La diffusione dei pagamenti elettronici è legata strettamente al recupero del sommerso. «È un mio cavallo di battaglia», ha spiegato nei giorni scorsi il premier Conte. Il piano «Italia Cashless» avrà una prima attuazione a partire da mercoledì prossimo, con la riduzione della soglia per l'uso del contante da 3.000 a 2.000 euro e con l'applicazione di un credito d'imposta fino al 30% per gli esercenti, sulle commissioni per operazioni con carte di credito o altri strumenti di pagamento elettronici. Mentre per la lotteria degli scontrini e per il cashback sugli acquisti fatti con carte di pagamento bisognerà attendere il 2021.
Ma l'utilizzo del contante in Italia, e in particolare a Napoli, risulta ancora largamente prevalente. «Il contante in circolazione nel 2019 - spiega il think tank The European House Ambrosetti, nel Rapporto 2020 della Community Cashless Society - ha raggiunto i 208,4 miliardi di euro, un valore che continua a crescere anno dopo anno dal 2008. L'Italia rimane un'economia cash-based e tra le 30 peggiori economie al mondo per incidenza del contante sul Pil. Il divario tra l'Italia e i migliori Paesi europei è confermato dal Cashless Society Index 2020». Uno strumento che monitora lo stato di avanzamento dei Paesi europei verso un'ipotetica società «senza contante», sulla base di sedici indicatori raggruppati in due aree di riferimento, ovvero «Stato dei pagamenti» e «Fattori abilitanti». Nell'Indice 2020, l'Italia figura al 23esimo posto su 28 Paesi. E per il Gruppo Ambrosetti il netto divario tra il nostro Paese e il resto d'Europa deriva anche da una forte disomogeneità territoriale.
Nella graduatoria regionale emergono risultati completamente differenti tra il Nord, con la Lombardia saldamente in vetta, e il resto d'Italia, con la Campania al quindicesimo posto. Mentre nella classifica relativa alle 14 Città metropolitane Napoli si trova al terzultimo posto, in calo di tre posizioni rispetto al 2019, dopo essere stata superata da Messina, Reggio Calabria e Palermo. Sulle motivazioni dell'insuccesso dei pagamenti elettronici vengono fuori risposte molto diverse, a seconda dei territori. Tra i residenti al Sud il «primo ostacolo all'utilizzo delle carte di pagamento, per il 48% degli interpellati, è la scarsa attitudine dei commercianti ed esercenti ad accettare i pagamenti elettronici, seguito dai costi di utilizzo (43,8%)». Nel primo caso, il credito di imposta sulle commissioni punta, dunque, ad eliminare la ritrosia degli esercenti nell'uso dei Pos. Mentre quello dei costi per i consumatori appare come un argomento, in buona parte, privo di fondamento. E dall'analisi del Gruppo Ambrosetti scaturiscono anche altre risposte sorprendenti. I cattivi risultati sul fronte dei pagamenti senza contante- solo il 13% del totale dei volumi- non derivano, come si potrebbe pensare, da uno scarso numero di POS disponibili. «L'Italia è seconda in Europa con un numero di POS per milione di abitanti pari a 52,5 dopo la Grecia (52,6), un valore superiore del 70% rispetto alla media europea».
I POS attivi nel 2019 - secondo Bankitalia - sono quasi 3,5 milioni. Eppure i vantaggi offerti dalla transizione verso una Cashless society - assicura la Community - sono innumerevoli. Si va dalla riduzione dei costi associati all'utilizzo del contante, di rilevante impatto sul piano economico-sociale, all'emersione dell'economia sommersa, dato che i Paesi con il maggior utilizzo di strumenti di pagamento cash-based soffrono di elevati livelli di evasione fiscale». E, tra i fattori citati, c'è anche la sicurezza delle transazioni che già oggi si attesta su elevati standard. Per l'emersione del nero, il Gruppo Ambrosetti ha stimato un recupero fino a 29,5 miliardi di euro sommersi nell'ipotesi di un allineamento alla media europea di pagamenti cashless con carta.