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Fisco 2022 da record, prezzi e occupazione fanno volare il gettito

di Luca Cifoni
Articolo riservato agli abbonati
Mercoledì 1 Febbraio 2023, 14:26 - Ultimo agg. : 3 Febbraio, 19:19
6 Minuti di Lettura

Non c’è crisi per tasse e contributi. Non ancora per lo meno: il rallentamento produttivo legato alla guerra in Ucraina e all’esplosione dei prezzi è destinato a farsi sentire nel corso di quest’anno anche sulle entrate dello Stato, che però si avviano intanto a chiudere un 2022 record.

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In parte per merito della stessa inflazione, che ha gonfiato in particolare il gettito dell’Iva. Ma anche per il favorevole andamento del Pil e dell’occupazione sia nel 2021 che nell’anno successivo. I numeri relativi ai dodici mesi saranno resi noti tra pochi giorni, ma dovrebbero essere in linea con quelli già noti, relativi al periodo che va da gennaio a novembre. Periodo nel quale la crescita complessiva delle entrate tributarie è stata superiore al 10 per cento (anzi all’11 se si include il gettito degli enti territoriali, Regioni e Comuni). È una tendenza assolutamente inattesa fino all’inizio dell’anno scorso, quando si stimava una variazione positiva totale non superiore al 3 per cento e addirittura un calo delle imposte dirette, anche a seguito della riforma dell’Irpef entrata in vigore a gennaio. Proprio il riassetto di aliquote e detrazioni avrebbe dovuto portare, da solo, una contrazione del gettito pari a oltre 7 miliardi; ma le cose sono andate un po’ diversamente. Come spiega lo stesso ministero dell’Economia in un recente documento di analisi, «la crescita dell’occupazione ha consentito di compensare l’impatto della riforma».

L’ANDAMENTO

Insomma la prevista riduzione degli introiti non c’è stata. L’Irpef è cresciuta del 3,6 per cento (anche grazie alle maggiori ritenute sui bonifici per le varie ristrutturazioni edilizie) e le imposte dirette nel loro insieme hanno fatto segnare un balzo del 9,8 per cento. Spicca l’incremento dell’Ires che ha fatto incassare 13,7 miliardi in più rispetto ai 31,2 del periodo gennaio-novembre del 2021. Vistosamente positivo (+81,5%) anche l’andamento dell’imposta sostitutiva sui redditi da capitale e sulle plusvalenze, un segnale della buona salute del mercato del risparmio gestito nel 2021. Per la sostitutiva sui fondi pensione la variazione positiva è addirittura a 3 cifre (+103,2 per cento). Tra le imposte indirette attira l’attenzione naturalmente l’Iva, che sfrutta la spinta del buon andamento dell’economia in termini reali, ma anche quella della crescita dei prezzi (nella media dell’anno l’inflazione ha superato l’8 per cento). L’incremento percentuale è del 16,5, sintesi del +12,2 per cento relativo alla componente sugli scambi interni e del +52,1 di quella sulle importazioni, in proporzione più piccola ma influenzata dalle tensioni sui prezzi energetici. Dunque, il carovita ha penalizzato le famiglie e anche le imprese, ma ha avuto un impatto positivo sul bilancio dello Stato. Sul quale però incidono in senso opposto anche voci di spesa che a loro volta sono legate all’inflazione, seppur con un effetto temporale ritardato: nel 2023 l’adeguamento delle pensioni spingerà verso l’alto l’esborso finanziario per la previdenza. Tornando alle imposte indirette, e sempre a proposito di energia, è interessante notare il comportamento delle accise, che nella seconda metà dell’anno hanno evidenziato un calo, a causa della riduzione decisa dal governo nell’ambito delle misure per contrastare il caro-bollette. È invece positivo l’andamento del registro. Nell’ambito dei giochi flette il lotto ma crescono gli introiti legati ai vari apparecchi da intrattenimento. Nel complesso le imposte indirette hanno chiuso i primi undici mesi in progresso del 10,5 per cento.

