La roulette dei tamponi mette a rischio chi ha bisogno di cure

La roulette dei tamponi mette a rischio chi ha bisogno di cure
di Marco Barbieri
Mercoledì 4 Maggio 2022, 11:16 - Ultimo agg. 5 Maggio, 07:16
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Il rischio della roulette persiste. Se possibile si rafforza.

Dallo scorso primo maggio si sono affievoliti i controlli anti-Covid, tranne che per le strutture sanitarie e per le Rsa. Ma il caos regna sovrano. Mi spiego: mi viene prescritta una terapia ambulatoriale. Sono tenuto all’esibizione del green pass rafforzato per accedere alla sala d’attesa. Ma non è obbligatorio il tampone. Quindi posso trovarmi fianco a fianco con un “positivo” che non sa di esserlo. E posso contagiarmi e contagiare. Se poi la settimana successiva devo farmi un day hospital non basta più il green pass rafforzato. Mi si richiede un tampone nelle 48 ore precedenti il ricovero. A quel punto posso accorgermi di essere diventato positivo, magari proprio per gli incontri fatti la settimana prima nella sala d’attesa degli ambulatori, e mi si blocca il ricovero, che normalmente presuppone terapie o interventi più urgenti o “importanti” del percorso ambulatoriale.

C’è un problema.

Acuito dal fatto che, una volta ricoverato – se il tampone è negativo, nonostante le frequentazioni a rischio – posso farmi accompagnare da un parente (almeno nelle strutture private, in quelle pubbliche quasi mai) che tuttavia non ha l’obbligo del tampone, ma solo del green pass rafforzato. Cioè posso passare un giorno intero (in caso di day hospital) o anche una notte o più (in caso di ricovero più lungo) a fianco di un soggetto che potrebbe essere positivo, infettando me e tutto il reparto. Difficile sapere se è preferibile il rigore assoluto (tutti tamponati, sempre, altrimenti non si mette piede nelle strutture sanitarie) o l’accondiscendenza estesa (basta con i tamponi, che registrano solo il contagio, non la sintomatologia).

Ma certo l’ambivalenza non aiuta la vita dei malati – non si muore solo di Covid, purtroppo – né la cultura della prevenzione vaccinale. Senza arrivare agli estremi cinesi, il Covid richiede forse un comportamento unico e strutturato. Meno bizantinismi. Come la curiosa procedura ancora vigente per tornare allo stato di salute conclamato dopo un tampone positivo. Serve la certificazione del medico di base, che non fa altro che ricevere l’autodichiarazione del paziente e la copia del nuovo tampone negativo, dopo quelli positivi. Non basterebbe la connessione diretta con il sistema elettronico del ministero della Salute, che dopo ogni tampone eseguito comunica lo stato di contagio in corso?

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