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Case green, quanto costa il salto di classe energetica? Spesa fino a 120mila euro. Il 60% degli immobili italiani fuori norma

Il conto finale, tra coibentazione dell'edificio, nuovi infissi, caldaie e pannelli fotovoltaici, è tra i 40.000 e gli oltre centomila euro ad abitazione

Case green, quanto costa il salto di classe energetica: fino a 120mila euro ad abitazione. Il 60% degli immobili italiani fuori norma
Case green, quanto costa il salto di classe energetica: fino a 120mila euro ad abitazione. Il 60% degli immobili italiani fuori norma
di Giusy Franzese
Articolo riservato agli abbonati
Martedì 4 Aprile 2023, 17:37 - Ultimo agg. : 5 Aprile, 10:53
6 Minuti di Lettura

L’iter non è concluso: a metà marzo è arrivato il primo sì del Parlamento europeo, ma per diventare definitiva la direttiva Ue sulle case green dovrà passare l’esame con i governi riuniti nel Consiglio. La battaglia è quindi appena iniziata. Una battaglia che vede l’Italia contraria a una tempistica che non tiene conto della differenza del patrimonio edilizio dei vari Stati membri. Per noi, che abbiamo un territorio nazionale costellato di centri storici con palazzi di elevato pregio architettonico e artistico ma anche di abitazioni costruite negli anni ‘60/70 quando gli standard energetici erano decisamente bassi, l’adeguamento alle nuove regole significherebbe un vero e proprio bagno di sangue per i cittadini costretti nella maggior parte dei casi a ristrutturazioni costosissime per effettuare un doppio salto di classe energetica entro i prossimi dieci anni. Da un minimo di 20.000 fino a oltre centomila euro ad abitazione, secondo autorevoli stime, ha scandito il premier Giorgia Meloni. Il governo ha precisato di condividere gli obiettivi, purché sia garantita «una sostenibilità  di fondo, sia sociale che economica». In pratica occorre capire quali aiuti e sostegni la Ue metterà in campo per aiutare i cittadini a rispettare le regole della direttiva.

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 Cosa prevede la direttiva Ue sulle case green

Gli edifici residenziali esistenti dovranno raggiungere, come minimo, la classe di prestazione energetica «E» entro il 2030. Dopo altri tre anni, nel 2033, sarà necessario un altro scatto e arrivare alla classe «D». Per gli immobili non residenziali e quelli pubblici, gli obiettivi sono anticipati rispettivamente al 2027 e al 2030. Rimangono escluse dalla stretta “green” le seconde case, gli edifici di culto e pure quelli del patrimonio culturale e di pregio storico, mentre viene data a ogni Paese la possibilità di esentare il 22% del parco immobiliare in caso di difficoltà economiche e tecniche nella ristrutturazione.

Le classi energetiche

Le classi energetiche degli immobili sono sette, vanno dalla classe A, quella più elevata e green, fino alla classe G, quella meno efficiente. La classe A, poi, ha anche delle “sottoclassi” da 1 a 4.

Le classi sono stabilite attraverso l’indice di prestazione energetica globale (EPgl): kWh al metro quadro per anno, necessario per riscaldare l’ambiente d’inverno, rinfrescarlo d’estate, produrre acqua calda sanitaria, illuminarlo e ventilarlo.

Per figurare in classe A gli edifici devono avere oltre a serramenti con doppio vetro, generalmente anche il cappotto termico e devono far ricorso a fonti energetiche rinnovabili.

In classe B (Epg tra 1 e 1,20) figurano invece quegli immobili sui quali si è intervenuto anche all’esterno con la posa di pannelli isolanti.

In classe C (Epg tra 1,20 e 1,50) c’è generalmente un isolamento degli ambienti migliore e sui termosifoni sono presenti le valvole termostatiche. Le caldaie sono a condensazione.

In classe D, dove l’Epg deve essere compreso tra 1,50 e 2, sono presenti in genere serramenti con doppi vetri e i muri perimetrali hanno un maggiore spessore.

In classe E, dove l’Epg è compreso tra 2 e 2,60, sono presenti i primi accorgimenti per il risparmio energetico. Le caldaie, seppure poco efficienti, sono a metano e ci sono alcune coibentazioni, anche se non eseguite con moderne tecniche.