GLI ENTI TERRITORIALI

Al di fuori del bilancio dello Stato ci sono le entrate di Regioni e Comuni, che si fanno notare con un +13,4 legato soprattutto all’andamento dell’Irap (da sola “guadagna” 5 miliardi ovvero il 22,5 per cento) ma anche a quello delle addizionali sull’Irpef. L’Imu, l’imposta sugli immobili che di per sé non è legata al ciclo economico, ha fatto comunque segnare un leggero avanzamento ma da questo dato mancano ancora i versamenti della seconda rata che si paga a dicembre e saranno disponibili a breve. Insieme alle entrate tributarie propriamente dette (imposte e tasse) sono cresciute anche quelle contributive, che risentono direttamente dell’andamento dell’occupazione: si tratta infatti dei versamenti effettuati da lavoratori e datori di lavoro, proporzionali alla massa dei redditi. Quelli affluiti all’Inps (la parte di gran lunga più consistente) sono aumentati del 5,3 per cento, quelli degli enti previdenziali del 21,4. Aggiungendo anche i contributi all’Inail, che riguardano gli infortuni, si arriva a una variazione positiva percentuale del 6,4. Insomma, riepilogando: il forte rimbalzo dell’economia negli ultimi due anni, dopo il tonfo legato alla fase più dura della pandemia, ha trascinato gli incassi fiscali: una tendenza che è proseguita anche nel mese di dicembre con i buoni risultati dei versamenti cosiddetti da autoliquidazione, oltre che del prelievo sugli extra-profitti versato dalle imprese energetiche.

LE ATTESE PER UN INCREMENTO

 Cosa succederà nel 2023? L’attesa è per un incremento delle Irpef è cresciuta del 3,6 per cento (anche grazie alle maggiori ritenute sui bonifici per le varie ristrutturazioni edilizie) e le imposte dirette nel loro insieme hanno fatto segnare un balzo del 9,8 per cento. Spicca l’incremento dell’Ires che ha fatto incassare 13,7 miliardi in più rispetto ai 31,2 del periodo gennaio-novembre del 2021. Vistosamente positivo (+81,5%) anche l’andamento dell’imposta sostitutiva sui redditi da capitale e sulle plusvalenze, un segnale della buona salute del mercato del risparmio gestito nel 2021. Per la sostitutiva sui fondi pensione la variazione positiva è addirittura a 3 cifre (+103,2 per cento). Tra le imposte indirette attira l’attenzione naturalmente l’Iva, che sfrutta la spinta del buon andamento dell’economia in termini reali, ma anche quella della crescita dei prezzi (nella media dell’anno l’inflazione ha superato l’8 per cento). L’incremento percentuale è del 16,5, sintesi del +12,2 per cento relativo alla componente sugli scambi interni e del +52,1 di quella sulle importazioni, in proporzione più piccola ma influenzata dalle tensioni sui prezzi energetici. Dunque, il carovita ha penalizzato le famiglie e anche le imprese, ma ha avuto un impatto positivo sul bilancio dello Stato. Sul quale però incidono in senso opposto anche voci di spesa che a loro volta sono legate all’inflazione, seppur con un effetto temporale ritardato: nel 2023 l’adeguamento delle pensioni spingerà verso l’alto l’esborso finanziario per la previdenza. Tornando alle imposte indirette che potrebbe essere ancora a due cifre, per effetto di un andamento dei prezzi ancora più che vivace nella prima parte dell’anno. Mentre le dirette dovrebbero crescere comunque, ma a un ritmo molto meno sostenuto. Nelle prossime settimane intanto il governo dovrà aprire formalmente il cantiere della riforma fiscale, con il passaggio in Consiglio dei ministri della relativa legge delega. E verranno esplorati gli effettivi margini di finanza pubblica per la riduzione del prelievo. L’ulteriore alleggerimento dell’Irpef (con il passaggio da quattro a tre aliquote) dovrebbe essere in buona parte finanziato attraverso la razionalizzazione delle attuali detrazioni e deduzioni, molte delle quali saranno probabilmente graduate in base al reddito dei contribuenti. E dunque depotenziate o cancellate per quelli medio-alti.

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