Stretta green, in Campania da adeguare metà delle case

L'immagine scaturisce dalla verifica dei dati incrociati sullo stato del patrimonio immobiliare

Stretta green, in Campania da adeguare metà delle case
di Lorenzo Calò
Mercoledì 11 Gennaio 2023, 07:09 - Ultimo agg. 12 Gennaio, 17:05
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Almeno la metà del patrimonio immobiliare della Campania dovrà subire gli adeguamenti previsti dall’Europa sull’efficientamento energetico degli appartamenti. Ma, i tempi mediamente lunghi di recepimento e attuazione della normativa e il possibile ricorso a incentivi statali potrebbero attenuare l’impatto economico su famiglie e condomini. È questa l’immagine che nelle province campane scaturisce dalla verifica dei dati incrociati sullo stato del patrimonio immobiliare e sulla griglia dei tempi e degli interventi prevista dalla normativa Ue che impone una stretta sul controllo energetico delle strutture entro il 2030.

Secondo il cronoprogramma di Bruxelles l’obiettivo della «svolta green» è quello di portare gli immobili residenziali alla classe energetica «E» entro il primo gennaio 2030 mentre dal 2033 sarà necessario arrivare alla classe «D». Poi, entro il 2050, emissioni-zero. Il punto resta l’obbligo per gli Stati membri di assicurare che il patrimonio edilizio sia interamente ristrutturato per garantire i nuovi parametri di efficienza energetica.

Questo passaggio è stato eliminato dalle nuove bozze, mentre è stato demandato agli Stati membri di decidere autonomamente a quali sanzioni sottoporre chi non adegua la propria casa ai nuovi requisiti di efficienza energetica. In realtà non c’è nemmeno bisogno che una sanzione sia effettivamente stabilita. Non appena la direttiva europea entrerà in vigore, l’effetto automatico sarà quello di ridurre il valore delle abitazioni che non rispettano i requisiti della direttiva. E in Italia sono tante. Nelle classi «G» ed «F», le due classi energetiche più basse, secondo gli ultimi dati dell’Enea, ricade il 60 per cento delle abitazioni residenziali mentre il valore sale man mano che ci si avvicina alla classe A.

In base alle stime di uno studio congiunto Acen-Cresme, che aggiorna i dati censuari fino al 2021, in Campania il 51% degli edifici residenziali ha più di 50 anni, percentuale in linea alla media nazionale, e che sale al 58% in provincia di Napoli, dove di conseguenza è assai rilevante la quota degli edifici degradati.

Non solo dunque un’ingente quota di edifici da ristrutturare in quanto vetusti, ma anche perché antecedenti all’entrata in vigore della normativa antisismica: «Si tratta di un patrimonio quantificato in 1,3 milioni di abitazioni in regione, di cui circa 690mila solo nella provincia di Napoli - evidenzia il rapporto - Lo stock immobiliare regionale, in base alle stime Cresme, è quantificato in 4,5 milioni di unità immobiliari, di cui più di 2,1 milioni nella provincia di Napoli. La vetustà del patrimonio esistente, nello specifico di quello residenziale, è uno dei fattori che spiegano la forte incidenza nel recente ciclo edilizio, dell’attività di riqualificazione e manutenzione».

A partire dal dato nazionale stimato dal Cresme, è stata calcolata la quota relativa alla Campania, sulla base dei dati relativi alle domande di agevolazioni per il rinnovo generico, disponibili fino al 2010, dei dati Enea per quanto riguarda la riqualificazione energetica, disponibili fino al 2020, base dei dati ricavabili dalle dichiarazioni Irpef, relativi ad entrambi le tipologie di incentivo, nonché dei report Enea che censiscono mensilmente le pratiche relative al Superbonus. «Il quadro che emerge per la regione - è scritto nel documento - descrive una progressione di crescita importante, che porta l’incidenza del rinnovo incentivato sul totale da meno del 10% in media nella prima metà degli anni 2000 a poco meno del 30% negli ultimi anni, fino a sfiorare il 44% nel 2021.

Un’evoluzione importante, sebbene il livello raggiunto in altri territori mostri come in regione permangono margini inutilizzati nel ricorso alle agevolazioni». Inoltre, dal 2018 la Regione Campania ha istituito un nuovo catasto che comprende sia quello dedicato agli attestati di prestazione energetica che quello per gli impianti termici civili. Il provvedimento ha portato con sé anche novità sui controlli di efficienza energetica degli impianti e accreditamento dei certificatori. L’ultimo aspetto è di carattere sociale ed emerge dall’analisi dei dati Istat: quasi l’8% delle famiglie con figli in Campania non può permettersi di riscaldare casa, dato cresciuto dopo il 2020, quindi dopo la pandemia, che tra l’altro si incrocia con una storica inadeguatezza del patrimonio pubblico, laddove solo il 37,13% gli edifici scolastici in Campania è dotato di accorgimenti per il risparmio energetico. Altro che svolta green.
 

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