Per la classe F e classe G, le due classi energetiche meno efficienti con Epg maggiore di 2,60, ci sono le case riscaldate con vecchie caldaie o a gasolio, con vecchi infissi in legno e senza nessun accorgimento per il risparmio energetico.

La situazione italiana

L’Italia, secondo dati Enea, ha nelle classi «G» ed «F», le due classi energetiche più basse, il 60 per cento delle abitazioni residenziali (circa il 35% degli immobili risulta in classe G, mentre il 25% si trova in classe F).  In Francia la direttiva europea impatterebbe sul 17% degli edifici, in Germania sul 6%.

 Secondo l’Ance, l’associazione nazionale dei costruttori edili, in Italia per rispettare i target fissati dalla direttiva Ue (tenendo conto anche delle deroghe) occorrerebbe ristrutturare 1,8 milioni di edifici in 10 anni.

 E la mia casa: in quale classe energetica è?

Per sapere in quale classe energetica rientra la propria casa, bisogna procurarsi l’Ape, l’attestazione di prestazione energetica: un documento che viene redatto da un tecnico (ingegnere architetto, geometra) in base a precisi requisiti e parametri. Il costo dell’Ape varia in base ai metri quadrati dell’appartamento, in media si aggira tra i 150 e i 200 euro. L’Ape ha validità 10 anni.

Le sanzioni

La direttiva non prevede sanzioni per chi non si uniformerà alle regole Ue. Ma non per questo i proprietari di immobili non adeguati non subiranno conseguenze. Secondo Unimpresa «gli immobili che non rispettano i nuovi requisiti di efficienza energetica, subiranno inevitabilmente un deprezzamento: ciò, dunque, avrà effetti sia sui nuovi mutui sia sui nuovi prestiti, in particolare alle pmi, sostenuti da garanzie immobiliari». Secondo l’associazione, gli immobili che non rispetteranno le regole della direttiva Ue si troveranno in una situazione accostabile a quella di chi è responsabile di un abuso edilizio: quando il perito della banca farà le opportune verifiche su un immobile posto a garanzia di un mutuo o di un prestito, la procedura potrebbe bloccarsi di fronte alla constatazione di «irregolarità».

I costi dell’adeguamento

Secondo le associazioni del settore edile per adeguarsi alla direttiva Ue i proprietari dovranno spendere decine e decine di migliaia di euro, anche fino a 120.000 euro ad abitazione considerando la quota parte dei lavori condominiali.

I lavori di coibentazione dell'edificio sono di gran lunga i più onerosi, ma non è uno scherzo nemmeno sostituire la caldaia del palazzo o installare dei pannelli fotovoltaici sul tetto.

All’interno degli appartamenti il passaggio da una classe energetica poco efficiente a una migliore passa attraverso la sostituzione di infissi, porte e finestre. Chiaramente i costi variano in base al numero delle finestre, ma generalmente servono almeno 10-15mila euro per un’operazione di questo tipo. Nel complesso, in un appartamento di medie dimensioni in una zona non centrale, i lavori di efficientamento svolti in casa possono assorbire anche più di ventimila euro. 

Il sondaggio

Solo l’8% degli italiani sarebbe disposto a effettuare opere di efficientamento energetico per adeguarsi alla direttiva Ue sulle case green, secondo un sondaggio di Changes Unipol e Ipsos. Inoltre, «il 52% non è a conoscenza della classe energetica della propria abitazione». La riduzione dei bonus edilizi ha avuto un impatto sulle intenzioni future degli italiani: quasi un intervistato su 4 (23%) ritiene che nei prossimi 12 mesi non effettuerà lavori di efficientamento energetico a causa delle minori agevolazioni, mentre uno su tre non si farà bloccare dalla riduzione delle agevolazioni. I cittadini di Firenze (48%) e Bari (43%) risultano quelli maggiormente intenzionati a procedere con le ristrutturazioni, Torino (21%) è invece la città meno propensa. Negli ultimi tre anni, un italiano su cinque (21%) ha fatto lavori di efficientamento energetico e il ricorso ai bonus è stato molto diffuso (8 su 10). Il dato più elevato si registra sempre a Firenze (34%), seguono Verona (29%) e Cagliari (27%). Bologna (15%) e Napoli (18%) sono state le aree con le minori attività. Tra gli incentivi la detrazione fiscale del 50% è stata usata dal 34% di chi ha fatto lavori. Seguono il 28% che ha fruito dell’Ecobonus al 65% e il 27% del Superbonus al 110%.

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