a.d Scaroni a dare «il placet all'intermediazione di
Obi» Emeka , presunto intermediario nigeriano delle mazzette (a processo in abbreviato con un altro presunto intermediario Gianluca Di Nardo), «proposta da Bisignani e invitando Descalzi», all'epoca dg della divisione Exploration & Production Eni, «ad adeguarsi». Sia Scaroni che Descalzi poi secondo l'accusa, avrebbero incontrato «il presidente» nigeriano Jonathan Goodluck «per definire l'affare». Una ricostruzione che le difese, assieme ai loro assistiti, hanno sempre respinto. Ora la parola passa al Tribunale.

Massima fiducia del consiglio di amministrazione di Eni all'amministratore delegato Descalzi. Il board, spiega una nota, dopo aver preso atto della decisione del Giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di Milano che ha disposto il rinvio a giudizio della società, del suo amministratore delegato e di alcuni manager per il reato di corruzione internazionale in relazione alla vicenda dell'acquisizione nel 2011 di una quota nella licenza denominata OPL 245 in Nigeria, ha confermato la massima fiducia nell'amministratore delegato sulla sua totale estraneità alle ipotesi di reato contestate e, in generale, sul ruolo di capo azienda.

Il cda di Eni, anche sulla base di una valutazione degli esiti delle verifiche svolte da consulenti indipendenti incaricati di esaminare tutti gli atti e la documentazione depositata a chiusura delle indagini della Procura di Milano nel 2016, ha confermato la fiducia circa la estraneità di Eni alle condotte corruttive contestate in relazione alla richiamata vicenda.

Eni esprime piena fiducia nella giustizia e nel fatto che il procedimento giudiziario accerterà e confermerà la correttezza ed integrità del proprio operato.






 
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