Salvataggio Whirlpool Napoli, parla Scudieri: «Io ci sto, la sfida è l'innovazione»

Salvataggio Whirlpool Napoli, parla Scudieri: «Io ci sto, la sfida è l'innovazione»
di Nando Santonastaso
Sabato 1 Agosto 2020, 09:31 - Ultimo agg. 11:59
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I numeri preferisce non farli, pur essendo ben consapevole che gran parte della credibilità della sua proposta si giocherà inevitabilmente su di essi. Ma Paolo Scudieri, patron del gruppo Adler e presidente dell'Anfia, la filiera nazionale dell'automotive, non nasconde che dopo l'eventuale acquisizione dello stabilimento Whirlpool di via Argine sarà difficile recuperare tutti gli attuali lavoratori. «Abbiamo bisogno di profili professionali specifici», dice l'imprenditore originario di Ottaviano che sulla diversificazione delle sue attività produttive, dall'automotive al settore dell'aeronautica, per sconfinare nell'aerospazio come nell'agroalimentare, ha costruito un gruppo industriale importante e riconosciuto anche all'estero.

Com'è nato questo interesse per la Whirlpool di Napoli?
«Dalla volontà di capire quali tecnologie innovative potessero garantire un futuro duraturo a questo stabilimento, così importante per il tessuto industriale e il contesto socio-economico delle nostre aree. Abbiamo pensato perciò a sinergie di filiera e, appunto, a tecnologie innovative per impostare il business plan e trasmetterlo ad Invitalia e al ministero dello Sviluppo economico. Mi fa piacere avere constatato che la proposta è stata attentamente valutata e illustrata nell'incontro di ieri anche ai sindacati. È stato un primo passo, mi auguro che andremo avanti nel confronto».
Entriamo nel dettaglio: la proposta è articolata su due settori produttivi, è così?
«I fiIoni sono due, sì. Uno nel settore aeronautico dove esprimiamo già una nostra presenza industriale con aziende che producono componenti per vari attori del comparto: qui, la sinergia di filiera sarà determinante sia in termini di diffusione di saperi e dunque di competitività ma anche di risparmio dei costi relativi alla logistica, con la concentrazione delle attività in un solo luogo. Il secondo filone è quello dell'automotive: ci sono partner che assemblano componenti per pneumatici/cerchi per auto e veicoli commerciali e anche qui si potrebbero generare sinergie importanti».
I due settori partirebbero contemporaneamente?
«Sui tempi non c'è stata ancora una valutazione completa. Ora siamo alla rappresentazione del piano che oltre alla parte industriale vede anche un'altra componente che attiene allo sviluppo tecnologico per la sperimentazione e produzione di fuel cell, celle cioè a combustibile idrogeno che saranno sempre di più il perno dell'alimentazione energetica domestica».
 


Questa proposta saturerà tutta l'occupazione attuale nel sito di via Argine?
«No, non copre la totalità dei lavoratori oggi in organico e prevede anzi un adattamento in termini di formazione alle nuove missioni produttive. Niente numeri, ripeto. Ma questa proposta vede nell'innovazione e nel consolidato industriale del nostro gruppo fattori di attualità e di proiezione del sito in una dimensione di sviluppo futuro».
Se entrassero anche altri attori si potrebbero garantire certezze occupazionali a tutti i lavoratori?
«Questo attiene all'elaborazione della proposta nei suoi dettagli. Noi abbiamo bisogno di alcuni profili professionali, evidentemente altre imprese potrebbero essere interessate ad altri skill».
Ma in questa proposta è prevista anche la partecipazione azionaria di Invitalia o comunque di capitale pubblico?
«Gli strumenti a disposizione del ministero dello Sviluppo economico e di Invitalia, che sono ampi e vari, vengono già presi in considerazione dal nostro piano. Se si deciderà per una partecipazione al capitale o per l'uso di strumenti agevolativi o per misure di medio-lungo periodo lo si dovrà capire in fase di approfondimento tecnico».
 
 

Quanto costerebbe l'intera operazione?
«Preferisco non fare numeri, in ogni caso sono vincolato al silenzio più assoluto. Il focus è sulla creazione di modelli industriali innovativi capaci di assicurare sul piano dei tempi una ricaduta molto sostanziosa a un pezzo importante del sistema industriale della regione. E' proprio l'approccio innovativo che abbiamo messo al centro della nostra iniziativa il valore aggiunto».
A giudicare dall'effetto del Coivid-19 sull'economia, puntare sull'automotive sembra quasi un rischio...
«No, come Anfia abbiamo sempre raccontato che se i governi fanno fino in fondo la loro parte, il mondo dell'automotive risponde sempre in termini positivi. I ministri dello Sviluppo economico e del Tesoro unitamente al presidente del Consiglio hanno dato un notevole impulso al comparto attraverso i bonus per rinnovare l'obsoleto parco automobilistico del nostro Paese e le risposte ma anche la percezione del mercato sembrano tangibili. Se continuiamo su questa strada, sono più che certo che la resilienza del consumatore sarà garantita. A livello di ordini oltre che di dinamismo dei concessionari i segnali sono incoraggianti».
I sindacati però sono piuttosto freddi.
«È vero ma abbiano con i sindacati una identità comune, insieme vogliamo alla fine vincere questa sfida. Non si tratta di convincere qualcuno ma di dimostrare ciò che la modernità può significare in un sistema industriale. È una partita di coscienza, win-win mi piace definirla, perché tutte le parti devono confluire sullo stesso obiettivo. E sono sicuro che prima della fine di ottobre ci riusciremo».
 

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