Assunzioni in frenata, colpa del caro-energia: in pericolo 880mila Pmi e 3 milioni di posti

Assunzioni in frenata, colpa del caro-energia: in pericolo 880mila Pmi e 3 milioni di posti
Assunzioni in frenata, colpa del caro-energia: in pericolo 880mila Pmi e 3 milioni di posti
di Rosario Dimito e Francesco Bisozzi
Venerdì 9 Settembre 2022, 07:21 - Ultimo agg. 10 Settembre, 09:27
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 Le aziende non assumono più, mentre il caro energia mette a rischio la sopravvivenza di 881mila piccole e medie imprese. Sul ciglio del burrone 3,5 milioni posti lavoro. Allarme di Confartigianato, che ha analizzato l'impatto della folle corsa dei prezzi di gas ed elettricità sulle aziende di 43 settori: dalla ceramica al tessile, dal vetro al farmaceutico, le attività energy intensive sono chiaramente quelle più colpite in questa fase. 

Gli effetti del caro-energia sull'occupazione delle pmi sono più evidenti in Lombardia (in grave affanno 139mila aziende con 751mila addetti) e nel Lazio (79mila imprese e 304mila addetti). Primi segni negativi arrivano dall'ultimo bollettino sull'occupazione del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Anpal. Sono 524mila i lavoratori ricercati dalle imprese per il mese di settembre, ovvero circa duemila in meno rispetto a quanto programmato.

In sofferenza il comparto manifatturiero (-13,6% pari a 15mila posti in meno rispetto a settembre 2021) e il commercio (-30% con una diminuzione di oltre 25mila contratti sempre rispetto a 12 mesi fa). Insomma, il continuo rialzo dei costi dell'energia e delle materie prime, con i relativi effetti su inflazione e consumi, si riflette ora pesantemente sulle dinamiche occupazionali. Per quanto riguarda il trimestre settembre-novembre 2022 le assunzioni previste superano 1,4 milioni, in calo del 3 per cento rispetto all'analogo trimestre del 2021.
Ma quali sono i settori dove non si trova più lavoro a causa dello shock energetico? Si va dalle industrie tessili e dell'abbigliamento (-31,8% rispetto a settembre 2021) alle aziende metallurgiche (-27,4%), dalle imprese della meccanica e dell'elettronica (-18,2%) a quelle della carta (-11,4%).

Sono poi 368mila i contratti di lavoro programmati dalle imprese dei servizi per settembre (-0,5% su settembre 2021).

Bene invece le costruzioni: 57mila le entrate programmate a settembre (+37,3% rispetto a dodici mesi fa). Non solo. Dall'ultimo bollettino del Sistema informativo Excelsior emerge anche che la difficoltà di reperimento segnalata dalle imprese, che nel complesso interessa più del 43 per cento delle assunzioni programmate, è aumentata del 7 per cento rispetto a settembre 2021, quando il mismatch (disequilibrio) tra domanda e offerta di lavoro riguardava il 36% dei profili ricercati. Facciamo qualche esempio: nelle aree tecniche e della progettazione mancano installatori e manutentori, figure per la quali la difficoltà di reperimento arriva adesso al 56 per cento. Cercasi 10.280 specialisti in sistemi informativi, ma oltre il 58 per cento dei posti a disposizione non risulta semplice da occupare. Servono poi questo mese 16.120 esperti di progettazione, ricerca e sviluppo: nel loro caso la difficoltà di reperimento supera il 46 per cento. I rincari dei prezzi dell'energia, avverte invece la Confartigianato, fanno soffrire ceramica, vetro, cemento, carta, metallurgia, chimica, raffinazione del petrolio, alimentare, bevande, farmaceutica, gomma e materie plastiche e prodotti in metallo.

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Nel frattempo, dall'ultimo aggiornamento dell'Osservatorio Crif Pulse, che il Messaggero ha visionato in anteprima, emerge che l'equilibrio fonti-impieghi delle aziende italiane resta delicato. La pressione sui margini operativi e il fabbisogno di capitale circolante saranno difficilmente compensabili nel breve termine in termini di capacità di generazione di cassa. «Tuttavia, le aziende che hanno effettuato un'adeguata provvista finanziaria nel biennio 2020-2021, anche grazie agli strumenti messi in campo dal governo italiano per contenere la crisi causata dalla pandemia, dispongono di un vitale polmone di liquidità», chiarisce Simone Mirani, general manager di Crif Ratings. In crescita nel primo semestre 2022 la quota di aziende considerate a rischio medio sulla base delle prospettive creditizie future, che salgono al 42,5% del totale, pur segnalando una riduzione delle imprese a rischio creditizio prospettico più elevato, prevalentemente per effetto di una situazione pandemica maggiormente sotto controllo. Nel primo semestre 2022 permangono in posizione bottom della graduatoria i comparti che fin dall'inizio della pandemia avevano subito gli effetti più significativi, come il turismo e l'immobiliare. Molto esposta anche l'agricoltura, a causa dell'emergenza idrica e del caro energia. 

Secondo le previsioni Crif, buona parte dei comparti economici italiani chiuderà il 2022 con un fatturato significativamente superiore ai livelli pre pandemia, complice l'effetto inflazionistico: + 9% rispetto al 2021. Anche il settore più colpito dalla pandemia quello del Turismo e Tempo libero avrà recuperato a fine 2022 buona parte del gap creatosi nel 2020-2021 a causa degli effetti della pandemia. Al contrario, sul fronte dei margini le spinte inflazionistiche spingeranno buona parte dei settori su livelli di Ebitda margin inferiori a quelli pre-pandemia. In particolare Agricoltura e Manifattura risultano da questo punto di vista i settori con le peggiori performance attese di - 40 punti base. I settori a bassa intensità di energia e limitata esposizione alle materie prime, quali i Servizi e più in generale il Terziario, chiuderanno il 2022 con margini superiori a quelli pre-crisi. 

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