Statali, con la riforma della Fornero l’assegno si può ridurre fino al 13%

Statali, con la riforma della Fornero l’assegno si può ridurre fino al 13%
di Andrea Bassi
Domenica 28 Ottobre 2018, 09:41 - Ultimo agg. 13:19
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Per i dipendenti pubblici la strada per anticipare l'uscita attraverso il meccanismo di «Quota 100» sarà un po' più stretta che per i lavoratori del privato. Gli statali non soltanto dovranno rispettare la regola della cosiddetta «finestra mobile», ossia attendere tre mesi dal momenti in cui maturano il diritto alla pensione prima di poter concretamente lasciare il lavoro, ma dovranno anche dare un «preavviso» di altri tre mesi. Questo significa che i primi dipendenti pubblici ad andare in pensione con il requisito minimo dei 62 anni di età e dei 38 di contributi, lasceranno i ranghi della pubblica amministrazione soltanto a partire da luglio del prossimo anno. Per chi lavora nella scuola, poi, la finestra sarà annuale. I professori, ma da sempre è così, potranno lasciare il lavoro solo dal mese di settembre in modo da garantire la continuità didattica.



L'ANALISI
C'è poi un'altra domanda che inizia a circolare con insistenza tra i dipendenti pubblici: ma lasciare il lavoro con «Quota 100» conviene davvero? Un quesito rivolto soprattutto ai sindacati. Qualche conteggio ha provato a farlo Unsa-Confsal (si veda tabella in pagina). Il confronto è tra quanto prenderebbe uno statale (i profili sono quelli di dipendenti ministeriali), anticipando l'uscita con «Quota 100» e quanto prenderebbe invece, aspettando almeno fino all'età ordinamentale (65 anni) in cui in teoria l'amministrazione potrebbe pensionare i propri dipendenti (in poche lo fanno, lasciando invece attendere il requisito di vecchiaia dei 66 anni e 7 mesi). Chi si trova nel sistema misto, e dunque ha una pensione in parte calcolata sui contributi versati, anticipando l'uscita rinuncia di fatto ad alcuni anni di contribuzione aggiuntiva. Secondo i calcoli fatti dall'Unsa, questo meccanismo comporterebbe una riduzione dell'assegno rispetto a quello potenziale tra il 10% e il 13%. Per un dipendente ministeriale di terza area, per esempio, la pensione mensile lorda con «Quota 100», sarebbe di 2.504 euro circa, contro i 2.752 euro che si otterrebbero lavorando tre anni in più. Insomma, un taglio del 9,9%. Un dipendente di seconda area, invece, anticipando la pensione otterrebbe un assegno di 1.686 euro lordi mensili, contro una pensione di 1.907 euro lordi mensili che avrebbe lavorando almeno fino a 65 anni.

LE STIME
Un certo numero di persone, insomma, potrebbe decidere di non approfittare del meccanismo «Quota 100» per non vedersi decurtato l'assegno nella sua parte contributiva. Un conto che, in qualche modo, hanno fatto anche al governo. Dei 380 mila dipendenti totali che potrebbero anticipare la pensione, 150 mila circa sono lavoratori del pubblico impiego. L'idea è che non tutti utilizzeranno lo scivolo per lasciare in anticipo il lavoro. Anzi. Complice anche il divieto di cumulo della pensione con altri redditi per due anni dall'uscita dal lavoro, quelli che sceglieranno di restare attivi potrebbero essere un numero rilevante. Tanto che nel governo circolano alcune stime di risparmio rispetto ai 6,7 miliardi stanziati per il primo anno per «Quota 100». Alla riforma della legge Fornero, secondo questi calcoli, potrebbero bastare nel 2019 circa 5 miliardi di euro.

Un minor esborso che permetterebbe di coprire anche per il 2020 tutti coloro intenzionati ad uscire dal lavoro anticipando la pensione.

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