Sete di acqua plastic free, le bottiglie diventano eco e si potranno mangiare

GettyImages
GettyImages
di Francesco Bisozzi
Mercoledì 30 Giugno 2021, 10:43 - Ultimo agg. 2 Luglio, 15:23
5 Minuti di Lettura

E tu che packaging bevi? C’è una startup inglese, si chiama Notpla ed è finanziata da Sky Ocean Ventures, il fondo creato dal gruppo Sky per la salvaguardia dei mari, che si è inventata una bottiglia che non è una bottiglia, che non si apre ma si addenta, che non si butta ma si ingerisce. L’innovativo contenitore, a forma di capsula, è rivestito da una membrana commestibile realizzata partendo da un’alga, naturale al 100 per cento, e se lo si getta invece di mandarlo giù allora si decompone alla velocità di una buccia di banana. Ora magari non è detto che il futuro delle acque minerali sarà per forza racchiuso in una pillola che si scioglie al sole, ma l’esperimento della startup dà la misura di come si sta evolvendo il packaging in questo settore.

L’EVOLUZIONE

 Del resto, la sete di sostenibilità di chi acquista non lascia altre possibilità ai player di un comparto che da solo vale circa l’80 per cento del mercato delle bevande alcol-free. Il 62 per cento dei consumatori italiani, secondo i dati del gruppo di ricerche di mercato Gfk, predilige l’acquisto di prodotti realizzati da aziende green. Il Pet, dopo l’addio al Pvc, è diventato l’unico polimero che l’industria delle acque minerali utilizza per la produzione di bottiglie. Riciclabile al 100 per cento, per via delle sue caratteristiche chimiche, chimico-fisiche, meccaniche e di sostenibilità, risulta essere il materiale più idoneo a contenere liquidi alimentari e bevande. Sempre secondo una ricerca di Gfk, intitolata #WhoCaresWhoDoes, nel 2020 Ferrarelle è stato il brand delle acque minerali percepito come più green in Italia.

GLI ESEMPI

Proprio Ferrarelle nel 2019 è stata la prima azienda del settore a dotarsi di un impianto di produzione di preforme in Pet riciclato (R-Pet) proveniente dalla raccolta differenziata: le bottiglie per il canale retail che escono dallo stabilimento di Presenzano, in provincia di Caserta, sono composte al 50 per cento da R-Pet. L’impianto è in grado di produrre un milione di bottiglie in R-Pet l’anno, che equivalgono a un minore impatto sull’ambiente per 23 milioni di chili di plastica in mano. Sempre Ferrarelle ha appena presentato Infinita, una linea di acque minerali solo per bar, ristoranti e hotel, con bottiglie totalmente in R-Pet. Ma anche Levissima, che in occasione dell’ultima giornata dell’Ambiente ha annunciato che taglierà il traguardo della carbon neutrality nel 2022, realizza ora bottiglie interamente in Pet riciclato, La Litro e la 75 cl naturali. Risultato, grazie alle confezioni al 100 per cento in Pet riciclato di Levissima si risparmieranno 5.800 tonnellate di Co2 entro il 2025.

Non si tratta però di operazioni a costo zero, tutt’altro: per intenderci il Pet vergine costa circa mille euro a tonnellata mentre quello riciclato viene 100 euro in più, per via dei costi legati alla selezione e al trasporto, per esempio, oltre che al processo di riciclo. «In Italia siamo all’avanguardia su questo fronte considerato che la direttiva europea Sup impone di portare la quota di R-Pet nelle bottiglie almeno al 30 per cento», sottolinea il vicepresidente di Mineracqua, Ettore Fortuna. La direttiva sulla Single use plastic è quella che mette al bando i prodotti di plastica monouso, come posate, piatti e cannucce, che gli Stati Ue devono recepire a luglio. Ma quando si parla di sostenibilità del packaging, ricorda sempre il vicepresidente di Mineracqua, bisogna guardare anche al peso del contenitore: «Negli ultimi dieci anni il consumo di acqua minerale è aumentato del 30 per cento – ricorda Fortuna – mentre la quantità di plastica utilizzata per l’imbottigliamento è rimasta stabile a 310 mila tonnellate l’anno. E questo perché le aziende hanno investito in eco-design e nell’ammodernamento dei siti produttivi, per abbattere sensibilmente il peso delle bottiglie: oggi ci sono in commercio bottiglie da mezzo litro che pesano meno di 10 grammi mentre nel 2010 arrivavano a 15 grammi in media. Anche i tappi pesano la metà rispetto a dieci anni fa. E il collo della bottiglia in molti casi è stato eliminato». In Italia la filiera dell’acqua minerale conta 130 aziende per un totale di 260 brand, occupa direttamente e indirettamente 40 mila persone e vanta un giro di affari che nel 2019, prima del Covid, sfiorava i 3 miliardi di euro. Il consumo interno annuo sfora invece la soglia dei 13 miliardi di litri. Nel 2020 le minori vendite sul canale Horeca (Hotellerie-Restaurant-Café) hanno certamente pesato, in compenso è cresciuto il segmento della Gdo e in particolare quello dei discount, dove i volumi sono aumentati del 6-7 per cento secondo Mineracqua.

LE PROSPETTIVE

 Ma non è solo per effetto della direttiva Sup e della sete di sostenibilità dei consumatori che le aziende del settore stanno virando con decisione verso le bottiglie al 100 per cento in R-Pet. Incide anche lo spettro della plastic tax, che il governo con il decreto Sostegni bis ha rinviato al 2022. Il balzello colpirà la plastica vergine, con un’aliquota di 0,45 centesimi per ogni chilogrammo di materia acquistata, e risparmierà il Pet riciclato che come detto ha un costo tuttavia più elevato. «Significa che un’azienda che acquista una tonnellata di Pet dovrà versare 450 euro, e per le imprese del comparto di dimensioni medio-grandi ciò si tradurrà in un esborso di circa 50 milioni di euro in media», mette in chiaro il vicepresidente di Mineracqua. Come se ne esce? In Francia questo mese il gruppo Nestlé lancerà sul mercato una bottiglia unica nel suo genere, brandizzata Vittel, al 20 per cento in plastica ultra-sottile riciclata mentre il restante 80 per cento è costituito da una fibra di cellulosa che deriva da cartone riciclato e vecchi giornali. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA