Intervista impossibile a Shakespeare: «Investire era più di un hobby: mi piacevano terre e case»

Intervista impossibile a Shakespeare: «Investire era più di un hobby: mi piacevano terre e case»
Intervista impossibile a Shakespeare: «Investire era più di un hobby: mi piacevano terre e case»
di Marco Barbieri
Mercoledì 11 Agosto 2021, 00:22 - Ultimo agg. 15:49
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Nick Hornby ha scritto un saggio che dà il titolo a un volume di non univoche recensioni: “Shakespeare scriveva per soldi”. Le chiedo conferma.
«Hornby non ha tutti i torti. Dovevo mantenere una moglie, tre figli e qualcuno dei miei sette fratelli. La conceria di mio padre John ci lasciò solo debiti. Ho inseguito il successo, una volta conseguito l’ho restituito alla mia famiglia e al mio pubblico».


Investitore oculato, ci dicono i documenti. Sensibile agli immobili.
«Lasciai presto il mio paese natale, Stratford-upon-Avon.

E feci bene. A Londra ho fondato una grande compagnia teatrale e ho fatto costruire a nostre spese il Globe Theatre. Poi alla fine comprai anche una piccola casa nella capitale. Ma il grosso del mio investimento immobiliare fu a Stratford. Feci ristrutturare la casa di famiglia e acquistai una secondo grande immobile, che necessitando di riparazioni, riuscii a comprare a un ottimo prezzo. Era uno degli stabili più grandi di Stratford. Come vede ho sempre avuto a cuore le mie radici. Londra è stata solo una lunga parentesi di successo».


Il denaro è diventato per lei anche l’occasione di una inimitabile commedia. Si ritrova nella parte di Shylock, o in quella di Antonio, il mercante di Venezia?
«Difficile guardare con simpatia a Shylock. Poi se ne comprende la psicologia. È un usuraio, quindi detestabile, ma ha subito tante infamie. Però come dice il titolo dell’opera, parliamo del mercante, Antonio. Triste ma non meno saggio. E indica un modo di guardare alla vita e alle risorse economiche che credo vada bene anche oggi: “Le mie merci non son tutte stivate nel ventre d’una sola ragusina, né tutte destinate ad un sol luogo, né dipende l’intera mia sostanza dalla buona fortuna di quest’anno”».

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Oggi diremmo diversificazione. Perfetto. Ma allora perché è triste?
«Beh, nel suo caso la diversificazione non ha prodotto effetti positivi. Tre navi, tre naufragi. Succede. La sorte non è sempre buona. E non riuscire ad aiutare un amico non è bello, tantomeno indebitarsi con un usuraio. E poi Antonio, un po’ come me, è un disilluso che adora le illusioni. A Graziano dice: “Il mondo io lo tengo in conto solo per quel che è: un palcoscenico sul quale ognuno recita la parte che gli è assegnata”».


Torniamo ai soldi. Quanto sono stati importanti nella sua vita?
«Chi non ha denaro, mezzi e pace, manca di tre buoni amici. Ma se dovessi dirlo con le parole di Shylock, le direi che un uomo è buono solo se è solvibile».


Se dovessi chiederle come la pensa veramente?
«Forse le risponderei come nell’Otello: se uno mi ruba la borsa, ruba dei soldi; è qualcosa e non è nulla; erano miei, ora son suoi, come già furono di mille altri. Ma chi mi truffa il buon nome, o la mia dignità, mi porta via qualcosa che non arricchisce lui e fa di me un miserabile».


Nobiltà di sentimenti unita a concretezza. Anche perché ho letto che la sua nobile sepoltura nella chiesa parrocchiale di Stratford non è dovuta alla sua fama, ma alle sue risorse economiche. Vero?
«In parte. Certamente ho versato una grossa somma alla chiesa: 440 sterline. Per darle un’idea di quanto valessero, pensi che con 140 sterline comprai la piccola casa di Londra».


Non per contraddire, ma c’è chi sostiene che anche quella somma di 440 sterline sia stato, alla fine, un investimento. C’è un documento…
«E che c’è di male? Quel documento spiega come, nel 1605, pagai quella grossa somma per ottenere il diritto di raccogliere alcune decime dai campi intorno alla vecchia Stratford, a Bishopton e a Welcombe Hills. Un affare redditizio. Ogni anno mi costava 17 sterline, per poterne poi incassare 40. Però quelle 440 sterline le ho messe io, in anticipo».


Ancora diversificazione: immobili, impresa (la compagnia teatrale), terreni e rendite agricole. Altro che letterato sulle nuvole. Un gigante, per quei tempi!
«Grazie del complimento, ma si ricordi che è cosa eccellente possedere la forza d’un gigante, ma usarla da gigante è tirannia! E poi, in fondo non ho fatto altro che proteggere i miei risparmi, guadagnandoci, naturalmente».

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