Giorgetti frena sulla revoca delle concessioni autostradali

Giorgetti frena sulla revoca delle concessioni autostradali
Lunedì 20 Agosto 2018, 18:44 - Ultimo agg. 21 Agosto, 08:42
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«Prima di nazionalizzare bisogna revocare, se si arriverà alla fine della procedura» di revoca della concessione ad Autostrade, dice il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti a Rai News 24. «Normalmente le concessioni si fanno preferire quando c'è da fare un'opera nuova perché c'è il concorso finanziario del privato - dice l'esponente della Lega -, quando un'opera già esiste può darsi che sia possibile e opportuno gestirla direttamente da parte dello Stato. Però di conclusioni non ce ne sono ancora».
 


Alla domanda su cosa succederà se si revoca la concessione Giorgetti ha spiegato: «Ci sono Paesi in Europa dove lo Stato fa il suo mestiere e lo fa bene e in altri dove ci sono le concessioni. Se ne discuterà se si andrà alla revoca. Ci sono già ora discussioni su alcune importanti tratte, come l'Autostrada del Brennero e si valuterà se andare a gara»


«Probabilmente fu un errore. A posteriori fu un errore». Così il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, definisce poi il voto favorevole della Lega alla concessione al gruppo Benetton della gestione delle autostrade. Giorgetti ha ribadito di «aver scoperto adesso» dei contributi del gruppo al partito, precisando di non aver ricevuto «mai nessuna pressione o influenza». «Tanti di noi - ha specificato - lo hanno appreso adesso».

Giancarlo Giorgetti alza anche la palla delle riforme costituzionali. «Purtroppo» non sono nel contratto di governo stipulato da Lega e M5S, dice. Tuttavia, ammonisce il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, l'elezione diretta del presidente della Repubblica, il taglio dei parlamentari e l'eliminazione di una Camera sono necessarie: «se no si butta via anche il Parlamento». Ad un dibattito organizzato dall'intergruppo parlamentare per la Sussidiarietà al Meeting di Cl, Mariastella Gelmini di Forza Italia sottolinea, a fronte del «dilagare del populismo», la necessità della centralità del Parlamento contro il rischio di «svolte autoritarie».

E qui Giorgetti ribatte: «La centralità del Parlamento? Ma il Parlamento non conta più nulla perché non è più sentito dai cittadini elettori che vi vedono il luogo della inconcludenza della politica. Se continuiamo a difendere il feticcio della democrazia rappresentativa non facciamo un bene alla stessa democrazia». E allora, «Se non si riformano le Istituzioni si fa in fretta a buttare via tutto quanto: il Parlamento e tutto quello che viene dietro». Parole che fanno pensare alla recente uscita di Davide Casaleggio, ma che in verità sono più istituzionali. Riforme che, ribadisce il «proconsole» di Matteo Salvini ad una sala strapiena di spettatori (in prima fila ad ascoltare c'è anche il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini) «non sono uno dei titoli del contratto di governo. E dico purtroppo. Quello che accade attorno ai palazzi di Roma ci sta travolgendo e allora sì che ci sarà un pericolo per la democrazia che potrà diventare serio». Perchè, ragiona Giorgetti, la reazione popolare rischia di «travolgere la democrazia rappresentativa».

Per questo l'esponente leghista «auspicherebbe» che le riforme istituzionali si facciano in questa legislatura.
Perchè, è il suo ragionamento, «i Parlamenti non hanno più il ruolo del passato e per l'opinione pubblica sono il luogo della inconcludenza». Un auspicio ponderato, quello di Giorgetti sull'apertura di una stagione di riforme in questa legislatura, su cui ci sarebbe sintonia con Matteo Salvini e su cui l'alleato M5S, però, non si fa sentire. Un auspicio che piace a Giovanni Guzzetta, il quale proprio sul presidenzialismo ha lanciato un referendum che, sostiene il costituzionalista, «spazzerà via gli alibi della politica inconcludente».
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