La rotta degli investitori nel 2022, non c’è dubbio, deve tenere conto di certi prezzi “appiccicosi” più a lungo del previsto, dicono gli esperti di portafoglio.
Senza perdere di vista, naturalmente, le mosse delle banche centrali, e in particolare del potenziale rialzo dei tassi di interesse nel Regno Unito e negli Stati Uniti, dice Chris Iggo, cio core investments di AXA Investment Managers. Il Fondo Monetario Internazionale prevede per quest’anno un’inflazione dei prezzi al consumo del 2,8% per le economie avanzate e del 5,5% per le economie in via di sviluppo, ma sembra concordare con l’opinione del consensus: l’inflazione scenderà nel corso del 2022 e del 2023. Dunque, come proteggere i portafogli? Finora, il reddito fisso non è riuscito a proteggere adeguatamente il portafoglio dal rialzo dei prezzi. Il rendimento reale delle obbligazioni di alta qualità è stato negativo. E la situazione resterà probabilmente tale. Hanno fatto eccezione, però, le obbligazioni indicizzate all’inflazione, che restano l’opzione migliore, soprattutto quelle con “duration” (il tempo necessario a ripagare con le cedole il capitale impiegato) più breve.
TASSI SOTTO L’INFLAZIONE
Gli investimenti corporate probabilmente continueranno a essere sostenuti dai fondamentali positivi. Gli strumenti di credito finora non hanno compensato l’inflazione, e faticheranno a farlo anche nel primo semestre del 2022. Le azioni in genere funzionano come strumento para-inflazione. Il prossimo anno, tuttavia, potrebbe essere meno semplice. La crescita degli utili rallenterà, ma nel complesso la domanda dovrebbe restare robusta. La politica monetaria sarà un po’ meno accomodante. Potremmo assistere a una certa compressione dei margini qualora diventi più difficile trasferire l’aumento dei costi. Nel complesso, però, i rendimenti azionari saranno probabilmente più alti di quelli obbligazionari.