Atlantia, faro Ue sul governo: peserà nella trattativa con Cdp

Atlantia, faro Ue sul governo: peserà nella trattativa con Cdp
​Atlantia, faro Ue sul governo: peserà nella trattativa con Cdp
di Roberta Amoruso
Mercoledì 2 Settembre 2020, 00:45 - Ultimo agg. 11:01
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Potrebbe irrompere Bruxelles nella trattativa tra Atlantia e Cdp per la cessione della quota di Aspi. A quanto pare la Commissione Ue ha acceso un faro sulle mosse del governo nella partita che dalla minaccia della revoca della concessione, passando dal Decreto Milleproroghe, è poi approdata all’accordo del 14 luglio, già rimesso in discussione, che costringe la famiglia Benetton a uscire dal capitale di Autostrade. Si tratta di un dettaglio non da poco visto che domani il cda di Atlantia sarà chiamato a scegliere la strada per uscire da Aspi, tra asta internazionale e spin-off proporzionale con successiva quotazione, da sottoporre poi all’assemblea straordinaria. Una strada diversa da quella prospettata nella lettera di luglio che aveva scongiurato la revoca della concessione a fronte impegni precisi contenuti nella missiva al governo e a Cdp, compreso il percorso di uscita dei Benetton attraverso l’aumento di capitale riservato alla Cassa. Il cambio di marcia non è risultato gradito a Cdp, ma soprattutto al governo, che pur richiamando Atlantia agli impegni del 14 luglio, ha aperto un tavolo di trattative con la holding per arrivare a un compromesso. In questa trattativa ora rischia di pesare la minaccia del possibile intervento della Commissione sollecitata più volte dai fondi internazionali presenti nel capitale di Atlantia.

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A confermare l’interesse di Bruxelles al dossier è la lettera di risposta inviata dall’Ue al Fondo aggressivo Tci (con una quota dell’1% e un pacchetto di derivati che portano la partecipazione al 6%) che da tempo punta il dito contro le mosse di Palazzo Chigi sul dossier Atlantia-Aspi, a partire dal Decreto Milleproroghe che cancella il maxi-indennizzo in caso di revoca, contro le regole Ue secondo lo stesso fondo. Sulla stessa linea la posizione di Allianz e del fondo cinese Silk Road che insieme contano su un pacchetto rotondo di titoli capaci di pesare in assemblea. Va ricordato, infatti, che il 70% della società è in mano ai grandi fondi internazionali (tra cui anche il sovrano di Singapore Gic, Hsbc, BlackRock) e alla fondazione Crt, tutti per lo più contrari a un’operazione che accompagni l’uscita dei Benetton con un aumento di capitale riservato a Cdp che, a loro parere, non ha le garanzie di un’operazione di mercato. Nella missiva inviata il 30 giugno a Christopher Hohn, chief executive e chief investment officer del fondo Tci, Ugo Bassi, direttore per i Mercati finanziari all’interno della Direzione generale per la Stabilità finanziaria, i servizi finanziari e l’Unione dei mercati di capitale (Fisma), scrive che «la Commissione sta approfondendo il tema e le preoccupazioni sollevate» in merito al Decreto Milleproroghe e «all’impatto sulla concessione autostradale accordata ad Aspi e in generale sul mercato Ue». Da allora altri fondi a luglio sono tornati all’attacco con tanto di sollecitazioni inviate a Bruxelles. L’ultima lettera di Tci risale al 10 agosto, per sollecitare l’Ue a intervenire contro un governo che «forza il trasferimento del controllo» in mano ai Benetton a «prezzi inferiori a quelli di mercato». «Conveniamo con l’Ue che sia urgente un intervento della Commissione e siamo in attesa», ha spiegato il fondo Tci al Messaggero. Ma i tempi in questa vicenda rischiano di essere decisivi.
 

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