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​Case green, lo stop della Bce: «Riforma da riscrivere, rischio di squilibri tra Paesi»

«Emergono rischi su valutazioni degli asset e allocazione dei capitali»

Case green, lo stop della Bce: «Riforma da riscrivere. Rischi su valutazioni degli asset e allocazione dei capitali»
​Case green, lo stop della Bce: «Riforma da riscrivere. Rischi su valutazioni degli asset e allocazione dei capitali»
di Roberta Amoruso
Articolo riservato agli abbonati
Lunedì 23 Gennaio 2023, 00:12 - Ultimo agg. : 19:12
4 Minuti di Lettura

Ci saranno anche le «preoccupazioni» e «i rischi di squilibrio» sollevati dalla Christine Lagarde a pesare il 9 febbraio sul primo voto dell’Europarlamento sulla direttiva europea sulle case green. Il primo passaggio cruciale del dossier, con il pronunciamento della Commissione Industria, Ricerca ed Energia, dovrà infatti tener conto dei tempi, troppo stretti per molti, di attuazione della nuova direttiva europea sull’efficienza energetica degli edifici. Dovrà certamente tener conto anche delle richieste che arrivano anche dalla Germania di una valutazione di impatto degli obiettivi di decarbonizzazione in questione, su Paesi che in Europa hanno una struttura del settore immobiliare peculiare e diversa, e partono anche da punti diversi per via dell’età diversa degli edifici. 

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Ma ora si è aggiunta un’altra grana per l’assemblea Ue che, in teoria, entro marzo dovrebbe approvare la direttiva tanto temuta da paesi come l’Italia: si tratta dei dubbi della Bce, che pur promuovendo, sostenendone sforzo e obiettivi, le nuove regole per spingere l’efficienza energetica degli edifici in Europa, discute «il metodo» proposto per la definizione delle nuove classi Epc (Energy performance contract), le attestazioni chiamate a certificare la classe energetica di un edificio. La bozza di direttiva stabilisce infatti che tutti gli immobili residenziali siano almeno di classe energetica F a partire da gennaio 2030 e di classe E dal 2033, ma si limita, avverte la Bce «a stabilire criteri comuni per le classi migliori e peggiori per ogni stato membro (gli edifici G saranno definiti come il 15% peggiore in ogni stato, seppure con prestazioni energetiche reali molto diverse) senza armonizzare le definizioni e le metodologie», scrive Lagarde in una lettera inviata nei giorni scorsi alla Commissione. E questo non è un affare da poco per chi come la Vigilanza della Banca centrale deve misurare il rischio negli asset bancari, considerato il peso degli immobili forniti in garanzia alle banche europee. 

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I RISCHI

Una mancata armonizzazione «ridurrà la comparabilità tra gli Stati», sottolinea ancora la presidente con riferimento evidentemente ai possibili squilibri tra le banche europee, ma «ridurrà anche l’utilità degli Epc come rating della rischiosità di uno specifico immobile». Troppa discrezionalità, avverte poi la Bce nella sua “Opinion”, è lasciata ai singoli Stati nel definire i contenuti di questi contratti.

Soglie così diverse in Europa «potrebbero potenzialmente portare a un’allocazione inefficiente del capitale all’interno dell’Ue», avverte poi Lagarde. E ancora peggio, Epc e obiettivi di ristrutturazione potrebbero incidere sulla valutazione del patrimonio immobiliare, con una valutazione non direttamente collegata al rendimento energetico e all’impatto associato ai costi energetici. Una vera distorsione. Senza contare il rischio di eccessive ristrutturazioni per soglie tarate male. A quel punto sarebbe difficile per la Vigilanza collegare le valutazioni degli immobili ai parametri del rischio di credito. 

LE MODIFICHE

Al contrario, una metodologia più armonizzata, «aiuterebbe la Bce nelle funzioni di vigilanza prudenziale a valutare l’impatto dell’efficienza energetica sulle esposizioni immobiliari degli istituti di credito, sulla base di dati affidabili e di definizioni comuni e standardizzate dell’Unione». Tanta preoccupazione non potrà essere ignorata da Commissione ed Europarlamento. Ora che le banche sono sottoposte anche agli stress test sul Climate Change si rischiano distorsioni anche nel giudizio sul sistema creditizio. E allora ci vuole più tempo per correggere il tiro, sembra leggere tra le righe della lettera Bce. Ma per mettere in atto «l’armonizzazione» di quel sistema di etichette energetiche tra Stati membri, invocata dalla Bce, ci vorrà ben più di qualche mese. Non è un mistero quanto sia difficile «armonizzare» certi criteri scelti singolarmente dai Paesi. Può essere ancora più difficile in un’Europa in cui il livello di partenza per l’ efficienza degli immobili in Svezia e Olanda non è certo quello di Italia e Spagna, Paesi con un patrimonio storico sostanzioso chiamati a ristrutturare due immobili su tre. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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