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Cioccolato, arriva la seconda generazione: solo due ingredienti e nuova produzione

di Carlo Ottaviano
Articolo riservato agli abbonati
Mercoledì 1 Febbraio 2023, 14:11 - Ultimo agg. : 2 Febbraio, 07:37
4 Minuti di Lettura

Per definizione è il cibo degli dei, consumato (liquido) da cinquemila anni.

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Solido, come lo conosciamo noi – semplici umani – è invece molto più giovane. 1828: Coenraad Van Houten crea il prototipo della prima pressa per cioccolato; 1847: la prima tavoletta fondente; 1875: nasce il cioccolato al latte; 1937: è la volta del bianco; 2017: si scopre in natura la fava di cacao Ruby per il cioccolato rosa. Gusto e ricetta del cioccolato dolce sono sostanzialmente invariati da 150 anni: contiene da sei a nove ingredienti (l’attuale media dei prodotti industriali), compresa una buona quantità di zucchero che serve a contrastare la naturale amarezza del cacao. «Questa tipologia che rappresenta l’85% dei consumi nel mondo è la prima generazione del cioccolato. Adesso è arrivata la seconda, quella del futuro: meno zucchero, zero edulcoranti», annuncia Peter Boone, ceo di Barry Callebaut Group, gigante del settore (6,6 miliardi di euro di fatturato, sede a Zurigo, 60 stabilimenti nel mondo, 13 mila dipendenti).

COME IN LAGUNA

Per presentare la novità – che sarà però in commercio non prima del 2024-25 – ha scelto Venezia. «Questa città – ha affermato – punta a diventare una capitale mondiale della sostenibilità. Il rinascimento di Venezia è paragonabile al rinascimento del cacao. Entrambi devono essere in sintonia col futuro, per soddisfare il nuovo atteggiamento nei confronti della vita». Nel caso del cioccolato il concetto che avanza è quello dell’indulgenza consapevole. «I consumatori cercano momenti gioiosi e il piacere – spiega Boone – ma vogliono vivere in armonia con il proprio corpo, la mente e l’ambiente». «Il cambiamento nei confronti della vita – aggiunge Bas Smit, vicepresidente di Barry – ha un impatto su ciò che consumiamo, mangiamo, beviamo. La gente cerca un punto di incontro tra piacere e salute, sia personale che planetaria». Una ricerca di Foresight Factory dimostra che il 44% dei consumatori globali ama i prodotti alimentari con origini autentiche nella cultura, nella tradizione, nei luoghi. La parola chiave è semplicità nel senso di eliminare il non necessario e quindi – in tema di cibo – meno ingredienti nelle ricette. Belle parole, certo. Ma come tradurle in pratica parlando del godurioso cioccolato, il cui uso eccessivo non è un toccasana e la cui materia prima – le fave di cacao – sono spesso coltivate sfruttando popolazioni del terzo mondo? «Mettendo il cacao al primo posto e poi lo zucchero – risponde Boone – Il cioccolato di seconda generazione contiene il 60-80% in più di cacao. Il cioccolato fondente è così composto da due soli ingredienti: il cacao a cui viene aggiunto poco zucchero. Mentre il cioccolato al latte è composto da cacao, latte e zucchero. Questo nuovo design del prodotto è una testimonianza dei sapori della natura e del moderno consumatore consapevole». A guidare il team – in collaborazione con la Jacobs University di Brema, in Germania – che ha reinventato il processo di produzione del cioccolato, è un italiano, Marcello Corno, da sei anni a Zurigo dopo otto trascorsi nella Repubblica Domenicana. Per lui il percorso dalle coltivazioni delle fave di cacao alla tavoletta è quasi una scienza esatta. «Ogni fava – spiega – è diversa, con sottili variazioni da un raccolto a un altro e persino da un lotto all’altro. Queste variabili possono avere molta influenza: un ottimo indicatore di qualità è il contenuto di zucchero della polpa. Poi il modo in cui le fave vengono fermentate ed essiccate influirà sul risultato finale». Prima di ogni cosa c’è il rispetto dei territori d’origine, perché «devi essere lì e comprendere la materia prima».

IL DISCIPLINARE

Il principio tecnico-scientifico, successivamente codificato in un disciplinare di produzione, è stato battezzato Cocoa Cultivation & Craft (CCC) e si fonda su studi genetici, geologici e del clima. Barry Callebaut ha così contrattualizzato legami più duraturi con gli agricoltori nelle fattorie dell’Ecuador e avviato tecniche di coltivazione che valorizzano solo i chicchi col più alto potenziale aromatico. Che poi vengono messi a fermentare in cassette di legno. È la loro stessa polpa a risvegliare i sapori naturali, creando i precursori dell’aroma. Che successivamente vengono bilanciati con la tostatura e la gestione dell’umidità e dei tempi. La novità è proprio il controllo rigoroso della curva delle temperature e dei tempi della tostatura da cui origina la volatilità di nuovi aromi fruttati e floreali, abbattendo in modo naturale i composti acidi e le note amare. Di conseguenza lo zucchero utilizzato è pochissimo, nessun edulcorante viene utilizzato ed ecco il cioccolato più puro possibile col ritrovato sapore naturale. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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