Il premio Wolf, David Zilberman: «Basta con i pregiudizi, con gli Ogm si salva anche il pianeta»

Il premio Wolf, David Zilberman: «Basta con i pregiudizi, con gli Ogm si salva anche il pianeta»
di Barbara Gravelli
Mercoledì 7 Settembre 2022, 13:49 - Ultimo agg. 24 Febbraio, 07:26
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La guerra in Ucraina e la siccità hanno messo in luce tutte le debolezze dei sistema agricolo europeo e mondiale, con pesanti effetti sull’economia, ma la soluzione per eliminare la dipendenza alimentare e, in parte quella petrolifera, del Vecchio Continente dalla Russia è a portata di mano, in tempi relativamente brevi e senza necessità di grandi investimenti.

«In Europa l’agricoltura è ferma al XIX secolo, se l’Unione decidesse di utilizzare da subito tutte le migliori tecnologie disponibili, nel giro di 5 anni avreste abbastanza cibo per non dipendere dalle forniture russe, ma anche per raddoppiare la produzione di biocarburanti e ridurre quasi della metà i consumi di acqua ad uso agricolo».

Parola di David Zilberman, professore di Economia dell’Agricoltura e delle Risorse presso l’Università di Berkeley in California, nonché vincitore del premio Wolf per l’agricoltura (l’equivalente agrario del premio Nobel). Per il professore americano – intervenuto di recente a una conferenza organizzata a Roma dall’Ifad su “Lavoro, innovazione e catene del valore rurali nell’era del cambiamento climatico” – l’Europa deve fare una scelta strategica di lungo periodo, visto che una volta terminata la guerra in Ucraina non tutti i problemi di approvvigionamento alimentare nel mondo saranno superati. I cambiamenti climatici in corso, compresa la siccità, continueranno a peggiorare e a creare problemi di approvvigionamento, di conseguenza, continueranno a influire sui flussi migratori. L’impiego della tecnologia serve ad aumentare la resilienza e a favorire la transizione verso un sistema agricolo in grado di soddisfare i bisogni di una popolazione mondiale in continua crescita, trasformando la sicurezza alimentare in un potente strumento geopolitico. Come dimostra la guerra in Ucraina, che fino ad ora ha determinato un incremento dei prezzi dei cereali di circa il 56%, nonostante il fatto che la sua produzione destinata all’export valga poco meno del 10% degli scambi globali.

A cosa fa riferimento quando parla di utilizzare in Europa tutte le migliori tecnologie per aumentare la produzione agricola?

«Penso in primo luogo all’utilizzo di sementi geneticamente modificate, ovvero gli Ogm, e a quelle ottenute con la tecnica del crisper (editing genetico): l’impiego di tali semi può incrementare la produttività delle colture complessivamente del 10%, con picchi del 15-20% per il grano e il mais.

Inoltre bisogna considerare che l’impiego di sementi biotecnologiche consente di ridurre il consumo di acqua fino al 15%. Se in Europa faceste ricorso a queste tecnologie, in 10 anni avreste risolto tutti i vostri problemi, sia per quanto riguarda l’alimentazione umana che per quella degli animali. Potreste esportare i prodotti agricoli di cui ha grande bisogno l’Africa e in questo modo riuscireste anche a contrastare le grandi migrazioni prodotte dalla fame».

Dieci anni sono un periodo molto lungo.

«È il lasso di tempo che serve per arrivare a regime, ci vogliono 5 anni per produrre i semi e altri 5 per metterli tutti in produzione. Ma già dopo 2 o 3 anni i risultati dell’impiego di sementi biotecnologiche darebbe segnali evidenti. Per quanto riguarda la produzione di zucchero potrebbe salire di circa il 10% già dopo 2 anni».

Perché non servono grandi investimenti per fare questa conversione colturale?

«È una questione di legislazione, in Europa la coltivazione di queste sementi praticamente non è permessa, quindi basterebbe cambiare la legge per consentirne l’utilizzo. Cambiare una legge non costa nulla».

I consumatori europei non sembrano entusiasti di acquistare prodotti geneticamente modificati.

«È un pregiudizio che c’è anche negli Stati Uniti ma non ci sono evidenze scientifiche per giustificare un tale atteggiamento. Non ci sono motivi per cui l’Italia, la Francia e la Germania, così come tutto il resto del Vecchio Continente non utilizzino tutti gli strumenti tecnologici messi a punto per l’agricoltura. Le moderne tecnologie agricole sono come le moderne tecnologie farmaceutiche e non utilizzarle è assurdo».

L’impiego di sementi biotecnologiche può aiutare l’Europa anche sul fronte della produzione di energia?

«Certamente sì, basti pensare che oggi gli europei fanno ricorso ai biocarburanti solo per una quota vicina al 5%, ma grazie alla tecnologia potreste raddoppiare questa quota o anche superare il 10% in un tempo assolutamente ragionevole».

Come ci può aiutare la tecnologia a risparmiare l’acqua per usi agricoli?

«Innanzitutto l’impiego dell’irrigazione a goccia e dei relativi software vi consentirebbe di ridurre i consumi fino al 40%, si tratta di una tecnologia già matura che viene utilizzata in Israele da decenni. In questo caso però servono investimenti molto rilevanti. Inoltre, bisogna prendere in considerazione l’uso dei desalinizzatori per produrre acqua in quelle zone dell’Europa dove è assolutamente assente».

Solo per quanto riguarda il risparmio di acqua, combinando l’uso di sementi biotecnologiche con l’irrigazione a goccia c’è chi sostiene che si potrebbero tagliare i consumi idrici del 55 per cento, non le sembra troppo ottimistico?

«Si tratta di una previsione realistica. Le ripeto, il sistema agricolo europeo è fermo al diciannovesimo secolo, quindi ha amplissimi margini di miglioramento: meno un sistema è efficiente più è possibile perfezionarlo. L’Europa usa prevalentemente irrigazione a pioggia, il passaggio a quella a goccia vi farebbe fare un salto enorme verso il risparmio idrico».

Ciò che emerge chiaramente dalla parole di Zilberman è che l’epoca della globalizzazione, soprattutto in campo alimentare, sta facendo rapidamente i conti con la sicurezza degli approvvigionamenti e che grazie alla tecnologia l’Europa può svolgere un ruolo importante sullo scacchiere internazionale. Bisogna solo volerlo.

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