Comuni, il governo è diviso sul piano anti-fallimenti: ipotesi congelamento rate

Comuni, il governo è diviso sul piano anti-fallimenti: ipotesi congelamento rate
di Marco Esposito
Mercoledì 12 Maggio 2021, 08:00 - Ultimo agg. 19:33
4 Minuti di Lettura

Evitare il fallimento di ottocento Comuni. È la priorità alla quale sta lavorando per conto del governo la viceministra dell'Economia Laura Castelli. Si cerca una soluzione che non sia una pezza destinata a scucirsi al primo sguardo di un giudice costituzionale e quindi è probabile un intervento a tappe. Ecco il fatto e le ipotesi sul tavolo.

La Corte costituzionale ha dichiarato illegittima una norma del 2019 che consentiva di spalmare la restituzione del Fal (Fondo anticipazioni liquidità) in trent'anni, costringendo i Comuni a riscrivere i bilanci previsionali del 2021. Il Fal è nato nel 2013 e rifinanziato nel 2015, con una soluzione all'italiana in base alla quale i Comuni ricevevano dallo Stato, tramite la Cassa depositi e prestiti, un anticipo a fronte di una liquidità in realtà inesistente, provocando un nuovo debito sui cui pagare interessi per trent'anni. 

La prima soluzione sul tavolo della Castelli è quella classica all'italiana: prendere tempo. Rinviare i termini per consegnare i bilanci previsionali 2021-2023 dal 31 maggio al 30 novembre, peraltro in linea con il rinvio per Covid nel 2020. Oppure congelare le rate. Sono delle non soluzioni, che peserebbero sulle scadenze elettorali, che riguardano proprio i due più grandi Comuni coinvolti, Napoli e Torino.

La seconda idea è quella semplice: pagare.

Il papà Stato si accolla una parte almeno del buco e consente ai figli Comuni di restare in piedi. Non costa moltissimo (mezzo miliardo l'anno) e si può giustificare con la crisi Covid; ma aprirebbe un conflitto con i figli che non sono in difficoltà, cioè con i Comuni che non hanno fatto ricorso al Fal.

È una soluzione tecnica che nasce dall'ammissione di un errore: quando nel 2015 sono cambiate le regole contabili dei Comuni, si è finto che il problema del Fal (che è un vero e proprio debito e non un'anticipazione di liquidità) non esistesse. In pratica il Fal si trasforma in una sopravvenienza passiva, da ripianare in trent'anni esattamente come il Fondo crediti dubbia esigibilità, sul quale non c'è stata contestazione da parte della Consulta. Dal punto di vista tecnico la soluzione può reggere, tuttavia non sarebbe altro se non accumulare polvere sotto il tappeto. 

Video

Una ipotesi che inizia a circolare è abbattere i debiti storici utilizzando il patrimonio immobiliare pubblico, statale e comunale. Sia in caso di dissesto, sia nei piani di predissesto, i mattoni sono alla base del risanamento; tuttavia la valorizzazione del patrimonio immobiliare spesso porta risultati magri. Ai Comuni con più elevato indice di vulnerabilità sociale e materiale è devoluto, in deroga al termine del 31 dicembre 2016, il patrimonio immobiliare demaniale pubblico ricadente sul territorio ai sensi del decreto legislativo 85/2010. Tale patrimonio, unitamente al patrimonio disponibile di ciascun Comune, è ceduto previo voto del Consiglio comunale a Cdp Immobiliare Sgr, che provvederà alla valorizzazione o alienazione, a copertura sia dei debiti maturati con il Fal sia abbattendo il Fondo crediti dubbia esigibilità dei Comuni. Il Mef stabilirà i criteri per remunerare l'attività della Sgr e per il riconoscimento ai Comuni della eventuale plusvalenza. 

Nessun intervento però può reggere senza attuare fino in fondo le regole della Costituzione, finora disattese nella parte in cui si prevedono solidarietà e perequazione. Secondo l'Ifel, la fondazione dell'Anci che si occupa di finanza locale, «è necessario intervenire in modo strutturale, con modalità solidamente ancorate al ristabilimento di un quadro di corrette relazioni tra diversi livelli di governo, oltre che di solidarietà nazionale a fronte di evidenti carenze delle risorse disponibili nei territori svantaggiati. Anche nella prospettiva dell'attuazione del massiccio intervento derivante dal Pnrr, l'intero ordinamento contabile va sottoposto a revisione e adattato a criteri di maggiore autonomia e al tempo stesso di effettiva e strutturale sostenibilità. L'adeguamento delle risorse e l'allentamento di vincoli non giustificati da principi di riferimento indiscutibili devono sostituire gli interventi opportunistici e occasionali, destinati a incorrere in vizi di incostituzionalità non superabili». La stessa Corte costituzionale, ricorda l'Ifel, ha indicato l'esigenza di considerare tra le cause delle crisi finanziarie locali le debolezze di natura sociale e territoriale, che non possono ricadere nelle responsabilità degli amministratori, né essere confuse con la cattiva gestione finanziaria. Anche perché se tanti i Comuni del Sud sono destinati a fallire, diventa impossibile distinguere tra chi sbaglia e chi sa gestire bene la cosa pubblica.

© RIPRODUZIONE RISERVATA