«Il Sud cresce più del Nord,
ma l'industria 4.0 non decolla»

«Il Sud cresce più del Nord, ma l'industria 4.0 non decolla»
di Francesco Pacifico
Venerdì 28 Luglio 2017, 11:13 - Ultimo agg. 18:30
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La Campania, con il suo +2,4 per cento di Pil registrato lo scorso anno, ha spinto e continuerà a trainare tutta la ripresa del Sud. Che come nel 2016, anche se di uno o due decimali, potrebbe crescere più del Nord. Questa, però, è soltanto una faccia della medaglia. Perché a questi ritmi il Mezzogiorno dovrà aspettare fino alla fine del prossimo decennio per tornare ai livelli di ricchezza del 2007. Cioè quando è iniziata la crisi. 

Il Sud, lentamente e in maniera frastagliata, riduce strutturalmente la distanza dal Nord. Questo è il quadro che disegna il rapporto annuale dello Svimez, le cui anticipazioni saranno presentate oggi a Roma. Che però contiene anche un pericoloso allarme sugli effetti del piano Industria 4.0 del governo. Viste le dimensioni e il livello tecnologico delle imprese del Meridione, denuncia l'associazione presieduta da Adriano Giannola, l'impatto sull'area rischia di essere molto limitato, in grado di creare - come hanno rilevato i ricercatori Stefano Prezioso e Luca Cappellani - non più dello 0,03 per cento di Pil in più. Con il risultato che la stragrande maggioranza delle risorse messe in campo dal ministro Carlo Calenda potrebbero essere intercettate dal Nord.

Lo Svimez non boccia in toto la strategia per riconvertire la nostra economia: riconosce che permette di investire sulle componenti a maggior rendimento perché vincola i fondi alla qualità dei prodotti e dei progetti, ma ricorda che l'area farà molta fatica ad attrarle proprio per i più bassi livelli di livelli o per la scarsa diffusione di tecnologie Ict. Per esempio Prezioso e Cappellani hanno calcolato che le aziende meridionali hanno avuto accesso soltanto al 7 per cento delle risorse nazionali destinati a finanziare il super/iper ammortamento. Se fosse così, in tutto il periodo 2018-2027, le imprese del Sud si vedrebbero erogare 650 milioni di euro contro gli 8,6 miliardi del Centro-Nord. Stesso gap tra i due quadranti del Paese anche sul versante del credito d'imposta (350 milioni di euro per il quadriennio 2018-2021 contro gli oltre 3,1 miliardi) e sulla Sabatini-ter (56 milioni di euro, da ripartire tra il 2017 e il 2023, a fronte di oltre mezzo miliardo).

Non a caso l'associazione chiederà al governo (questa mattina sarà presente il ministro per la Coesione sociale, Claudio Vincenti) di accompagnare il piano con altri strumenti. Da tempo Giannola chiede «di istituire presto delle Zone economiche speciali, l'applicazione della regola sugli investimenti che introduce un tetto minimo del 34 per cento, un fondo per ricapitalizzare e accrescere le dimensioni delle imprese». 

Più in generale lo studio conferma il ruolo della Campania nel 2016, che potrebbe mantenere il trend anche quest'anno. Corre anche la Basilicata grazie all'automotive che però vede quasi dimezzare la sua crescita record (+5 per cento) registrata nel 2015. Sorprendenti performance arrivano dalla Calabria (quasi vicina all'1 per cento in più di Pil), cresce meno la Puglia, mentre la cenerentola è l'Abruzzo, che soltanto nell'ultima parte dell'anno avrebbe recuperato terreno.

A innescare il consolidamento della ripresa sarebbero sostanzialmente la crescita degli investimenti privati sul versante manifatturiero (che salgono circa di due punti percentuali, mentre continuano a scendere gli impegni pubblici) e la domanda interna. Anche perché le esportazioni, che aumentano dal punto di vista quantitativo, finiscono per interessare pochi settori produttivi. Intanto non si arresta l'emergenza sociale. Se è sempre più oppressivo il peso della povertà e delle disuguaglianze, la ripresa non riesce a soddisfare tutta la domanda di lavoro, tanto che nell'area l'occupazione registra ancora un gap di 300mila addetti in meno rispetto agli anni scorsi. 
La chiave, secondo lo Svimez, va trovata ancora una volta negli investimenti. Non a caso, e appena può, Giannola ripete che «si nota subito se il Sud, che ha problemi di produttività, viene curato. Perché quest'area reagisce a livelli di crescita meglio agli stimoli economici di altre aree del Paese. Per questo bisogna applicare con celerità la clausola del 34 per cento degli investimenti costruire le Zes con una visione strategica e ridiscutere gli incentivi in una logica non più assistenziale».
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