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Autonomia differenziata, ok in cdm. Meloni: «Vogliamo Italia coesa». Governatori Pd in trincea

Il disegno di legge, a quanto si apprende, verrà sottoposto al parere della Conferenza unificata Stato-Regioni

Autonomia differenziata, ok in cdm. Calderoli: «Obiettivo far crescere tutto il Paese». Bonaccini: «Bozza non condivisa con le regioni»
Autonomia differenziata, ok in cdm. Calderoli: «Obiettivo far crescere tutto il Paese». Bonaccini: «Bozza non condivisa con le regioni»
di Alberto Gentili
Articolo riservato agli abbonati
Giovedì 2 Febbraio 2023, 17:41 - Ultimo agg. : 3 Febbraio, 09:25
4 Minuti di Lettura

Dopo il lungo e tormentato travaglio, il governo ha battezzato l’autonomia differenziata. Il via libera al disegno di legge presentato dal ministro agli Affari regionali, Roberto Calderoli, è avvenuto ieri pomeriggio con un voto all’unanimità. Ora però l’autonomia voluta dalla Lega è attesa a un primo banco di prova: dovrà superare il vaglio della Conferenza unificata Stato-Regioni dove è forte il fronte del no. E l’opposizione annuncia battaglia in Parlamento.

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Giorgia Meloni ha celebrato il sì senza particolare entusiasmo, limitandosi a osservare davanti ai suoi ministri: «Questo provvedimento dimostra ancora una volta che il governo mantiene e manterrà gli impegni presi. La coerenza con il mandato avuto dai cittadini, per noi, è una bussola». Come dire: è stato rispettato il patto con la Lega, ma non spelliamoci le mani. Tant’è che la premier ha evitato di mettere la faccia sulla riforma lumbard, disertando la conferenza stampa nella quale è stato illustrato il provvedimento dai ministri Calderoli, Raffaele Fitto ed Elisabetta Casellati. E poi in serata è corsa a offrire garanzie: «Puntiamo a costruire un’Italia più unita, più forte e più coesa. Il governo avvia un percorso per superare i divari che oggi esistono tra i territori e garantire a tutti i cittadini, e in ogni parte d’Italia, gli stessi diritti e lo stesso livello di servizi. La fissazione dei Livelli essenziali delle prestazioni (Lep), in questi anni mai determinati, è una garanzia di coesione e unità. Un provvedimento che declina il principio di sussidiarietà e dà alle Regioni che lo chiederanno una duplice opportunità: gestire direttamente materie e risorse e dare ai cittadini servizi più efficienti e meno costosi».

 

 

 

Il primo a festeggiare, con un sms ai suoi parlamentari, è stato Matteo Salvini che spera di trarre qualche vantaggio nella partita per la riconquista della Lombardia: «Efficienza, merito, innovazione, lavoro, più diritti per tutti i cittadini in tutta Italia, meno scuse per i politici ladri o incapaci. Autonomia approvata, altra promessa mantenuta». Euforico anche il governatore leghista del Veneto, Luca Zaia: «E’ una giornata storica. Il centralismo è distruttivo». Di giorno storico ha parlato, naturalmente anche Calderoli: «L’esistenza di cittadini di serie A e B è una realtà, in cui la sperequazione non riguarda solo le differenze tra Nord e Sud, ma anche tra diversi territori: un problema che va risolto ed è frutto di una gestione centralista».
Euforia leghista a parte, il treno dell’Autonomia partito non a caso negli ultimi giorni della campagna elettorale per la Lombardia, troverà sui binari numerosi ostacoli. Per venire incontro alla perplessità di Fratelli d’Italia, Forza Italia e dei governatori del Sud, è stato concordato che il Parlamento avrà un ruolo centrale: dopo il parere della Conferenza unificata Stato-Regioni, le Camere avranno 60 giorni di tempo per votare «atti di indirizzo». Inoltre la Conferenza Stato-Regioni avrà più occasioni per intervenire e apportare correzioni. Insomma: il disegno di legge, accolto perfino da un applauso del Cdm, non sarà “cucinato” dal solo Calderoli. E per il suo via libera avrà tempi decisamente lunghi. Con il rischio concreto di finire in un binario morto, come rivela Maria Stella Gelmini, ex ministro agli Affari regionali: «L’entusiasmo della Lega è fuori luogo e certifica soltanto che al partito di Salvini hanno concesso di piantare la sua bandierina elettorale. Uno spot che non conclude nulla: affrontare in questo modo l’Autonomia significa rinviarla sine die». Non a caso perfino Zaia parla di «inizio di un percorso».


I CONTRAPPESI
Per andare incontro all’allarme dei governatori delle Regioni del Sud, i Lep saranno garantiti in tutte le aree del Paese e i relativi costi e fabbisogni standard saranno determinati, dopo l’istituzione dell’ennesima cabina di regia, da alcuni decreti del presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm). Da Meloni, insomma, che ha sempre detto che le riforma «non spaccherà l’Italia», «non ci saranno territori di serie A e B» e vuole accompagnarla dall’introduzione del presidenzialismo. Ricetta centralista utile anche a contrastare le fughe nordiste. 
Silvio Berlusconi, come se non bastasse, già ha cominciato a parlare di «miglioramenti in Parlamento». E l’opposizione è salita sulle barricate: «Per noi è una riforma irricevibile, spacca il Paese. Siamo pronti alla mobilitazione», hanno detto in coro le capogruppo dem Debora Serracchiani e Simona Malpezzi e Stefano Bonaccini. Duro anche Giuseppe Conte, M5S: «Si tratta l’unità d’Italia come se fosse un affaire privato tra partiti di maggioranza». Per dirla con Carlo Calenda, l’approvazione del ddl è «l’ennesima presa in giro elettorale di una politica che fa propaganda sull’assetto istituzionale dello Stato».

Autonomia Regioni, Zaia: “Modello Calderoli fatto alla luce del sole e nel rispetto Costituzione”

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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