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Auto a benzina, dopo lo stop arriva l’allarme dei produttori: «Impossibile in 13 anni». E ​il governo studia incentivi

Le industrie della componentistica: «In crisi il nostro comparto».

Stop alle auto a benzina, l allarme dei produttori: «Impossibile in 13 anni»
Stop alle auto a benzina, l’allarme dei produttori: «Impossibile in 13 anni»
di Giorgio Ursicino
Articolo riservato agli abbonati
Sabato 11 Giugno 2022, 00:08 - Ultimo agg. : 12:43
4 Minuti di Lettura

Potrebbe sembrare semplice, ma non lo è affatto. Una data o una percentuale, che diventeranno attuali alla metà del prossimo decennio, possono scaldare così tanto gli animi? In fondo, c’è tempo per agire, di prepararsi al meglio. Mancano 13 anni. Gli esperti, però, dicono: niente affatto. Per certe complesse tecnologie e per processi tanto ingarbugliati il lungo “countdown” è insufficiente. Abbiamo chiesto il loro punto di vista a due autentiche autorità del settore. Paolo Scudieri, presidente dell’Anfia e regista di Adler Group, una delle aziende di riferimento nel settore della componentistica, non solo italiana. E Michele Crisci, stesso ruolo nell’Unrae e numero uno di Volvo Italia. Fra i due c’è grande stima reciproca ed una collaborazione costante.

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PUNTI DI VISTA DIVERSI

Le posizioni, però, non sono perfettamente allineate, ognuna rappresenta una certa fetta dell’automotive con esigenze diverse. Scudieri rappresenta la filiera dei componenti, anche quelli più raffinati e sofisticati, Crisci i costruttori che le parti base le comprano e sono già un pezzo avanti. Scudieri parla chiaro: «Così come è andata è un mezzo disastro, ma la nostra politica è disposta a lottare fino in fondo. È dalla nostra parte. I tempi sono troppo stretti, la percentuale del 100% nel 2035 una follia. Rischiamo veramente di perdere decine di migliaia di posti di lavoro e di mettere in crisi un comparto determinante per il nostro Pil». Ma 13 anni è tempo adeguato. «No. Non è solo l’Italia in ritardo, è tutta l’Europa che deve recuperare. Certi business li abbiamo lasciati in mano ad alcune zone del pianeta e non è affatto facile risalire la china. Non parlo solo dei motori elettrici e delle Gigafactory, quelle si fanno. Parlo di tutto il processo produttivo, partendo dalla materie prime anche rare. Molti di questi passaggi sono in mano ai cinesi e, accelerando sull’elettrico, gli daremo un bell’assist».

La soluzione? «Serve più tempo e la possibilità di usare altri schemi che rispettino la neutralità tecnologica. Dobbiamo almeno recuperare il tempo perso con la pandemia ed ora con la guerra». Il presidente dei costruttori in Italia è più ottimista: «Mi sembra di lottare contro i mulini a vento. Il dado è tratto. Scudieri ha ragione che ci sono dei rischi per i fornitori di componenti, ma se il nostro paese non fa tutto quello che è necessario. La transizione deve essere accompagnata con impegno e determinazione. Per quello che dicono i costruttori operanti in Europa, temo che nel 2035 non ci saranno più molti acquirenti di componenti per auto termiche. I nostri piani prevedono fra due anni la produzione dell’ultimo diesel, la stessa fine farà dopo poco il benzina. Entro fine decennio anche i plug in che, ora vanno per la maggiore, verranno pensionati. Forse stiamo dando troppa importanza al voto europeo».

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SVILUPPI FUTURI

Il governo sarebbe già all’opera per individuare incentivi alle imprese che favoriscano la transizione. Cosa servirebbe? «Un piano articolato e a lunga scadenza, abbiamo visto come certi processi vadano guidati in anticipo - ribadisce Crisci - Deve essere aiutata l’industria, non c’è dubbio, ma anche interventi sul mercato potrebbero portare benefici ai protagonisti che non sono solo i costruttori. La nuova mobilità sostenibile va oltre le “zero emission”, porta anche altri risvolti. La commercializzazione cambierà profondamente. Abbiamo un rapporto continuo con l’esecutivo, ci sono ampi margine di intervento. Gli ecobonus possono essere tarati meglio, bisogna allargarli anche alle aziende e non solo alle persone fisiche. Poi c’è la tassazione delle vetture delle società, una detrazione più consona, almeno per quelle che emettono pochi grammi di CO2, potrebbe essere un’ulteriore spinta». Intanto ieri i sindacati hanno chiesto la convocazione di un tavolo urgente al Mise per trattare l’argomento.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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