Cambio euro-dollaro conviene? Viaggio a New York più vicino ma petrolio in salita: pro e contro della moneta Usa «forte» in Italia

Il dollaro «forte» non è una notizia troppo buona per il nostro Paese perché non permette di vendere risorse in euro in modo molto conveniente

Economia, effetto inflazione Usa: ecco i pro e i contro del dollaro «forte» in Italia sulle aziende e sui cittadini
Economia, effetto inflazione Usa: ecco i pro e i contro del dollaro «forte» in Italia sulle aziende e sui cittadini
Venerdì 3 Marzo 2023, 10:59 - Ultimo agg. 2 Febbraio, 18:21
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Vacanze a New York meno care ma prezzo del petrolio in aumento? Potremmo riassumere così gli effetti del cambio euro-dollaro che si mantiene ancora sopra il supporto di 1,07 dopo l’ultimo ribasso che aveva già portato a un test dei minimi relativi vicino al target di 1,05. Precisamente, oggi al momento della scrittura, il cambio euro dollaro passa di mano a quota 1.06148 mentre l’indice del dollaro statunitense segna 104,73 punti.

Ma procediamo con ordine e ragioniamo per capire i pro e i contro del «dollaro forte».

Il tasso di cambio è uno strumento utile nel contesto finanziario ed indispensabile nella funzione di «paragone» di confronto tra due valute monetarie ed uno dei più importanti è sicuramente quello euro-dollaro

Il valore attuale tra le due valute corrisponde a 1,07. Cosa significa? Per pareggiare il valore in euro, è necessario «accumulare» 1,07 dollari, anche se è in leggero ribasso.

 

Cosa succede


Due tra gli attori più forti nel mondo dal punto di vista economico sono gli USA e l'Italia. Se è vero che il nostro Paese sta mettendo e ha messo appunto diverse manovre fiscali gli Stati Uniti stanno gradualmente trascorrendo un momento complicato dal punto di vista economico dall’inizio dell’Amministrazione Biden.

Sui mercati si stanno verificando movimenti apparentemente paradossali. Ieri, i rendimenti sovrani nell’Eurozona sono saliti a seguito della pubblicazione del dato sull’inflazione di febbraio rilevatosi superiore alle attese. Ciononostante, il cambio euro-dollaro è sceso sotto la soglia di 1,07. In un mese esatto, cioè dall’ultimo board della Banca Centrale Europea (Bce), perde il 3,6%.

Con tassi Bce attesi in maggiore rialzo rispetto alle previsioni passate, la moneta unica dovrebbe rafforzarsi. Sta accadendo il contrario. Anziché attirare flussi di capitali da Oltreoceano, i maggiori rendimenti sovrani sembrano essere frutto proprio di deflussi dall’Eurozona in favore degli Stati Uniti. Se ciò è possibile, bisogna guardare a quanto sta accadendo al di là dell’Atlantico.Nelle ultime settimane, però, si sono moltiplicati i segnali circa un’inflazione americana «sticky», cioè che non vuole sentirne di scendere rapidamente. Dal 6,5% di gennaio al 6,4%.

In soldoni, se il cambio euro-dollaro non riesce a risalire e, al contrario, ha ingranato la retromarcia, è perché la divergenza monetaria scontata dal mercato tra Fed (Riserva federale, Banca centrale degli Stati Uniti) e Bce rimane intatta. Detto diversamente, è vero che i tassi Bce saliranno più di quanto avessimo immaginato fino a qualche mese fa, ma lo stesso dicasi per i tassi Fed. A gennaio, l’euro aveva corso contro il dollaro sull’attesa di una riduzione della divergenza monetaria. Invece, c’è persino il rischio che questa aumenti.
 

Ma cosa significa per l'Italia?

Ad oggi il valore è di 1,07 dollari, piuttosto al ribasso, condizione che vede una minore differenza tra le due valute e quindi un dollaro «forte», nonostante l’inflazione interna degli Stati Uniti che però attraverso la banca nazionale stanno comunque adoperando delle manovre finanziarie che tengono il valore «alto»: questo rende meno remunerative le potenzialità di altre valute quindi le risorse «convertite» da dollaro ad euro o viceversa vanno ad avvantaggiare il compratore che fa ricorso alla moneta statunitense, di contro è maggiormente utile per chi fa ricorso ad investimenti con il dollaro. 

In linea di massima il dollaro «forte» è una non buonissima notizia per il nostro Paese perchè non permette di vendere risorse in euro in modo molto conveniente.

 

I contro del dollaro forte

L’impennata del dollaro non è sempre una buona notizia per le nostre imprese.

Se è vero che con l’euro debole per le imprese europee diventa «più facile» vendere i propri prodotti negli Stati Uniti, l’aumento del prezzo delle materie prime, da sempre commerciate in dollari, rischia di aumentare i costi di produzione.

Il pericolo è quello di un aumento dell’inflazione importata, che si traduce in bollette più salate. Un assaggio lo abbiamo già avuto: il petrolio è aumentato dell’8% dal primo gennaio, a causa del calo dell’euro, così come le importazioni di altre materie prime denominate in valuta estera.
 

I pro del dollaro forte 

Per le nostre industrie esportatrici l’euro debole è una ottima notizia. Significa potere esportare nel mercato americano a prezzi inferiori e realizzare maggiori profitti. 

Il deprezzamento dell’euro rappresenta un’ottima notizia anche per il turismo. Il principio in questo caso è capovolto rispetto a prima. Il tasso di cambio vantaggioso, infatti, potrebbe incentivare i turisti americani a scegliere le destinazioni europee come meta per le proprie vacanze, approfittando dei costi minori. Viceversa per gli europei saranno meno convenienti le vacanze negli Stati Uniti.

Per gli stessi motivi appena citati, i beni presenti nei nostri negozi risulteranno molto più competitivi rispetto a quelli acquistati in patria. E visto che per molti l’Italia è una meta preferita soprattutto per lo shopping, è facile immaginarsi – con la moneta unica così debole – ottimi affari per i rivenditori italiani.


 

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