Ciak, si rigira: per il cinema si apre una nuova età dell'oro. E Cinecittà è un hub europeo

Ciak, si rigira: per il cinema si apre una nuova età dell'oro. E Cinecittà è un hub europeo
di Ilaria Ravarino
Mercoledì 8 Settembre 2021, 11:54 - Ultimo agg. 20 Febbraio, 12:01
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Un incontro nel cuore dell’industria cinematografica italiana, a passeggio negli studi di Cinecittà, a suggellare il via libera della Commissione Europea al Recovery Plan. Il meeting dello scorso giugno fra la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen e il premier Mario Draghi, celebrato all’ombra del felliniano Teatro 5, è stato qualcosa di più di un semplice atto simbolico. «Cinecittà è un luogo-ponte a cavallo tra ieri e domani - spiega l’ad di Cinecittà, Nicola Maccanico, presente alla storica “passeggiata” negli studi - è un pezzo della storia e della tradizione italiana su cui si costruirà, attraverso il Recovery, un nuovo futuro».

I NUMERI

 Al centro di un progetto ad hoc del Piano nazionale di ripresa e resilienza, a Cinecittà saranno infatti destinati 300 milioni di euro (159,2 milioni al “distretto Cinecittà”, 99,8 milioni per l’allargamento degli studi, 40 milioni al Centro Sperimentale di Cinematografia) che dovranno servire, si legge nel documento, «a potenziare la competitività del settore cinematografico italiano». Un settore cruciale, che pesa (dati Anica) per il 4,5% del Pil nazionale (il solo valore della produzione audiovisiva prima della pandemia si attestava, secondo i dati Apa, su 1,2 miliardi) i cui numeri, oggi, raccontano quanto duramente abbia colpito l’emergenza sanitaria: incassi del box office in picchiata (182 milioni nel 2020: il 71,30% in meno rispetto al 2019), distribuzione ai minimi termini (124 i film italiani arrivati in sala, 93 in meno del 2019), costi lievitati per le produzioni che hanno continuato a lavorare nel rispetto dei protocolli, cruciali ma costosi (in media tra il 6 e il 12% del budget, tra 12.000 e 20.000 euro a settimana). Ma l’industria, seppure colpita, non è in ginocchio. E il vento della ripartenza gonfia le vele delle 8.500 imprese italiane impiegate nel settore.

Per Andrea Scrosati, direttore operativo Fremantle (parte del gruppo RTL, a sua volta parte di Bertelsmann) «il 2021, a meno di sorprese, sarà uno degli anni in cui i volumi delle produzioni saranno i più alti di sempre. Fremantle quest’anno ha consegnato oltre 60 prodotti scripted tra serie e film, un numero record che dipende, senza dubbio, anche dalle produzioni interrotte l’anno precedente e poi riprese. Ma quando il nostro azionista ha annunciato i risultati dell’ultima semestrale, ha indicato l’obiettivo di 3 miliardi di euro di fatturato per Fremantle entro il 2025: quasi il doppio rispetto ai dati del 2020 e un incremento straordinario rispetto ai dati pre Covid». A favorire lo sviluppo, secondo il giudizio unanime dei produttori, molto avrebbe contato l’aumento del tax credit di dieci punti, portato dalla nuova legge di bilancio al 40% per venire in aiuto delle imprese in difficoltà per i costi dell’emergenza sanitaria e per l’indisponibilità delle assicurazioni. «Quello delle assicurazioni è stato uno dei temi più problematici nei primi mesi della pandemia. Alcuni Paesi sono intervenuti con un sostegno pubblico, come ha fatto l’Australia. In Italia il governo ha aumentato il tax credit.

Oggi il tema è quasi risolto: resta ancora complicato avere una copertura assicurativa nel caso di nuovi lockdown nazionali, ma va detto che ormai è difficile che un nuovo lockdown piombi sul Paese provocano il disastro cui abbiamo assistito».

LO SNODO

Un altro dato a favore della ripresa sarebbe la crescita della domanda: la richiesta di nuovi contenuti da parte del pubblico non si è mai fermata. «Oggi per gli studi è l’età dell’oro - sostiene Maccanico - in tanti lo cercheranno e non tutti lo troveranno. Ma l’oro c’è per chi fa business in Italia: i soldi in arrivo ci permetteranno di costruire un grande hub europeo di riferimento per le produzioni, e gli sgravi fiscali ci rendono fin da ora iper competitivi nel mercato globale. Girare in Italia è un vantaggio per tutti». E se la Mostra di Venezia questo mese si è fatta vetrina del cinema italiano di qualità, portando in programma un numero record di film nazionali (a partire dai cinque in concorso), anche il box office, sia pure con cautela, torna a risalire. «Come azienda siamo stati fermi da marzo fino a luglio 2020, ma da quando è stato approvato il protocollo sanitario lavoriamo ininterrottamente», racconta Alessandro Usai, ad di Colorado Film. Il suo “Me contro te - Il mistero della scuola incantata”, uscito a metà agosto, è il primo film italiano per incassi (3,9 milioni) e punta a raggiungere la vetta del box office 2021 (4,7 milioni dello statunitense “Black Widow”). Con l’ecosistema globale in crescita e l’arrivo sul mercato di decine di nuovi player globali (recentissimo l’accordo tra Sky e ViacomCBS) e piattaforme nazionali (Viaplay nei paesi nordici, VideoLand nei Paesi Bassi, Salto in Francia e BritBox in UK), il prodotto italiano si avvia «a una fase di grande internazionalizzazione - dice Matteo Rovere, Amministratore unico di Groenlandia, in sala in questi giorni con “Mondocane” - Le istituzioni hanno avuto la lucidità di essere reattive e noi, grazie ai protocolli e al tax credit, non ci siamo fermati mai. Nonostante siano saliti i costi e gli aspetti gestionali si siano complicati, oggi viviamo una fase importante, che potrebbe renderci protagonisti in uno scenario europeo. Sentiamo tutti che il treno della crescita sta passando: stiamo mettendo le basi per quello che saremo fra dieci anni. Il recovery ci supporta per l’evoluzione delle infrastrutture e il tax credit theatrical, per cui il soggetto pubblico sostiene i costi di distribuzione, ci permette di ragionare anche su numeri più piccoli in sala». Ma se per il settore della produzione la ripartenza è già una realtà, resta ancora da sciogliere il nodo della distribuzione dei prodotti nei cinema: «Dovendo smaltire due anni di film non distribuiti, per i prossimi otto mesi sarà molto difficile che in sala arrivino film medi, con budget tra uno e due milioni di euro - racconta Roberto Cipullo, fondatore di Camaleo Film - Noi abbiamo distribuito con Amazon, ed è stata una grande opportunità. Ma i produttori che oggi si ritrovano con film senza appeal per le piattaforme potrebbero avere molte difficoltà: anche quel mercato comincia a saturarsi, e non tutti i prodotti troveranno uno sbocco».

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