Appalti, salta la proroga: «Così i cantieri chiudono»

Appalti, salta la proroga. «Così i cantieri chiudono»
Appalti, salta la proroga. «Così i cantieri chiudono»
di Luca Cifoni
Mercoledì 23 Marzo 2022, 07:00 - Ultimo agg. 24 Marzo, 13:27
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La norma compariva, all’articolo 23, nella bozza del decreto legge contro il caro-bollette approvato venerdì dal governo. Non solo: era stata anche menzionata e illustrata nel comunicato stampa diffuso al termine del Consiglio dei ministri (ora corretto sul sito). Nel testo finale però della possibilità di proroga dei termini per gli appalti pubblici in caso di aumento eccezionale dei prezzi non c’è più traccia. Il cambio di rotta ha fatto saltare sulla sedia i costruttori, che un intervento di questo tipo lo avevano sollecitato. Ora, secondo l’Ance, il rischio è quello di una chiusura generalizzata dei cantieri. «Impossibile tenerli aperti» ha commentato il presidente dell’Ance Gabriele Buia. Il quale ha aggiunto che la disposizione saltata «era l’unico strumento a disposizione delle imprese per non abbandonare del tutto i cantieri, vista l’impossibilità di proseguire i lavori con i costi attuali e la scarsità di materiali». Non si trattava chiaramente di una soluzione al problema perché «concedeva solo una tregua senza individuare una soluzione duratura». Ma dal punto di vista delle imprese permetteva quanto meno di prendere tempo e limitare le conseguenze anche finanziarie di una situazione difficilmente gestibili. 

Il governo però ha deciso diversamente; probabilmente valutando il messaggio negativo che sarebbe emerso da una possibile dilatazione generalizzata dei tempi delle opere, in una fase in cui al contrario si fanno tutti gli sforzi per non mettere in discussione il calendario del Piano di ripresa e resilienza. Così - spiegano al ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili (Mims) - è stata scelta una strada diversa, aumentare i fondi per fronteggiare il rincaro dei materiali e edili e quello più generale dei prezzi energetici. Gli stanziamenti vengono incrementati complessivamente di 320 milioni: 200 andranno al “Fondo per la prosecuzione delle opere pubbliche” istituito nel 2020 proprio per fronteggiare fabbisogni finanziari imprevisti, altri 120 al più recente “Fondo adeguamento prezzi” creato specificamente a seguito dell’ondata di aumenti. L’idea insomma è che le maggiori risorse possano quanto meno limitare i casi di possibile blocco dei lavori. D’altra parte, si fa notare sempre dal dicastero guidato da Enrico Giovannini, nei casi in cui si ponga davvero un problema insormontabile resta applicabile la normativa generale (articolo 107 del codice degli appalti) che permette la sospensione dei lavori, senza bisogno di una ulteriore e specifica norma.

Nel provvedimento è invece confermato un altro intervento, la possibilità che il Mims riconosca, nel limite complessivo del 50% delle risorse del fondo, un’anticipazione pari al 50% dell’importo richiesto dalle imprese a valere proprio sul Fondo adeguamento prezzi.

Per ora, come accennato, l’esecutivo non intende rimettere in discussione le opere pubbliche programmate e in particolare gli investimenti del Pnrr. Al massimo viene presa in considerazione la possibilità di aggiustamenti in corso d’opera di tipo selettivo, che potrebbero richiedere di aggiungere finanziamenti nazionali alle risorse europee. La situazione però è destinata a restare molto critica, soprattutto in assenza di una svolta in Ucraina: l’invasione russa si è inserita in un quadro già molto difficile, aggravandolo e soprattutto allontanando qualsiasi prospettiva di rientro dell’inflazione globale. Ormai non è solo un problema di prezzi: alcuni materiali sono diventati praticamente impossibili da reperire. E le tensioni minacciano la crescita complessiva: secondo il presidente di Confindustria Bonomi il primo trimestre 2022 potrebbe fare registrare una crescita vicina allo zero. 

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Le altre parti del decreto legge andato in Gazzetta ufficiale nella notte tra lunedì e martedì non contengono particolari novità rispetto alla versione della settimana scorsa. È rimasto al suo posto l’articolo 37, che finanzia gran parte del provvedimento istituendo il contributo straordinario a carico delle società energetiche. La base imponibile di questo prelievo, identificata con l’«incremento del saldo tra le operazioni attive e le operazioni passive, riferito al periodo dal 1° ottobre 2021 al 31 marzo 2022, rispetto al saldo del periodo dal 1° ottobre 2020 al 31 marzo 2021» è stata quantificata in 39,8 miliardi: applicando un’aliquota del 10 per cento si ottengono sulla carta quasi 4 miliardi. 

Tra le varie misure sono poi confermati gli aiuti in favore delle imprese per l’acquisto di energia, con misure specifiche per le aziende energivore e gasivore, la rateizzazione delle bollette sempre a beneficio delle imprese, la non tassabilità per un importo di 200 euro dei buoni benzina erogati dalle aziende ai lavoratori che usano mezzi propri per arrivare sul posto di lavoro.

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